Emanuele Giaccherini: “Non auguro la fabbrica a nessuno, è un lavoro massacrante”

Emanuele Giaccherini è l'emblema di come intelligenza, duttilità tattica, corsa e abnegazione possano portare a fare una grande carriera nel calcio anche se le altre risorse non sono quelle che a prima vista farebbero pensare a un top player. Il centrocampista toscano, oggi 40enne, ha capitalizzato al massimo tutto quello che aveva, riuscendo a vincere due Scudetti e una Supercoppa con la Juventus e vestire la maglia dell'Italia per ben 29 volte. Giaccherini del resto conosceva bene la mentalità ‘operaia', nel senso letterale del termine, visto che aveva lavorato in fabbrica da giovanissimo.
Emanuele Giaccherini operaio: "Non lo auguro a nessuno, massacrante. Sveglia alle 5:30 del mattino"
"Era il 2000, me lo ricordo bene perché c'era l'Europeo – ricorda oggi ‘Giak' – All'epoca avevo 15 anni: scuola appena finita, giocavo negli Allievi del Bibbiena. Fui io a chiedere al mio ‘babbo', operaio, di lavorare. Volevo capire come fosse la fabbrica. Risultato: non lo auguro a nessuno, massacrante. Quell'estate capii cos'è un lavoro vero. Allora mi dedicai allo studio e al calcio. Mi sono diplomato come perito meccanico, un buon titolo".

Giaccherini racconta come si svolgevano all'epoca le sue giornate da operaio: "Sveglia alle 5:30 del mattino, ritorno a casa alle 14. Il pomeriggio dormivo, ma poi la sera faticavo ad uscire di casa. Nello specifico, costruivo prefabbricati nelle piste di cemento, il peggior ruolo possibile. Preparavo le travi su piste lunghe 120 metri, toglievo il cemento e le armavo con i cavi. Poi una nuova gettata di cemento fresco e via così ogni giorno".

Quel ragazzo minuto inseguì il suo sogno con tutte le forze possibili, fino a realizzarlo: "Devo ringraziare la mia testa e la mia volontà – spiega Giaccherini alla ‘Gazzetta dello Sport' – Fisicamente non ero calciatore, sul piano tecnico ero bravo, ma soprattutto sopperivo al fisico con voglia, testa, corsa. Conte però mi ripeteva sempre che ero forte, sennò alla Juve non sarei mai arrivato. Oggi vivo a Firenze, ma a Talla (il paesino dov'è nato, ndr) trascorro le estati e appena posso vado a tagliare l'erba: torno operaio, tra gli amici che hanno sognato con me. Sono uno di loro".