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Vavassori: “Sinner arrabbiato ci è piaciuto. Vi racconto perché eravamo un po’ brilli dopo la Davis”

Andrea Vavassori a Fanpage.it ripercorre un 2025 da protagonista tra titoli, Coppa Davis, US Open, il valore del gruppo Italia e gli obiettivi per il futuro.
A cura di Marco Beltrami
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Andrea Vavassori chiude il 2025 con la serenità di chi sa di aver costruito qualcosa di solido e importante, dentro e fuori dal campo. Un anno di conferme, di vittorie pesanti e di crescita continua, passata anche attraverso qualche sconfitta dolorosa e culminata nel trionfo in Coppa Davis, celebrato con quei compagni con i quali si è creato un feeling unico. Tra titoli Slam nel doppio misto, Finals, successi ATP e un gruppo azzurro sempre più compatto, uno dei migliori doppisti del mondo racconta a Fanpage le emozioni, i momenti più alti e quelli più difficili della stagione.

Dal peso mediatico crescente del tennis italiano, con i suoi pro e contro, fino a temi centrali come il futuro del doppio, il rapporto con i singolaristi e le scelte che lo attendono nel 2026. Con la consueta lucidità e un tono schietto, Andrea offre uno spaccato autentico di cosa significhi oggi vivere il tennis ad altissimo livello, tra ambizioni, pressioni e voglia di superarsi.

Andrea facciamo un recap del 2025, che anno è stato per te?
"È stato un anno importante perché è stato un anno di conferme, con cambi notevoli anche a livello di tornei e risultati. Siamo partiti benissimo con Simone, abbiamo vinto due tornei, fatto una finale Slam persa poi per pochi punti contro una coppia molto forte. Abbiamo avuto qualche momento di difficoltà, ma siamo riusciti a chiudere la stagione con quattro titoli, con le Finals, e quindi è comunque una stagione importante. Con Sara abbiamo avuto una stagione pazzesca perché abbiamo vinto tre doppi misti, il Roland Garros, l’Indian Wells Open e gli US Open. Anche questo ci ha dato una grande gioia. E finire la stagione con la Coppa Davis vinta è stata la ciliegina sulla torta. Un’annata molto positiva".

Errani e Vavassori celebrano la vittoria agli US Open
Errani e Vavassori celebrano la vittoria agli US Open

Torniamo sul successo in Coppa Davis, ti sei emozionato più quest'anno o nello scorso?
"Il messaggio bello che si è lanciato è che siamo una squadra molto unita. Chiunque scendeva in campo dava l’anima, ma anche quelli che stavano fuori erano sempre super partecipi a fare il tifo. Ovviamente è una bella squadra di amici e questa amicizia ce la portiamo dentro e anche nei tornei. È molto bello condividere un percorso di vita anche con questi ragazzi. Se devo dirti, la prima ha avuto un effetto particolare, perché c'è anche il ricordo dei pochi minuti dell’ultimo game di Jannik contro Griekspoor, con il fatto che ti rendi conto che stai per vincere una Davis da protagonista. Poi avevamo giocato anche la fase precedente a Bologna, quindi era stata una Davis anche più lunga, con due sedi diverse".

Emozioni diverse ma fortissime, con un ruolo importante dietro le quinte anche senza giocare.
"La prima è stata pazzesca, la seconda dà sempre delle emozioni diverse, ma grandissime, perché vincere così senza Jannik, senza Musetti. Non eravamo i favoriti per vincere il titolo. Anche Flavio si meritava il riscatto, visto che secondo me era come se l’anno scorso fosse tra i vincitori. Purtroppo la Coppa Davis non permette di dare una Coppa in più agli altri giocatori che hanno fatto la fase preliminare, perché l’anno scorso Arnaldi e Cobolli è come se l’avessero vinta anche loro. È quasi ingiusto che non facciano parte della squadra finale due ragazzi che si sono contraddistinti nei preliminari".

Simone Bolelli e Andrea Vavassori
Simone Bolelli e Andrea Vavassori

Andrea si è parlato tanto alla vigilia dell'assenza di Sinner e Musetti, conoscendo la forza del gruppo immagino che questo non sia stato nemmeno un ulteriore stimolo. Che ne pensi?
"La Coppa Davis è talmente qualcosa di più grande di noi, con il fatto di giocare per la propria nazione. Secondo me non pensiamo neanche troppo a chi c’è e a chi non c’è. Noi giochiamo per la maglia, per la nazione, siamo un gruppo molto affiatato in generale. C’è molta stima tra tutti quanti. Il fatto comunque che Darderi, che è il numero 26 del mondo, non sia potuto essere titolare nella squadra dimostra il fatto che siamo una squadra fortissima. Ci è sicuramente piaciuto, come ci hanno detto, anche gli elogi di Muso e Sinner prima di entrare nella competizione. Ho seguito anche un sacco di video".

Lo stesso Sinner si è quasi arrabbiato nel sottolineare come il discorso della sua assenza abbia un po' offuscato il valore di una squadra rimasta competitiva.
"Sì, perché dice alla fine che siamo una squadra fortissima, anche senza di lui. Questo fa comunque molto piacere, perché sei il numero due del mondo e dici una cosa del genere. È una cosa gratificante, però penso che abbia ragione lui su questo. Siamo veramente una squadra molto forte, molto compatta. Il fatto che ci possiamo permettere di fare anche delle scelte è sintomo di potenza".

Sono contento perché ti è arrivato il senso della mia domanda. Non c’era nessuna voglia di alimentare polemiche, che già sono state abbastanza.
"Fa molto piacere il fatto che il fenomeno del tennis sia esploso, perché è una cosa bellissima anche per noi sentire il calore del pubblico, dei fan, che sono aumentati tantissimo negli ultimi anni. E questo anche grazie ai singolaristi più forti. Quindi questo fa molto piacere, però allo stesso tempo comporta anche la presenza del marcio ogni tanto. Bisogna competere anche con quello, con le polemiche. Quando uno sport diventa popolare a livello globale è normale che poi succedano queste cose qui".

La gioia dell’Italia di Coppa Davis
La gioia dell’Italia di Coppa Davis

Avete fatto sorridere tutti con la vostra simpatica conferenza stampa dopo i festeggiamenti, quanto è stato difficile restare sobri?
"Sai cos’è? Lì sono delle esplosioni talmente grandi di gioia, anche condivise tra amici, tra il team. Quando siamo rientrati, tra l’altro io anche leggermente dopo gli altri ragazzi, tutti hanno iniziato a sbocciare bottiglie. E lì avevamo da recuperare la cosa di Malaga, dove non avevamo festeggiato a dovere subito dopo la vittoria. Ci siamo detti: cavolo, siamo in casa. Quindi hanno preparato tutte le bottiglie, hanno stappato non so quanti champagne, e quando stappavamo poi un pochino bevevamo anche. Il fatto è che non avevamo neanche mangiato, quindi a stomaco vuoto. Poi fai conto che non siamo gente che beve, quindi ci mettiamo veramente poco a diventare un po’ brilli".

Eppure nessuno di voi è andato oltre le righe, nonostante la felicità incontenibile. Anche questo conferma che il gruppo è sano, non credi?
"È stato simpatico, però sai cosa? Quando non c’è tanta inibizione e c’è solo gioia, in buona fede, vengono fuori cose simpatiche. Anche Flavio e Matteo, quando hanno fatto quelle battute, sono stati incredibili".

Andrea ti ha sorpreso la separazione tra Alcaraz e Ferrero in questo finale di 2025?
"In un team che ha così grande successo fa sempre specie che ci siano delle separazioni, però non conoscendo i dettagli particolari non sai mai cosa sia successo realmente, ci possono essere mille motivazioni. Quindi non entro in merito e non voglio fare un commento, perché se sapessi a 360 gradi cosa è successo ti potrei dare un mio punto di vista. Mi dispiace perché li vedevo molto uniti. Ferrero è un grandissimo allenatore, lo sanno tutti, io l’ho conosciuto poco, ma l’ho visto anche per come si comportava e mi è sembrato una grande persona, perché saluta sempre tutti quanti col sorriso. È stato il numero uno del mondo, ha vinto tante cose anche lui, e anche quel comportamento la dice lunga".

Anche su Carlos ti sei sempre espresso benissimo fuori dal circuito.
"Carlos è uno dei ragazzi che mi fa più piacere frequentare nel tour: anche solo averlo intorno è sempre una bella presenza. Mi fa piacere che ci siano persone così a quel livello, perché stiamo parlando del numero uno del mondo".

Domanda di rito per questo finale di annata. Qual è stato il momento più bello della tua annata, così di getto, anche a livello emotivo?
"Allora ti dico, il momento più bello sicuramente è stata la vittoria agli US Open di misto: è stato un momento bellissimo per quello che rappresentava, diciamo, oltre alla vittoria. Il fatto che fossimo l’unica coppia di specialisti in un format diverso… siamo riusciti comunque a ripeterci con regole diverse, con giocatori diversi. In quella formula lì, con 20.000 persone a guardare sul centrale di sera a New York, è stata una cosa pazzesca. E poi anche la Coppa Davis è stata molto bella".

E quello più brutto?
"I momenti più difficili sono stati la finale persa in Australia, la terza finale. Anche se poi ti rendi conto di aver fatto comunque qualcosa di grandissimo, perché fare una finale Slam è una cosa difficilissima. Te ne rendi conto quando poi durante l’anno perdi magari al secondo o terzo turno e pensi: cavolo, ho fatto una finale ed ero distrutto. Perdere una finale è comunque sempre difficile, perché sei lì a un passo dall’alzare il trofeo ed è comunque un sogno. Quello è stato un momento difficile, che abbiamo comunque superato bene, perché poi siamo andati a Rotterdam e abbiamo vinto il torneo: è stata importante anche la reazione subito dopo. Anche la partita persa a Roma contro i due ragazzi giovani che avevano la wild card: quella è stata anche una partita che preferisco non ricordare più di tanto (sorride, ndr)".

A proposito del torneo di doppio ad inviti degli US Open, vi siete tolti una bella soddisfazione tu e Sara difendendo la categoria dei doppisti "veri"?
"Se avessimo perso al primo turno contro Fritz e Rybakina, sarebbe stato comunque un grande smacco, perché due doppisti perdono contro due singolaristi. Ci sono stati dei grandi pro, il contro è il fatto che la metodologia di entrata era un po’ sbagliata, perché non puoi buttare fuori una categoria di specialisti. Sicuramente le coppie del singolo richiamano tanto pubblico, quindi è giusto che ci siano tante coppie di singolaristi fortissimi. Allo stesso modo sarebbe stato bello generare quel confronto tra coppie di singolo e coppie di doppio, quindi mettere quattro o cinque coppie di specialisti meritevoli di giocarlo e altre coppie di singolo, e creare anche quel confronto lì, che è interessante".

Comunque è stata una grande vetrina, da cui si può partire per valorizzare il doppio.
"I pro sono stati che gli americani sono molto bravi a creare lo show, è una loro dote naturale, e il fatto che siamo riusciti in due giorni a creare un evento del genere, con un sacco di pubblico a vedere, con tanto marketing, social media e sponsorizzazioni sull’evento, ha dato molta visibilità a questo torneo. È stato comunque importante anche per noi vedere che il doppio piace, che il doppio misto può piacere alla gente. La semifinale e la finale sono state sul centrale dell’Arthur Ashe: giocare di fronte a 20.000 persone, due doppi misti, è una cosa incredibile. Sono stati bravissimi in quello. E poi anche sentire il boato del pubblico su alcuni scambi è molto divertente da vedere, quindi è qualcosa che va analizzato e va cercato di replicare, accontentando più persone possibili. Io ne ho parlato anche con Eric Butorac, che è stato il principale promotore di questo evento in America, all’interno dell’organizzazione degli US Open, e stiamo già cercando di trovare un modo per far giocare anche più doppi misti nel torneo del prossimo anno".

Quali sono i tuoi programmi per il 2026? Ti rivedremo in singolare o ti focalizzerai sul doppio?
"Il problema è che, avendo cambiato i Masters 1000 a due settimane, non riesco più a incastrare neanche i tornei, perché io sono molto allenato e sto lavorando benissimo anche per il singolo. Certo, mi mancano le partite, perché non gioco da un sacco di tempo. Nei set di allenamento gioco bene, ma si vede che mi mancano alcuni automatismi che ottieni solo quando fai tante partite. Però il mio livello di gioco è cresciuto tanto negli ultimi anni, quindi potrei giocare ancora il singolo per puntare a superare il mio best ranking e la top 100. Il fatto è che, a livello di programmazione, dovrei fare una scelta diversa e mettere in secondo piano il doppio, cosa che non ha senso. Quando sei così in alto in una specialità non puoi metterla da parte, perché poi rischi di fare male entrambe le cose. Ho bisogno di concentrarmi su una sola, ma sarei un pazzo a mettere da parte il doppio adesso. È giusto che io mi focalizzi sul doppio. Quando posso, però, mi diverto comunque a giocare anche il singolo, quindi quando posso lo proverò sempre a giocare".

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