Italiano e quel maledetto 5 maggio 2002: “Ho ancora gli incubi, piansi e non uscii più di casa”

Dici 5 maggio 2002 e viene in mente subito la clamorosa sconfitta dell'Inter all'Olimpico in casa della Lazio. Una disfatta che è entrata di diritto nelle pagine più memorabili del calcio italiano, visto che costò ai nerazzurri uno Scudetto che gli uomini di Cuper si sentivano già in tasca.
La squadra di Ronaldo e Vieri si presentò al fischio d'inizio dell'ultima giornata del torno con un punto di vantaggio sulla Juventus, seconda in classifica, e due sulla Roma, terza. Di fronte c'era una Lazio ormai fuori dalla corsa per un posto Champions, ma soprattutto con una tifoseria gemellata con quella interista, al punto che alla vigilia erano stati in molti a pensare ad una passerella trionfale dei nerazzurri. Invece l'erroraccio di Gresko, l'improbabile doppietta di Poborsky e la totale crisi di panico della squadra di Cuper nel secondo tempo consegnò alla Juventus – vittoriosa a Udine – uno Scudetto che i nerazzurri sognavano di poter vincere dopo 13 anni di digiuno.

Ma c'è 5 maggio e 5 maggio. In uno stesso giorno della storia dell'umanità – e del calcio – possono succedere molte cose e così accadde anche quel 5 maggio 2002. Se chiedete ad un tifoso interista o juventino, non avranno dubbi ad associare la data al 4-2 dell'Olimpico, ma se nominate quella sequenza di numeri a Vincenzo Italiano rinnoverete in lui un dolore inestinguibile, anche a distanza di 19 anni. Un dolore che nulla ha a che fare con quel Lazio-Inter. All'epoca l'attuale tecnico era un 24enne centrocampista che giocava nel Verona ed a gennaio la squadra allenata da Malesani era ben piazzata nella parte sinistra della classifica. Poi il crollo e il drammatico epilogo.
"Ho un incubo ricorrente, il 5 maggio 2002. Ma non quello dell'Inter – ha raccontato Italiano al ‘Corriere dello Sport' – Io l'ho vissuto quando siamo retrocessi all'ultima giornata dopo aver chiuso l'andata in zona Uefa. In squadra avevamo anche dei futuri campioni del mondo come Oddo, Camoranesi e Gilardino. Ho ancora gli incubi di quel giorno, perché piansi e non uscii di casa per una settimana. È la pagina più nera della mia carriera".
Lo stesso giorno dello stesso anno, vicende umane diverse. Quello che non cambia è la sostanza dello sport: la gioia di chi vince, il dolore spesso fisico di chi perde.