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Quando Bjorn Borg disse basta a 26 anni perché era stanco di vincere (e voleva vivere)

Bjorn Borg nel 1983 decide di lasciare il tennis a soli 26 anni. Per un atleta così giovane ancora oggi sembra una follia, pensando a quante vittorie, soddisfazioni e soldi avrebbe ancora potuto guadagnare continuando a giocare. Ma la stanchezza e la sconfitta nella finale degli US Open 1981 contro John McEnroe lo avevano portato alla sua scelta.
A cura di Jvan Sica
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Trentotto anni fa accadde qualcosa di impensabile, anche se a guardare tra le pieghe dell’intera vicenda doveva sembrare quasi ovvio. Il più impronosticabile addio a una carriera sportiva si concretizza: Björn Borg lascia il tennis a 26 anni.
Questa scelta al tempo sembrò quasi assurda e oggi forse ancora di più, se pensiamo alle carriere lunghe che oggi i tennisti, sport logorante come pochi, hanno. Ma era un fulmine a ciel sereno solo per chi non si fermava un attimo e non ripensava a quello che era stato Borg fino a quel momento. Raccontare in poche battute la carriera di Björn Borg dal 1972 al 1981 è un’immersione in apnea.

Nel 1972, a soli 15 anni gioca una partita di Coppa Davis contro gli adulti. E il bello è che la vince contro il neozelandese Onny Parun. Da lì è una valanga, che parte piano l’anno successivo con la fine dell’Open di Montecarlo, i quarti di finale di Wimbledon e il 18° posto finale nel ranking, ma accelera subito.  Nel 1974 vince i suoi primi sette tornei professionistici. Vince a Roma e poi il suo primo Grand Slam, battendo Manuel Orantes in finale con il punteggio di 2–6, 6–7, 6–0, 6–1, 6–1.

Inizia poi il 1975 giocando anche la partita generazionale contro Rod Laver, l’uomo che è riuscito nel Grand Slam nel 1969, e ne decreta il tramonto, battendolo nel torneo di Dallas per 7–6, 3–6, 5–7, 7–5, 6–2. Sempre in quell’anno conquista la Coppa Davis, vincendo le due partite individuali e il doppio contro la Cecoslovacchia in finale (e diventano subito 19 le partite vinte consecutivamente in Coppa Davis).

Nel 1976, l’anno magico di Adriano Panatta, perde contro l’italiano la sua seconda e ultima partita in carriera al Roland Garros. La prima nel 1973 sempre contro Panatta, che custodisce gelosamente questo suo incredibile record. Ma si rifà subito, perché in estate vince per la prima volta Wimbledon, battendo 3-0 Ilie Năstase in finale e non perdendo nemmeno un set in tutto il torneo.

La sua più grande rivalità in questa fase è con Jimmy Connors, che lo batte varie volte soprattutto agli US Open e con il quale si scambiano il primo posto nella classifica ATP (la prima volta che Borg è numero 1 al mondo è il 23 agosto 1977, dopo 160 settimane di dominio incontrastato dell’americano).

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A 21 anni Borg sembra già aver avuto una carriera ricca di successi, ma il meglio doveva ancora venire.
Nel 1978 per la prima volta nell’era Open fa il double, vincendo Roland Garros e Wimbledon lo stesso anno (ci riusciranno poi Rafael Nadal nel 2008 e Roger Federer nel 2009 e prima ovviamente Laver in quel 1969). Quell’anno è inarrestabile e vince 9 tornei, ma nel suo Open di Stoccolma perde in semifinale da un americano di 19 anni, John McEnroe e da lì inizia un nuovo duello e una nuova storia. Alla fine di questa entusiasmante stagione vince anche il Master per la prima volta, battendo McEnroe in semifinale e Gerulaitis in finale. Anche il 1979 è pieno di successi con la vittoria del 50° torneo ATP grazie alla conquista del torneo di Montreal a soli 23 anni.

Nel 1980 si inizia a vedere come la bilancia su cui Borg pesava troppo per tutti gli altri inizia a livellarsi quando sull’altro piatto sale McEnroe. Lo svedese vince il quinto Ronald Garros e arriva in finale di Wimbledon contro l’americano. Giocheranno “The match”, per tanti la partita più bella e combattuta della storia del tennis, che contiene di sicuro il tie-break più bello di sempre, vinto da McEnroe 18-16 nel quarto set, con vittoria finale e più che sudata di Borg al quinto per 8-6.

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La bilancia che pendeva ancora dalla parte di Borg dopo poche settimane mostra tutt’altro. John batte Borg in finale degli US Open che rimarrà il torneo maledetto, anche perché nel 1981 sarà ancora una volta McEnroe a batterlo di nuovo in finale. Questa partita fa scattare qualcosa nella testa dello svedese. C’è un’enorme stanchezza, una incalcolabile voglia di fare altro e il desiderio di vivere in qualche modo gli anni adolescenziali mai pienamente vissuti perché Borg era già tennista di alto livello a 16 anni. E poi quella partita fa riflettere Borg sul fatto che ormai McEnroe quando voleva ed era in buona forma era più forte di lui e Borg non riesce a essere secondo a nessuno. Andrà via da New York con l’idea che con il tennis doveva chiudere.

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Cercherà in qualche modo di restare ancora aggrappato al suo mondo, giocando il Torneo di Montecarlo nel 1982, perdendo ai quarti contro Yannick Noah e poi sempre nel Principato nel 1983, venendo sconfitto male al secondo turno da Henri Leconte. Quella partita lo fa decidere definitivamente. Basta con il tennis.

Poi Borg tornerà, utilizzando le vecchie racchette di legno, sarà ancora in giro e sui giornali soprattutto per le sue storie sentimentali, ma quell’addio resta l’addio di Borg, uno dei più grandi tennisti della storia. Si può lasciare a 26 una carriera sportiva, rifiutando non solo le vittorie e la gloria, ma anche più prosaicamente una montagna di denaro? Borg dirà no a tutto e oggi quella sua scelta sembra ancora più insensata, misteriosa ma anche piena di dignità e vero amore per il suo sport.

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