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Caso Juve, le news su plusvalenze e stipendi

Il processo alla Juve ha emesso una sentenza definitiva: la giustizia sportiva è da riformare

Analizzando quanto accaduto nel processo sportivo alla Juventus per le plusvalenze fittizie sembra che fin qui vi sia stata un’unica sentenza definitiva emessa: la giustizia sportiva italiana va riformata al più presto perché non è celere, non è certa e, soprattutto, non è giusta.
A cura di Michele Mazzeo
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Il processo sportivo sulle plusvalenze fittizie fatte dalla Juventus iniziato oltre un anno fa non ha ancora emesso un verdetto definitivo. La sentenza con cui, dopo il rinvio da parte del Collegio di Garanzia del Coni, la Corte d'Appello della FIGC ha rimodulato la penalizzazione da comminare alla squadra bianconera (con i punti tolti che non sono più 15 ma 10) infatti potrebbe non essere l'ultimo capitolo di questo procedimento dato che, in attesa di leggere le motivazioni, la società piemontese si è riservata il diritto di ricorrere nuovamente al Collegio (la ‘Cassazione' per quel che riguarda la giustizia sportiva italiana).

Ad oggi, dunque, dopo oltre 13 mesi dalla prima udienza (che era terminata con un proscioglimento del club e dei suoi dirigenti da parte del Tribunale Federale), non si ha ancora una sentenza definitiva riguardo ad una vicenda che, tra l'altro, a breve potrebbe riguardare anche altre squadre dato che, dopo l'inchiesta Prisma condotta dalla Procura di Torino (su cui il Procuratore federale Chinè ha fondato l'intero impianto accusatorio di questo infinito processo sportivo), anche altre Procure italiane hanno avviato indagini su operazioni di mercato sospette fatte da altri club di Serie A.

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Anzi. Analizzando quanto accaduto in questi 13 mesi, sembra che fin qui vi sia stata un'unica sentenza definitiva emessa dal processo alla Juventus, cioè che la giustizia sportiva italiana va riformata e va riformata al più presto. Senza entrare nel merito delle decisioni prese dai vari giudici, di tutti i gradi di giudizio, e senza entrare in tecnicismi e argomenti giurisprudenziali infatti appare lampante che, com'è concepita attualmente, la giustizia sportiva italiana non rispetti i tre pilastri su cui si fonda: non è celere, non è certa e, soprattutto, non è giusta.

Per spiegare perché non sia celere basta ricordare che dopo 13 mesi non si è ancora arrivati ad una conclusione (per metodi, procedure e burocrazia che anziché snellire l'iter lo appesantiscono). Non è certa invece perché in questi 13 mesi l'impressione che si è avuta è che seppur inconsciamente si è lasciata condizionare dalle pressioni mediatiche. Solo come memorandum ricordiamo che in questo processo sportivo per le plusvalenze fittizie la Juventus è stata prima assolta, poi condannata con 15 punti di penalizzazione (dopo una richiesta da parte del Procuratore Federale di 9 punti), poi messa in stand-by dal rinvio della sentenza alla Corte d'Appello FIGC da parte del Collegio di Garanzia del Coni, quindi di nuovo penalizzata di 10 punti (con il Procuratore che ha paradossalmente aumentato la sua richiesta di punti da togliere ai bianconeri portandola a 11), e con ancora aperta la possibilità che vi siano altri cambiamenti. Il tutto con la sensazione che per quantificare la sanzione da comminare si sia usata la calcolatrice usando l'afflittività come causa e non come effetto cosa che far venir meno il principio di "pena giusta" (proprio per evitare questo il Codice prevede infatti che qualora la pena decisa a monte non sia afflittiva nel campionato in corso, la si applica a quello successivo).

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E questo balletto è andato in scena mentre si stava svolgendo un campionato che, forse non è stato falsato come lo ha definito l'allenatore della Roma José Mourinho, ma che di certo è stato in qualche modo condizionato da questo processo tanto che ancora oggi, a due giornate dalla conclusione, la classifica della Serie A si può considerare sub iudice (e potrebbe esserlo anche dopo la fine del torneo qualora i bianconeri ricorressero nuovamente al Collegio del Coni). Inevitabile che questa incertezza della giustizia sportiva abbia gravato sul campionato, soprattutto per quel che riguarda la corsa per un posto nella prossima Champions League: quasi superfluo dire che una cosa è giocare sapendo che i posti disponibili per la Champions ancora raggiungibili sono due, un'altra è invece scendere in campo sapendo che sono tre e che sei meno lontano dall'obiettivo rispetto a quanto pensavi in precedenza.

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A ciò si va ad aggiungere anche la sensazione che non si sia tenuto conto delle ripercussioni che le decisioni prese avessero nell'immediato. Solo citando quanto è accaduto negli ultimi giorni infatti appare inspiegabile come si possa fissare un'udienza così importante mentre è ancora in corso una giornata di campionato e come si possa emettere una sentenza pochi minuti prima che la squadra che ha ricevuto la condanna scenda in campo e mentre un'altra squadra in competizione con lei per gli stessi obiettivi (la Roma in questo caso) stia disputando una partita. Cosa quest'ultima che, semmai ce ne fosse bisogno, conferma ulteriormente che la Giustizia Sportiva italiana così com'è strutturata e concepita attualmente è tutt'altro che giusta.

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Giornalista professionista dal 2018, per Fanpage.it mi occupo di motori, calcio e altri sport come redattore dell'Area Sport. Calabrese di nascita, romano d'adozione precedentemente ho avuto esperienze nella comunicazione istituzionale, ho fatto stage a Sky TG24 e Rai Sport e ho lavorato come freelance per Libero Quotidiano, Leggo e per diverse testate online. Ho frequentato la Scuola di Giornalismo di Salerno e ho vinto la sesta edizione del contest giornalistico di Calciomercato.com. Tante cose diverse dunque ma un unico filo conduttore: la passione per lo sport.
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