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Montoya spiega la crisi di Hamilton col fatto che è vegano, una teoria assurda: non sa quello che dice

L’ex pilota colombiano di Formula 1 Juan Pablo Montoya ha enunciato una teoria tanto bislacca quanto destituita di ogni fondamento per spiegare la crisi di Lewis Hamilton in Ferrari: un’assurdità.
A cura di Paolo Fiorenza
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Lewis Hamilton non può essere un pilota di Formula 1 di successo – almeno non l'Hamilton attuale, visto che fino all'altro ieri Lewis faceva la storia appaiando Michael Schumacher nell'Olimpo dei plurivincitori del Mondiale – perché è vegano: uno stile di vita che con la sua ‘bontà' verso gli animali non sarebbe la caratteristica imprescindibile per un pilota che deve avere come obiettivo quello di "schiacciare" gli avversari in maniera spietata. Una teoria bislacca, per non dire assurda, che peraltro enuncia non un tifoso da bar, ma un ex pilota che ha vinto corse sia in F1 che in Indy, il colombiano Juan Pablo Montoya.

La stramba tesi di Montoya: Hamilton non è ‘cattivo' in pista perché è vegano

"Io non capisco – attacca Montoya a ‘Coinpoker' – Lui vuole essere ritratto come un tipo vegano e figo che non vuole fare del male ad alcun animale domestico o altro. Ma quel tipo non dovrebbe fare il pilota di auto da corsa. Perché chi vuole diventare un pilota di successo è una persona a cui non importa schiacciare la gente. Fa tutto il necessario per vincere. Questo è ciò che Lewis era, questo è ciò che è Verstappen".

Juan Pablo Montoya assieme a Kimi Antonelli a Silverstone il mese scorso
Juan Pablo Montoya assieme a Kimi Antonelli a Silverstone il mese scorso

Quindi l'equazione per il 49enne colombiano è "vegano = rammollito". Una tesi che peraltro contiene dentro di sé un ulteriore corollario, ovvero che la ‘cattiveria agonistica' di uno sportivo possa arrivare al punto – pericolosissimo per sé e per gli altri, se si fa il pilota – di essere disposti ad arrivare alle maniere forti pur di prevalere sugli avversari.

Una cosa è alzare per ultimo il piede dall'acceleratore, frenare al limite, infilarsi in spazi larghi poco più della propria vettura: questa sì che è la caratteristica dei grandi piloti, assieme ovviamente a doti come la velocità pura, la costanza sul passo e la strategia in corsa e durante il campionato. Altra cosa è "crushing people", come dice Montoya, e non c'è bisogno di traduzione per rendere il concetto di violenza verso gli altri che ‘farebbe a pugni' col veganesimo.

La prima stagione di Lewis Hamilton in Ferrari è stata finora molto deludente: ma non c’entra il veganesimo…
La prima stagione di Lewis Hamilton in Ferrari è stata finora molto deludente: ma non c’entra il veganesimo…

Almeno controlla le date, Juan Pablo…

La stramba teoria di Montoya è poi smentita sonoramente dai fatti: Hamilton è vegano dal 2017, una scelta motivata da ragioni etiche, ambientali e di salute. Ebbene, tre dei suoi sette titoli Mondiali con la Mercedes, il 40enne campione inglese li ha vinti dopo (2018, 2019, 2020). Da quando ha sposato questo stile di vita, Lewis si trova benissimo, avendo notato benefici sia per la salute che per le prestazioni atletiche. Con buona pace di Montoya, che almeno poteva documentarsi prima di fare una figuraccia (oltre a dire sciocchezze)…

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