video suggerito
video suggerito

Sodinha: “Antonio Conte mi chiamò nel suo ufficio e disse: Non farti più vedere. Aveva ragione”

Felipe Sodinha a Fanpage.it ha raccontato la sua carriera calcistica, le sue difficoltà personali e le esperienze fino alla nuova vita professionale e privata: l’arrivo in Italia e il Brescia, l’esperienza con Conte e la lettera di Cosmi, la vita fuori dal campo e la riscoperta della fede.
A cura di Vito Lamorte
31 CONDIVISIONI
Immagine

Felipe Sodinha oltre ogni stereotipo o giudizio. Dell'ex calciatore brasiliano si è parlato spesso delle sue difficoltà e scelte sbagliate, ma in pochi sono andati davvero oltre questo steccato per vedere cosa c'era dietro. La persona oltre il giocatore. Con la sua tecnica sopraffina e la visione di gioco avrebbe potuto fare molto di più ed è il primo a riconoscerlo ma oggi ha intrapreso una nuova avventura lontano dal campo al servizio delle nuove generazioni, proprio per evitare che i giovani calciatori ripetano gli sbagli che ha commesso lui: "Molti ragazzi hanno bisogno di una figura di riferimento che li aiuti a restare concentrati, a non perdersi lungo il cammino. Io non sempre l'ho avuta, e oggi voglio essere quel punto fermo per gli altri".

A Brescia ha fatto vedere le sue cose migliori ma Sodinha è arrivato in Italia all'Udinese: la strada non è stata semplice ma il brasiliano ancora oggi si diverte a giocare in Prima Categoria con l'Atletico Offlaga. A Fanpage.it Felipe Monteiro Diogo, da tutti conosciuto come Felipe Sodinha, ha raccontato la sua carriera calcistica, le sue difficoltà personali e le esperienze fino alla nuova vita professionale e privata.

Cosa fa oggi Felipe Sodinha?
"Ho aperto l'agenzia "FS Sport" con un amico, spinto dal desiderio di aiutare i giovani calciatori che, come me in passato, non hanno una struttura di supporto adeguata. L'obiettivo è offrire un supporto a 360 gradi, permettendo ai giocatori di concentrarsi solo sul campo. L'agenzia segue numerosi giovani promettenti (nati tra il 2008 e il 2011) e circa una decina di giocatori che militano in Serie D ed Eccellenza".

Lei arrivò in Italia a giovanissimo, a Udine, e dal nulla iniziò a guadagnare e a spendere molti soldi: quanto sarebbe stata importante una guida, o un punto di riferimento, in quel momento per lei?
"Ho iniziato a giocare nel Paulista, venendo quasi scartato a 14-15 anni a causa del suo fisico esile. Un cambio di allenatore mi ha dato una seconda opportunità, portandomi in prima squadra a 15 anni. Questa fu una svolta cruciale perché mi permise di fare un passo in avanti, in venivo dalla favela. Poi sono stato notato da Gerolin, osservatore dell'Udinese che inviò un suo video a Pozzo: il presidente si innamorò del mio talento e a 17 anni arrivo all'Udinese. Un passaggio che ha cambiato radicalmente la mia vita, passando da circa 50 euro al mese in Brasile a uno stipendio che non avevo mai visto. L'arrivo in Italia fu difficile per una serie di motivi, il freddo, la lingua, la solitudine… senza una solida struttura di supporto, il rischio di perdersi è alto. Se avesse avuto in passato una guida, che vorrei offrire oggi con la mia agenzia, la mia carriera avrebbe potuto prendere una piega diversa".

Sodinha con la maglia del Brescia.
Sodinha con la maglia del Brescia.

Ha giocato in tante piazze italiane ma Brescia è quella che le ha lasciato di più sul piano umano e calcistico: cosa è scattato in lei?
"A Brescia e ai suoi tifosi mi lega un profondo affetto, ma è un sentimento reciproco che noto ogni volta che vado allo stadio o che mi incontrano per strada. Io credo che questo legame sia legato all'umiltà, all'onestà e all'autenticità del mio carattere. Non mi sono mai negato a nessuno, ho sempre parlato con tutti e in campo ho sempre cercato di fare il massimo. Questo le persone lo riconoscono".

Qual è stata la partita o il momento in cui hai pensato: "Qui ho davvero fatto la differenza"?
"Due sono i momenti che porto sempre con me: il gol contro il Cesena, quando vincemmo per 3-1 in casa loro, che venne votato come il più bello della Serie B e che mi valse un'ovazione anche dai tifosi avversari. Quando succedono queste cose, vuol dire che qualcosa hai lasciato. Un altro momento bellissimo è stato il gol al 93′ contro il Bari con un tiro di sinistro sotto l'incrocio proprio sotto la curva che mi ha regalato un'emozione indimenticabile e che porterò sempre con me".

Momenti belli e situazioni spiacevoli. Una volta tornò a Brescia dal Brasile che pesava quasi 100 Kg e il club voleva tenere la notizia segreta. Finì diretta in prima pagina: ci racconta questo episodio?
"Al rientro dal Brasile, dove mi ero trattenuto un po' di più perché c'era una trattativa con un'altra squadra e il mio agente disse di non tornare. Chiesi alla società di non avere nessuno della stampa al centro sportivo per evitare casini ma non andò così perché fuori c'era di tutto. Una volta entrato salii sulla bilancia che segnava 99 kg e in quella stanza c'eravamo io e il  medico. Il giorno dopo era su tutti i giornali. È andata così".

Immagine

Dopo Udine lei andò Bari, dove in panchina c'era Antonio Conte: è vero che la mise fuori rosa dopo il suo rientro con 20 giorni di ritardo dalle vacanze natalizie?
"Rientrai con 20 giorni di ritardo dopo le feste natalizie. In quel periodo era morto anche mio nonno, a cui ero molto legato, ma Conte aveva ragione. Avevo sbagliato io. Lui è una persona fantastica ed è molto corretto: mi chiamò nella sua stanza e mi disse che ero fuori rosa. Mi disse proprio così: ‘Non ti far più vedere'. Fui costretto a cambiare squadra. Accettai la decisione, riconoscendo il mio errore".

È vero che Serse Cosmi le scrisse una lettera dopo il suo infortunio nel 2015?
"Mi feci male al ginocchio e avevo ancora due anni di contratto a Trapani: mi mesi d'accordo con la società perché non volevo prendere quei soldi senza poter giocare. Cosmi mi scrisse una lettera "bellissima ed emozionante" che fu determinante per la mia decisione di tornare a giocare. Mi ha dato una grossa mano. È una persona stupenda a cui vorrò sempre bene".

Ha raccontato di aver partecipato ad una festa privata organizzata a casa di Ronaldinho in un normale martedì sera: erano situazioni abituali o straordinarie?
"Quelle feste erano la normalità ed erano frequenti nella routine di Ronaldinho ma, naturalmente, erano segrete e si cercava di stare attenti a tutto per evitare che uscisse qualcosa: non si poteva entrare col telefono e se partecipavi non ti mettevi a dirlo ai quattro venti il giorno dopo. Lui era uno che viveva così, dopo gli allenamenti aveva bisogno di divertirsi un po'".

Circola questo aneddoto su una rissa in un kebab a Milano e un suo amico che estrae una pistola: c'è qualcosa di vero?
"Si, è tutto vero e sono cose che non auguro a nessuno. Credo che non sia giusto tornare su queste situazioni che sono nel passato e di cui non non sono orgoglioso, però sono cose che mi sono capitate. Anche per questo ho messo su l'agenzia, vorrei che nessuno vivesse quello che è capitato a me".

Sodinha dopo il passaggio al Mantova.
Sodinha dopo il passaggio al Mantova.

Titoli, video, foto etc etc: Sodinha viene giudicato solo per l'extra-campo ma spesso e volentieri nessuno conosce la persona e quello gli sta accadendo…
"Purtroppo c'è questa tendenza a giudicare la vita altrui senza conoscerla a fondo, perché è diversa per tutti e nessuno sa dietro una foto e un video di Instagram cosa c'è. Però la gente preferisce giudicare invece di giudicare se stessa. Se non ci si fermasse soltanto all'apparenza poi sarebbe anche più facile capire chi abbiamo di fronte. C'è molto individualismo e egocentrismo ormai, si corre dietro ai like e alla notorietà. Mentre io credo molto nell'amore verso il prossimo. È più bello dare che ricevere".

Questo credo sia collegato alla sua riscoperta della fede che le ha permesso di cambiare radicalmente vita, o sbaglio?
"La mia fede in Dio si è rafforzata dopo l'infortunio al ginocchio. La pratica religiosa mi ha donato un cambiamento mentale e spirituale significativo, spingendomi ad amare il prossimo e a valorizzare il dare rispetto al ricevere. Questo percorso mi ha permesso di cambiare completamente vito, di vivere in maniera diversa e ora una bellissima famiglia che amo più di me stesso".

Ultima curiosità. Lei si chiama Felipe Monteiro Diogo: da dove nasce Sodinha?
"Mio papà, che giocava a calcio anche lui, lo chiamavano Soda. In Brasile se dici Sodinha, conoscono più mio padre che il sottoscritto. Quando io iniziai a giocare nella squadra di calcio 5 c'erano 3-4 bambini che si chiamavano Felipe e il mister, che conosceva mio papà, mi hanno soprannominato Sodinha. Da lì è rimasto e me lo porto dietro fino ad oggi".

31 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views