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L’Assocalciatori: “Meglio finire il campionato che passare mesi in tribunale, un dramma sportivo”

L’Assocalciatori è stata ancora una volta più che chiara sulla volontà dei propri assistiti: “I giocatori vogliono ripartire, è una questione di responsabilità. Altrimenti si rischierà il dramma sportivo. Il calcio finirà in tribunale. Il modello Juve consigli stipendi tagliati? Non è realizzabile per tutti, noi guardiamo alla collettività, soprattutto ai club più piccoli, in maggiore difficoltà”
A cura di Alessio Pediglieri
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Ancora una volta si è tornati a parlare di ripartenza del calcio italiano, di tempistiche e modalità per riprendere a giocare, rientrare nella normalità di tutti i giorni. La fine del tunnel del coronavirus ancora non si vede, l'emergenza sanitaria è sempre in atto ma con il passare dei giorni, ritorna prepotente una posizione da parte del sistema calcistico italiano: ripartire.

Anche l'Aic, l'Assocalciatori che tutela da sempre i diritti dei giocatori, dalla Serie A alle leghe inferiori, è decisa a fare di tutto perché si ritorni in campo. Le modalità le decideranno le istituzioni sanitarie e mediche, insieme alle sfere dirigenziali del calcio nazionale e internazionale. L'obiettivo è un altro: evitare che la sospensione definitiva crei ulteriori frizioni, disagi e si rischi di trascinare diverse situazioni davanti alle aule di un tribunale.

Evitare la sospensione per non finire in tribunale

Umberto Calcagno, vice presidente della Associazione Italiana calciatori è stato categorico sull'argomento e ha espresso la massima disponibilità e collaborazione da parte del sindacato e dei suoi iscritti perché tutto possa riprendere nel più breve tempo possibile, salvaguardando la salute di tutti: "Non ripartire sarebbe un dramma sportivo. Si finirebbe davanti alle aule di un tribunale, uno strascico di contenziosi e problematiche aggiunte. Chi vuole sospendere oggi è per risparmiare su qualche contratto, ma non pensa ai rischi successivi".

Solamente il virus deciderà i tempi di ripartenza, non certo chi prova a ritagliarsi uno spiraglio di risparmio chiedendo la sospensione della stagione. Meglio chiuderla, anche sforando in estate evitando guai più grossi: ci sarebbero infiniti ricorsi, aule di tribunale, si andrebbe a incidere anche sulla successiva.

Responsabilità e collettività

Calcagno non ha nascosto le difficoltà attuali e future del calcio italiano, ma ha due certezze: il modello Juventus non è replicabile per tutti i club e la volontà dei calciatori. "Nella Juve non c'erano più contratti in scadenza al 30 giugno e quindi la decisione sugli stipendi era tecnicamente più semplice. Impossibile pensare che si possa attuare su altre società, soprattutto le più piccole. Noi non lavoriamo per tutelare i singoli, la nostra è una visione d'insieme, della collettività cercando di dare omogeneità alla categoria. I giocatori vogliono ripartire, questo è certo: è una questione di responsabilità"

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