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No, Insigne non è un’altra “vittima” di Spalletti com’è stato per Totti e Icardi

Non è come con Totti, nemmeno come Icardi perché il conto alla rovescia nel rapporto tra Insigne e De Laurentiis era iniziato da tempo. Ma anche questa volta, nonostante tutto, suo malgrado, a Spalletti toccherà vestire i panni del triste mietitore.
A cura di Maurizio De Santis
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Luciano Spalletti e Lorenzo Insigne: l'addio annunciato del capitano alimenta la "maledizione" del tecnico. Ma in questo caso il rapporto è del tutto differente rispetto a quanto accaduto con Totti e Icardi.
Luciano Spalletti e Lorenzo Insigne: l'addio annunciato del capitano alimenta la "maledizione" del tecnico. Ma in questo caso il rapporto è del tutto differente rispetto a quanto accaduto con Totti e Icardi.

Gli lasciano sempre in mano la patata bollente. E lui, Luciano Spalletti, veste i panni del mister Wolf chiamato a risolvere problemi, a trovare la soluzione migliore possibile per rimediare alle situazioni più spinose. L'uomo al quale viene lasciato il lavoro sporco. Ma immaginarlo solo come un'aziendalista integralista, il cacciatore di teste di capitani, il braccio armato del club è ingeneroso, sbagliato perché differenti sono i contesti, i momenti, i protagonisti nonostante il comune denominatore sia sempre lui. Perché è dare un giudizio morale sull'uomo lasciandosi prendere dagli umori della pancia tralasciando forse l'aspetto più importante, il tratto caratteristico del personaggio: l'identità di un club e l'importanza di una squadra non possono dipendere solo da un singolo calciatore sia esso campione, capitano oppure bandiera. Lorenzo Insigne, Mauro Icardi e Francesco Totti: tutti hanno sperato di morire prima ed è stato solo uno scherzo del destino che la "dipartita" sia coincisa con la gestione del tecnico di Certaldo. Non fumarono con lui, non era venuto in pace.

Iconoclasta fino all'eresia nella Capitale, per aver ritagliato un ruolo di secondo piano al "dieci" della Roma nella fase finale della carriera perché ogni allenatore/club ha diritto di guardare al futuro senza ombre che arrivano dal passato. Da un lato le esigenze del tecnico che non guarda in faccia a nessuno e non fa sconti "nemmeno se ti chiami Totti", dall'altro il calciatore che nella Città Eterna godeva dello status di ottavo re e toccarlo era come mettersi contro un mondo intero. Il capitano dello scudetto e del Mondiale vinto a Berlino 2006 aveva un posto speciale nel cuore dell'Urbe.

Francesco Totti e Luciano Spalletti, la storia del rapporto difficile e poi logoratosi fino alla rottura ha accompagnato l'ultimo anno di entrambi alla Roma.
Francesco Totti e Luciano Spalletti, la storia del rapporto difficile e poi logoratosi fino alla rottura ha accompagnato l'ultimo anno di entrambi alla Roma.

Eppure era stato proprio Spalletti a cucirgli addosso quel ruolo di falso nove che ne aveva esaltato il talento, allungato la carriera, lo aveva trasformato in un bomber. Ma finì malissimo, con la rissa sfiorata a Bergamo nello spogliatoio che arrivò all'acme di un rapporto logoro, scandito da un concetto dirompente ("sei come gli altri e devi correre come gli altri, dimenticati di essere insostituibile") e da accuse reciproche. "Pretendi ancora di comandare e invece te ne dovresti andare, giochi a carte malgrado i miei divieti, hai chiuso", l'obiezione a muso duro dell'allenatore al quale Totti contestava il "comportamento umano non la scelta tecnica". Avrebbero meritato entrambi un epilogo differente/migliore e chi dei due sia stato l'uomo forte o debole, dal destino forte o debole, non può far parte (solo) del folklore fideistico a corredo di un rapporto divenuto difficile per la personalità che li contraddistingueva e una bandiera da ammainare.

A Milano le storie tese con Mauro Icardi furono di ben altra natura con la figura dell'agente consorte, Wanda Nara, divenuta via via ingombrante fino a minare la serenità stessa all'interno dello spogliatoio. Tutto cominciò con la vicenda del rinnovo del contratto e la questione deflagrò quando l'argomento tracimò sui social e in tv caratterizzato dalle parole dirette/velate, risposte talvolta indiscrete che la manager del calciatore (ospite fissa in trasmissione) dava sulle voci di dentro, sulle "colpe" scaricate sulla squadra, sulle cifre e sui contatti con altri club, sulla volontà di mettere pressione per alzare la posta in palio. La miccia lunga era innescata, prima o poi la bomba sarebbe esplosa e così fu quando – complice una posizione molto chiara espressa dallo spogliatoio – a Icardi venne tolta la fascia di capitano. Maurito come Totti? No, eppure c'entrava ancora Spalletti trovatosi a gestire quella situazione spinosa alla sua maniera: il bene del club e della squadra viene prima di ogni cosa.

La rottura definitiva tra Icardi, l'Inter e Spalletti si consumò con la decisione di togliere all'argentino la fascia di capitano.
La rottura definitiva tra Icardi, l'Inter e Spalletti si consumò con la decisione di togliere all'argentino la fascia di capitano.

E poi c'è Insigne. Il ragazzo che ha coronato il sogno indossare la maglia della squadra della sua città (come Totti) ma che dalla sua città non si è mai "sentito capito abbastanza" (non come Totti). Il ragazzo che si esalta (con il suo tiraggiro) e si deprime in un attimo, capace di alti e bassi, bravo e anche forte, umorale abbastanza da commettere "l'errore dell'ammutinamento" (come lui stesso lo definì) nella notte di Champions post Salisburgo. Ironia della sorte, lascerà il Napoli nell'anno in cui è arrivato Spalletti, ancora una volta messo dinanzi alla responsabilità di gestire con equilibrio situazioni/persone/tempi/contratto in scadenza. A Toronto, in Canada, daranno al calciatore quel che nessuna società è in grado di assicurargli in termini economici. Potrà sentirsi "magnifico" mentre all'allenatore resterà di nuovo il cerino in mano fino al termine della stagione. Non è come con Totti, nemmeno come Icardi perché il conto alla rovescia nel rapporto tra Insigne e De Laurentiis era iniziato da tempo. Ma anche questa volta gli toccherà vestire i panni del triste mietitore.

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