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Paolo Simoncelli: “Marco dorme ancora in camera sua, non è cambiato niente. Dio è distratto”

Il padre di Marco Simoncelli riapre la ferita della morte del pilota romagnolo e torna quel 23 ottobre 2011 in Malesia: “Ho un solo rimpianto, mancava un minuto alla partenza, non ce l’avrei fatta”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Se oggi fosse vivo, Marco Simoncelli sarebbe ancora in moto, a fare quello che amava e che lo aveva fatto amare da tutti gli appassionati delle due ruote. Probabilmente non in MotoGP, visto che il pilota romagnolo avrebbe quasi 39 anni, ma su qualche motocicletta di qualche gara di qualche posto del mondo, quello è sicuro. Perché un pilota, che sia di auto o di moto, non mette mai i piedi a terra: corre per sempre, cercando in ogni curva della vita quel centesimo di secondo che fa la differenza tra vincere e perdere. Il Sic non ha mai perso, perché a distanza di 14 anni da quel maledetto 23 ottobre 2011 a Sepang – quando perse la vita nel secondo giro del GP della Malesia – il ricordo del suo sorriso è ancora nel cuore di tutti. Papà Paolo lo sente ancora vicino, vicinissimo, nella stanza accanto, come ha meravigliosamente scritto Henry Scott Holland all'inizio del secolo scorso.

"Le ceneri di Marco sono in camera sua. Non è cambiato niente, dorme ancora lì. E io lo sogno, è normale – racconta Paolo Simoncelli, aprendo la ferita mai rimarginata nel suo cuore di padre – Se sono ancora arrabbiato con Dio? Sì, sono proprio incazzato. È distratto, dovrebbe stare più attento. Succedono cose che fanno troppo male, i genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai figli. Quando lo dissi al Papa, mi rispose che avevo ragione".

Marco Simoncelli col padre Paolo nel 2009 in Qatar
Marco Simoncelli col padre Paolo nel 2009 in Qatar

Paolo Simoncelli tormentato dal rimpianto: "Quell'asciugamano che Marco teneva in testa al contrario"

Non passa giorno che il padre di Marco Simoncelli non sia tormentato dal rimpianto per non aver seguito il suo istinto quel giorno in Malesia, fermando il figlio prima della partenza: "Il destino di Marco era questo, io e mia moglie abbiamo fatto di tutto affinché fosse felice e lui è morto mentre stava facendo una cosa che lo rendeva felice – premette al ‘Corriere della Sera' – Ho un solo rimpianto, quell'asciugamano che Marco teneva in testa al contrario sulla griglia di partenza in Malesia. Quel pomeriggio lì, quando varcai il cancello sul motorino per andare a vedere la gara, mi arrivò addosso un vento gelido che sapeva di morte. Mi sono detto: ‘Cazzo, lo vado a fermare'. Ma mancava un minuto e non ce l'avrei fatta. Per cinque minuti, fino all'incidente, ho sentito che c'era qualcosa che non quadrava".

Marco Simoncelli con l’asciugamano capovolta sulla testa prima del via del GP della Malesia 2011
Marco Simoncelli con l’asciugamano capovolta sulla testa prima del via del GP della Malesia 2011

"Penso che il giorno in cui smetterò con le moto non sia tanto lontano"

Paolo in questi anni ha tenuto vivo il ricordo del figlio col team motociclistico ‘Sic58', ma l'età inizia a pesare: "Dopo la tragedia, le moto mi hanno fatto vivere 15 anni bellissimi. Ho fondato la squadra per non morire. Mi sono sentito impegnato, mi ha aiutato a pensare ad altro e questo per me è stato importantissimo. Ora, a 75 anni, penso che il giorno in cui smetterò con le moto non sia tanto lontano. Mi mancheranno un sacco le corse. Bisognerà sapere gestire meglio la vita di tutti i giorni e impegnarsi in qualcosa, sennò si diventa vecchi in un attimo".

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