Nocerino vuole far capire cos’era Berlusconi: “Conosceva i nomi dei miei figli e dove andavano a scuola”

Antonio Nocerino è solo l'ultimo dei calciatori del Milan di Silvio Berlusconi che prova a far capire come le fortune di quella squadra leggendaria – che nelle sue diverse incarnazioni vinse tutto quello che c'era da vincere, in primis otto Scudetti e cinque Champions League – fossero legate indissolubilmente alla figura del suo presidente. L'ex centrocampista rossonero, che oggi a 40 anni vive in Florida negli Stati Uniti con la famiglia, non si riferisce ai tantissimi soldi spesi per acquistare i migliori calciatori del mondo, ma alla premura che il club aveva verso tutti i suoi giocatori (e anche le maestranze di Milanello) per permettere loro di concentrarsi solo sul fare bene in allenamento e in partita, risolvendo per loro tutti i problemi extracampo.
Silvio Berlusconi nel ricordo di Antonio Nocerino: "Aura"
Una cura che era espressione diretta della volontà di Berlusconi di accudire al meglio i suoi campioni: dal procurargli la casa dei sogni, pagandone anche l'affitto, a pagare anche tutte le bollette, a fornire l'automobile e così via. Una regola che valeva per tutti, dal primo all'ultimo. Ma Nocerino – e non solo lui – va oltre: il ricordo più indelebile è la sorpresa, a dire poco, per come un uomo così impegnato in affari e politica fosse in grado di ricordare ogni cosa di loro, facendogli sentire in questo modo la sua vicinanza empatica, non da datore di lavoro. "Una parola per Berlusconi? Aura. Conosceva i nomi dei miei figli e persino dove andavano a scuola…", spiega Antonio alla ‘Gazzetta dello Sport'.

Parole che riecheggiano quelle di Alessandro Nesta, quando aveva detto cose simili al podcast di Gianluca Gazzoli: "Un presidente che non esiste, non ce n'è una roba così. Uno che ha mille cose da fare si ricorda il nome dei tuoi genitori, si ricorda come si chiama tua moglie, magari dopo un mese che non viveva a casa perché aveva girato il mondo per affari politici. Aveva una cura delle persone, si preoccupava di tutti, cercava sempre di risolvere il problema di tutti, cercava di portare la sua energia con la sua presenza".
Tutti i calciatori di quel Milan non possono dimenticare come erano trattati da Berlusconi
Un approccio quasi paterno, come ha ricordato nitidamente qualche tempo fa anche Demetrio Albertini. Nel 1991 l'ex metronomo del centrocampo aveva solo 20 anni, non era ancora il pilastro che sarebbe diventato (peraltro già quell'anno): "Rientrato dal prestito al Padova, mi faccio male a una caviglia. Il lunedì mattina sono a casa dei miei genitori e squilla il telefono fisso. Mi dicono: ‘È la segretaria di Berlusconi, il presidente ti vuole parlare'. Penso a uno scherzo, invece è proprio lui: ‘Demetrio, devi curarti con calma. Stai fuori due partite che gioca Ancelotti, ti riprendi e poi rientri'".

Fortissimo il legame tra Berlusconi e uno che ha scritto la Storia del suo Milan, il capitano Paolo Maldini, le cui parole si accodano a quelle di tutti gli altri che hanno vissuto quello spogliatoio in quei decenni di presidenza, dal 20 febbraio 1986 al 13 aprile 2017: "Lui mi diceva sempre che era un secondo padre. Poco prima della sua morte mi ha chiamato perché voleva fare degli scambi tra giocatori (tra Monza e Milan, ndr), mi parlava dei suoi giocatori che conosceva benissimo. Il calcio lo ha accompagnato fino all'ultimo momento, lo ha vissuto come passione e questo si trasmette".