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Il ciclismo italiano non è al tramonto: giovani, vecchi e vittorie di un 2021 da ricordare

Ballerini nella Omloop Het Nieuwsblad, il bronzo di Elisa Longo Borghini alle Olimpiadi, Filippo Ganna nella crono mondiale e Sonny Colbrelli nella Parigi-Roubaix sono solo alcune delle vittorie più belle dell’anno ciclistico italiano. Ci davano per spacciati ma diremo ancora la nostra anche nel prossimo futuro.
A cura di Jvan Sica
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L’onda devastante dei giovani supereroi del ciclismo internazionale ha fatto valutare con un occhio forse troppo cupo il presente e il futuro prossimo del ciclismo italiano. Appena sono apparsi, nella loro sfavillante novità e sfrontatezza, ciclisti come Bernal, Pogačar, Evenepoel, Van Aert e Van der Poel, abbiamo messo sull’altro piatto della bilancia ciclisti italiani o troppo in là con gli anni o assolutamente lontani dal talento e la forza di quelli citati e ne abbiamo tratto la conclusione che avremmo vissuto anni bui e di piena recessione del pedale. In realtà però in questo 2021 che va a concludersi, tutta questa recessione del pedale italico non si è vista e forse abbiamo fatto male i calcoli, senza contare energie ed esperienze, oltre a talenti che il nostro ciclismo continua ancora a sfornare.

L’anno si era aperto sulla spiaggia di Ostenda con un duello meraviglioso per contenuti tecnici e “paesaggistici” tra Mathieu van der Poel e Wout van Aert per il Mondiale di ciclocross. Vedevamo questi due giovani campioni darsi battaglia sulla sabbia e pensavamo che fossero due marziani rispetto ai nostri atleti. Una prova contraria in realtà ci è subito arrivata, perché uno a cui davamo poco peso, Davide Ballerini, vince la seconda tappa del World Tour, conquistando la Omloop Het Nieuwsblad.

I mostri poi hanno iniziato a macinare, Van der Poel con la vittoria alle Strade Bianche, Pogačar con quelle dell’UAE Tour e della Tirreno-Adriatico, Van Aert con quella della Gand-Wevelgem, ma i nostri corridori c’erano, hanno sempre lottato per la vittoria finale anche se per vincere serviva davvero qualcosa in più. Abbiamo visto sfidare i grandi, nomi ormai noti, come Nibali, Trentin e Nizzolo, ma anche giovani professionisti come Matteo Fabro, quinto alla Tirreno-Adriatico piena di grandi nomi.

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Alla prima Classica monumento del Nord però, il Giro delle Fiandre, non siamo esistiti, mentre un altro “mediamente” giovane ha fatto una grande gara all’Amstel Gold Race, Kristian Sbaragli arrivato in settima posizione. Inesistenti siamo stati anche nelle ultime due gare che hanno chiuso la campagna del Nord, la Freccia Vallone vinta da Alaphilippe e la Liegi-Bastogne-Liegi vinta da un Pogačar che ha iniziato a voler dire la sua anche nelle corse di un giorno.

Dopo un “Nord” così mogio, avevamo pessime sensazioni per la fase estiva, quella delle grandi corse a tappe. E invece ci siamo sbagliati, perché durante il Giro d’Italia, vinto da Egan Bernal, tutti abbiamo tifato e seguito le gesta di Damiano Caruso, secondo nella corsa che lo consacra ottimo corridore, così come durante il Giro di Svizzera, vinto a Richard Carapaz, abbiamo seguito con attenzione la corsa di Domenico Pozzovivo e Mattia Cattaneo.

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Al Tour de France potevamo dire davvero poco, ma Sonny Colbrelli ha sfiorato per due volte la vittoria di tappa. Prendete nota di questo suo periodo fortunato, perché poi tutto si aggiusterà. Appena dopo il Tour questo era l’anno delle Olimpiadi e nella corsa in linea il nostro “cavallo” era quello buono, ma Alberto Bettiol si è dovuto fermare per problemi di crampi.

Scavallata l’estate piena, restavano le corse di fine stagione. Alla Vuelta de Espana si sono molto ben comportati altri ciclisti giovani, come Alberto Dainese, Andrea Bagioli, oltre al continuo Matteo Trentin, mentre il Benelux Tour Sonny, Colbrelli lo ha addirittura vinto. Si arriva così alle due corse più attese del fine stagione. La prima è la Parigi-Roubaix, spostata a ottobre per questioni legate al Covid. Gianni Moscon fa la gara della vita e solo una sfortuna dietro l’altra gli tolgono una vittoria quasi certa.

Questa volta però la fortuna guarda verso un altro italiano, proprio Sonny Colbrelli che riesce a vincere nel velodromo di Roubaix, 22 anni dopo l’ultima vittoria italiana di Andrea Tafi. Resta infine il Giro di Lombardia in cui ammiriamo un altro ragazzo, Fausto Masnada, battuto solo dal nuovo piccolo cannibale dei nostri giorni, lo sloveno Tadej Pogačar.

Mentre tutto questo accadeva nelle corse in linea c’era un certo Filippo Ganna che dominava le cronometro e ci portava di peso all’oro olimpico dell’Inseguimento individuale. A Tokyo abbiamo raccolto anche un meraviglioso bronzo di piena esperienza e forza da parte di Elia Viviani nell’Omnium e un altro bronzo nella corsa in linea donne con Elisa Longo Borghini.

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Tra le donne Elisa ha letteralmente trascinato il movimento, sfidando in continuazione le olandesi su tutti i terreni e riuscendo a vincere il Trofeo Binda e il Grand Prix de Plouay, ma dietro di lei il movimento sta crescendo a vista d’occhio. Sono diventate campionesse d’Europa in Trentino sia Silvia Zanardi che Vittoria Guazzini, nella corsa in linea e a cronometro delle Under 23 (vittoria di Trentin tra gli uomini che ha battuto in volata Evenepoel), mentre ai Mondiali abbiamo fatto anche meglio. Nella prova Elite le ragazze sono riuscite a portate in carrozza Elisa Balsamo fino ai 200 metri finali, dove ha sfoderato uno scatto finale fantastico, capace di battere anche Marianne Vos. E mentre tra gli uomini Filippo Ganna vinceva il secondo Mondiale a cronometro e Alphilippe il secondo consecutivo in linea, tra gli Under 23 vinceva il nostro Filippo Baroncini, altro nome nuovo e caldo del nostro ciclismo.

Ci davano per morti, il 2021 doveva essere uno degli anni peggiori della nostra storia, eppure abbiamo vinto tanto, scoperto nomi nuovi e riscoperto ciclisti in questi anni magari troppo chiusi da giochi di squadra per poter vincere come il loro potenziale permette. Non abbiamo i grandi giovani draghi che altri hanno, ma quando si va in strada, i nostri ciclisti sono sempre lì a lottare per vincere.

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