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De Laurentiis dopo Napoli-Monza: “Colpa mia”. E attacca gli arbitri: “L’ossigeno non arriva al cervello”

Il presidente del Napoli si presenta in conferenza e precede l’intervento di Mazzarri. Si assume tutte le responsabilità del disastro azzurro poi dà appuntamento “al 24-25 gennaio dopo la Supercoppa” e rifila una stoccata al designatore Rocchi.
A cura di Maurizio De Santis
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Aurelio De Laurentiis apre la conferenza stampa post NapoliMonza. Lo vedi al posto di Walter Mazzarri e pensi che stia per annunciare l'ennesima rivoluzione in panchina, l'esonero dell'allenatore che – chiamato al posto di Rudi Garcia – almeno finora non è riuscito a invertire le tendenza in campionato.

Azzurri settimi, quasi ottavi, confusi e infelici, compreso il tecnico che pure lascia perplessi per non aver utilizzato prima un attaccante come Simeone. E la media punti, al netto di tutte le attenuanti, è addirittura peggiore rispetto a quella del francese. Alla 12ª giornata i campioni d'Italia (fa specie definirli così per come sono messi) erano quarti con 21 punti (1.75 a match, inclusa la Coppa). Alla 18ª sono lontani dalla zona Champions, quasi fuori dalle prime otto, e con 28 punti (1.17 a incontro, che s'abbassa 1.11 compresa la Champions, da quando c'è stato il cambio). Tremendo, come lo 0-0 al Maradona contro i brianzoli che hanno rischiato addirittura il colpo grosso… se solo Pessina non avesse sbagliato il rigore battuto in maniera orribile.

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Il presidente si accomoda dietro la scrivania e, dopo gli auguri di fine anno, chiarisce senza mezzi termini il proprio pensiero. Non usa giri di parole e, da capitano della nave sballottata dai marosi, impugna il timone.

"Vi ho voluti incontrare anzitutto per farvi gli auguri di fine anno e per un 2024 che diventi radioso per tutti quanti vuoi. Poi vi volevo vedere per dirvi che tutto quello che è accaduto fino ad oggi è solo colpa mia. Non bisogna prendersela coi giocatori o gli allenatori, mi assumo tutte le responsabilità. In qualche modo devo chiedere scusa ai napoletani e ai tifosi se siamo dove siamo in classifica. Ma il campionato è lungo e ci muoveremo sul mercato per cercare di recuperare il tempo perduto".

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Il massimo dirigente resta in piedi in mezzo alla bufera e non si sottrae al proprio ruolo. È lì, nel momento più difficile, a metterci la faccia. E prosegue nella riflessione toccando anche altri punti della sua breve, ma intensa conferenza.

"Poi la verità, però, ha varie pieghe. Ma non mi va adesso di tediarvi coi racconti… quando tornerò dalla Supercoppa in Arabia.. se dovessimo superare il primo match e andare in finale il 23 dovremmo ritornare e quindi il 24-25 gennaio ci vediamo sul mare, ci facciamo una bella cena tutti e vi racconto il mio punto di vista. Poiché voi avete pagine da riempire, radio dove raccontare, tv in cui ci sono tanti esperti ognuno deve dire la propria. Altrimenti gli indici di ascolto si abbassano e si vendono meno copie. Ma la verità la conosce solo chi vive dall'interno le varie situazioni. Io questo vi volevo dire".

La seconda parte della conferenza di De Laurentiis è dedicata a un attacco al presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, e alla classe arbitrale. E chiama direttamente in causa il designatore, Gianluca Rocchi.

"Poi questa sera devo anche pregare Gravina e Rocchi di cercare di dare un senso di equità, ma soprattutto di spettacolarità al calcio italiano. Leggo e sento sempre che il calcio italiano e la Serie A è diventata meno importante… e certo che accade se invece di una partita di calcio ne vedo una di rugby e non c'è equità nella distribuzione dei cartellini. Ma io non voglio parlare di arbitraggi a sfavore del Napoli, che pure ci sono stati, così come ci sono stati a sfavore di tante altre società calcistiche. Però caro Rocchi, lei non può permettere che un arbitro di fronte a una persona perbene come Palladino o come Mazzarri, che fatto 500 partite da allenatore, arrivi e li butti fuori tutti e due. Questo non è calcio".

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E qui il ragionamento tocca il ruolo e l'interpretazione che il direttore di gara dà al proprio potere e alla propria professionalità nel corso dei match.

Questo è come voler stabilire che io per essere forte e rispettabile devo avere l'utilizzo del cartellino a tutti i costi. Ma un arbitro si chiama arbitro perché risponde al principio di equità. Se l'equità non diventa più il principio a un certo punto a furia di correre perdono l'ossigenazione nel cervello e vanno in tilt. Allora forse si devono allenare di più oppure o forse è il caso di fare i cambi, come facciamo coi calciatori. Così da non fargli venire i mammatroni, i fantasmi".

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