Michele Padovano: “Tudor paga per tutti, ma questa non è più la vera Juve e i giocatori lo sentono”

La Juventus ha esonerato Igor Tudor dopo la terza sconfitta consecutiva arrivata allo stadio Olimpico contro la Lazio. Sulla scelta della dirigenza bianconera di sollevare dall'incarico l'allenatore croato si è espresso l’ex attaccante bianconero Michele Padovano, che a Fanpage.it ha analizzato le cause della crisi della Vecchia Signora. Dalla mancanza di una chiara identità tattica alle difficoltà strutturali della società, Padovano non risparmia critiche: "Il problema non è solo l’allenatore — spiega — ma un club che ha perso la sua juventinità e una direzione precisa. Servono idee chiare, passione e un progetto condiviso".
Come ha preso Michele Padovano la notizia dell’esonero di Tudor: se l'aspettava in questo momento?
"Sì, sinceramente me l’aspettavo. L’avevo detto già prima: se la Juve avesse perso a Roma contro la Lazio, difficilmente avrebbe aspettato le gare con Udinese e Cremonese. Erano partite più facili e vincerle avrebbe solo rimandato il problema. Mi dispiace per Tudor, è una persona seria, con valori forti e molta personalità, ma sul campo la Juve poteva fare meglio".
Qual è stato l'errore più grande di Tudor?
"Probabilmente i troppi cambi, soprattutto davanti. Ha modificato spesso modulo e interpreti: passava dai tre ai quattro dietro, cambiava sistema di gioco. Così una squadra perde stabilità e identità. Da fuori si percepiva confusione, e credo che la società abbia deciso di intervenire prima che fosse troppo tardi".

Ecco. Da ex attaccante, cambiare spesso interpreti soprattutto in avanti può aver inciso nella continuità di alcuni interpreti?
"Tantissimo. Nessun attaccante ha avuto continuità, e così diventa impossibile trovare ritmo e fiducia. Un giocatore offensivo ha bisogno di sentirsi centrale nel progetto, non di essere spostato o alternato ogni settimana".
Col sennò di poi è sempre facile ma probabilmente l’errore più grande è stato quello di confermare Tudor a giugno, vedendo anche il rapporto con la società maturato nel corso del tempo: gli esempi possono sono tanti, da Venezia fino alle ultime dichiarazioni pubbliche tra Como e Madrid…
"In parte sì. Il fatto che la Juventus avesse già sondato altri allenatori, come Conte o Gasperini, non aiutava. Segno che la fiducia non era totale. Tudor ci ha messo del suo, ma anche la società non ha fatto abbastanza sul mercato: servivano rinforzi a centrocampo e in difesa, e invece gli innesti sono arrivati solo in attacco".

Sempre a livello di campo: cos'è mancato nella costruzione nella squadra?
"Un play innanzitutto. Assolutamente sì. Tutte le grandi squadre hanno un regista che detta i tempi. La Juve no, e questo la penalizza. Tudor paga per tutti, ma le responsabilità vanno condivise: non è solo colpa dell’allenatore".
A livello societario, invece, dall'addio di Agnelli sembra mancare una guida e una visione. C’è anche un problema di ‘Juventinità' e di identità del club?
"Penso di sì. Manca quella passione e quella guida che una volta si percepiva chiaramente. Quando avevo a che fare con la Juve dei miei tempi, si respirava amore per il club, dai dirigenti ai magazzinieri. Oggi questa energia sembra affievolita, e i giocatori lo sentono. L’unico che rappresenta ancora quello spirito lì è Chiellini, ma non basta".
Forse manca anche una figura come Marotta, capace di tenere tutto insieme?
"Esatto. Le vittorie e le sconfitte si costruiscono insieme. Non serve trovare un colpevole unico: bisogna remare tutti nella stessa direzione. Mandare via Tudor era probabilmente inevitabile, ma i problemi strutturali restano e vanno affrontati in fretta".

Ora sulla panchina ci sarà Brambilla, ma i nomi che circolano sono Spalletti, Palladino e Mancini. Chi vede più adatto in questa situazione?
"Una società come la Juventus non può farsi trovare impreparata. Sono certo che abbiano già un nome pronto. Non credo si siano messi a cercarlo oggi. Serve qualcuno che conosca il materiale a disposizione e riesca a tirare fuori il meglio da questa squadra".
Ultima domanda: la vittoria sull’Inter aveva illuso un po’ tutti, tifosi bianconeri e non?
"Forse sì, ma non il sottoscritto. Quelle vittorie contro Inter e Dortmund avevano nascosto i problemi reali. La squadra è incompleta, sfilacciata nei reparti chiave. L’ho sempre detto: serve equilibrio, e la Juve oggi non ce l’ha".