Tommaso Marino: “Il mio arrivo in Serie A è stato come correre a 150 all’ora e trovare una vetrata”

Tommaso Marino sarà la nuova voce della NBA su Prime Video e si è raccontato ai microfoni di Fanpage.it: “Mi hanno detto ‘Noi vogliamo te’. Voglio far vedere quello che il pubblico non nota”.
A cura di Ada Cotugno
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Un sorriso contagioso, tanta voglia di mettersi in gioco e l'infinito amore per il basket: Tommaso Marino ci accoglie così, visibilmente emozionato per la sua nuova avventura che perirà di pari passo con l'inizio della stagione di NBA. L'ex cestista fa parte della squadra di commentatori di Prime Video che per la prima volta trasmetterà in Italia le gare della lega più affascinante del mondo: sarà al commento tecnico con coach Andrea Trinchieri, due seconde voci d'eccellenza che affiancheranno i telecronisti Alessandro Mamoli, Mario Castelli e Matteo Gandini.

Per qualche partita ci sarà anche l'incursione di Massimo Ambrosini, ex calciatore ma grande appassionato di NBA come tutti i suoi compagni di viaggio. Marino ricoprirà una veste inedita in un programma che fa sognare i tifosi: 29 partite sulle 87 trasmesse saranno in prime time, fruibili dall'Italia senza dover fare i salti morali e impostare le sveglie, e poi possibilità di rivedere on-demand ogni cosa, compresi i pre partita. Per questo l'adrenalina dell'ex cestista è alle stelle, come ha raccontato ai microfoni di Fanpage.it in un'intervista esclusiva in cui ha parlato di tutto ciò che si aspetta dalla nuova stagione e del passaggio dal parquet al microfono.

Sei emozionato per questa nuova avventura? E cosa dovranno aspettarsi gli appassionati di Prime da questa nuova proposta?

"Sì, super emozionato, però più gasato e felice di un'avventura nuova. Comunque sento da una parte la pressione di dover fare bene un lavoro che però mi gasa e mi piace. Dall'altra, ovviamente, sono entusiasta perché sono fatto così. Sembra ovviamente retorica, però il pacchetto è completo. Parlo ad esempio di Alessandro Mamoli che è un mio amico, però io quando mi siedo in telecronaca con lui sento il peso di essere con Ale Mamoli, cioè con uno che questo mestiere lo fa bene come probabilmente nessun altro. Poi c'è il coach Trinchieri: io sono convinto di sapere, di conoscere il basket, lui lo conosce sicuramente più di me. Da parte mia credo che le persone si possano aspettare un po' di freschezza, ma comunque professionalità. Mi farebbe piacere far vedere a chi guarda una partita di basket delle cose che da solo magari non riesce a a vedere o non le percepisce al 100%, dare questo aiuto questo supporto alla telecronaca per me sarebbe fondamentale".

Sui social sei seguitissimo. Cosa porterai qui dalla tua esperienza sul web?

"È un linguaggio diverso, non puoi trasportare in televisione il linguaggio dei social. Però quello che ho apprezzato di questo posto è il fatto che quando mi hanno chiamato mi hanno detto ‘Noi vogliamo te, prendiamo il pacchetto completo coi tatuaggi in testa e col fatto che potrai magari a volte avere un tono o un linguaggio diverso da quelli canonici'. Questo l'ho apprezzato tanto, dopodiché secondo me c'è un modo per parlare sui social e un modo per parlare in televisione ed è giusto che queste differenze vengano rispettate".

Meglio il parquet o la telecamera?

"Sto da Dio con la telecamera, stavo da Dio sul parquet. In questo momento della mia vita sono molto felice del percorso che ho intrapreso a livello di post carriera, ma finché giocavo ero super felice di farlo. Questo anno senza basket è stato bellissimo per me e tutte queste avventure che sto trovando davanti mi danno grande adrenalina. Purtroppo non la stessa che c'è in campo perché quella è irrecuperabile nella vita vera, però mi mi piace".

Secondo te com'è cambiato il racconto in Italia della NBA?

"Il racconto dell'NBA è complesso perché adesso ci sono tante partite, tanti eventi, tante cose che succedono, tante storie. È ovvio che non tutte le partite sono la partita più appassionante che ci sia mai stata e il nostro mestiere deve essere quello di raccontarla in modo tale che dall'utente venga percepita come divertente. Dobbiamo restare noi stessi, perché una cosa che ho imparato in questo mestiere nei pochi anni che l'ho fatto è che si tende a cercare di emulare qualcuno per andare in una zona sicura. E invece questo è sbagliato, si deve essere in grado di rimanere se stessi nel racconto con la propria naturalezza, con la propria spontaneità e cercare di far percepire".

Tommaso Marino con la maglia della Remer Treviglio
Tommaso Marino con la maglia della Remer Treviglio

Cosa ti aspetti da questa NBA?

"Chiaramente mi aspetto Oklahoma City fino in fondo perché è una squadra che è in un viaggio che secondo me li può portare a vincere più titoli, uno l'anno già vinto, vediamo cosa succederà l'anno prossimo. Poi mi sono tanto appassionato a giocatori che hanno fatto la loro carriera in concomitanza con la mia, quindi LeBron James e Steph Curry sono i due mostri sacri per me, non so esattamente cosa aspettarmi dai Lakers e da Golden State, ma questi due giocatori che arrivano alla fine del viaggio mi appassionano particolarmente, mi danno anche un po' di nostalgia e mi auguro in qualche modo di che possano avere successo e che possano regalarci delle belle storie anche in questi ultimi anni di carriera".

Ci sono anche alcuni italiani pronti a farsi strada…

"Io sono fan di Simone Fontecchio, ovviamente è un amico e sono fan di lui come giocatore e credo che nell'ultima stagione non abbia potuto esprimere tutto il suo valore per via di certe dinamiche. Simone è un giocatore molto forte e un posto nell'NBA per lui c'è, però mi auguro che possa avere lo spazio per essere competitivo, per per farsi vedere e per far vedere il valore che ha".

Che idea ti sei fatto della nazionale Italiana dopo gli Europei?

"Ho lottato con loro, la Nazionale è fatta da miei amici quindi io sono un tifoso del divano. Quando un giocatore sbaglia un tiro mi lamento e grido ‘Ah, come fai a sbagliare?', poi però lo sento al telefono due ore dopo perché gli voglio bene. La Nazionale la vivo da tifoso, non da addetto ai lavori. È ovvio che come tutti ho sperato in un risultato migliore, speravo che si potesse battere Luka Doncic e la Slovenia e arrivare ai quarti di finale, però poi anche bisogna fare i conti con nazionali più attrezzate, squadre più forti. Avremmo incontrato la Germania che è molto forte. Bisogna anche scontrarsi col fatto che in questo momento storico ci sono squadre più attrezzate, squadre migliori".

Cosa manca a questa Italia?

"Schroder non ce l'abbiamo, ce l'ha la Germania, Franz Wagner non ce l'abbiamo, ce l'ha ce l'ha la Germania. È evidente che ci sono anni in cui c'è più talento, anni in cui c'è meno talento. Io non credo che la Nazionale Italiana non abbia un buon futuro perché ovviamente c'è un grande ricambio generazionale, Danilo Gallinari ha chiuso una una carriera straordinaria con la maglia della Nazionale proprio qualche settimana fa l'Europeo. Ci sono giocatori come Procida che non ha avuto spazio a questo Europeo che secondo me sarà un tassello fondamentale del futuro, ha firmato con il Real Madrid, farà esperienza in Euroleague. Poi ci sono anche piccoli episodi che cambiano la narrazione, devi anche essere fortunato".

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Il passo indietro di Pozzecco è stata una scelta giusta?

"Se lui sentiva di chiudere questo capitolo ha fatto bene a farlo, è una scelta umile. Se nella sua testa, nel suo cuore, lui era convinto che un ciclo fosse finito e che non avesse più niente da dare alla nazionale ha fatto bene a farlo. ho avuto la sensazione in questi anni di Nazionale che fosse un bel gruppo, un bell'ambiente e che i giocatori li volessero bene. È capitato di andare vicino a fare dei risultati, perché non siamo arrivati ultimi o non qualificati. Rispetto al 100% la scelta che ha fatto lui e non sono nessuno per giudicarla".

Secondo te cosa manca al basket italiano per fare un passo in avanti?

"Vincere. Se domani mattina l'Italia di basket vince il Mondiale è chiaro che questo aiuta il movimento, ma questo non si può non si può controllare, purtroppo. Mi rendo conto anch'io che adesso si parla tantissimo di tennis perché è bellissimo che ci sia un italiano al top mondiale, però questa cosa non la non la puoi controllare, tu devi lavorare intorno per far crescere un movimento sperando poi che che Dio te la mandi buona e di fare qualche risultato. Controlli quello che puoi controllare, purtroppo".

Cosa faresti per far crescere il movimento italiano?

"Direi di di andare a prendere i piccolini, di inserire pallacanestro in attività nelle scuole. Però è un discorso è un discorso molto complicato, molto più ampio di quello che possiamo fare qui. Abbiamo visto che la generazione dei grandi a volte si appassiona allo sport in maniera un po' troppo accanita, quindi partirei proprio da lì, dalla cultura sportiva. Poi ovviamente io da fan della pallacanestro mi auguro che pian piano ci siano sempre più ragazzini iscritti al mini basket che poi pian piano si appassionano che poi vanno in Nazionale e in NBA".

Chi è il compagno di squadra che ti ha insegnato di più?

"Quando avevo 18 anni la Siena del primo scudetto aveva dei campioni. Mi vengono in mente probabilmente nomi che nessuno conoscerà perché adesso hanno smesso come Dusan Vukcevic e Vrbica Stefanov che io vedevo a 18 anni come un fan, ma avevo l'opportunità di allenarmi con loro ed è stato incredibile vedere l'approccio al lavoro di queste persone. La carriera di un giovane giocatore dipende tanto dai compagni di squadra che ti capitano, dagli insegnamenti che ti possono dare a livello di etica del lavoro, a livello tecnico, ma anche a livello di gestione finanziaria. Avere dei buoni compagni di squadra durante la carriera fa la differenza".

Qual è stato l'NBA moment della tua carriera? Quello di maggior impatto.

"Il mio NBA moment è stato quando dalla Serie B sono andato in Serie A, quindi ho fatto un salto di due categorie. È stato come correre a 150 all'ora e trovare la vetrata che pensavi che fosse aperta, no? E trovi il vetro davanti, bum e ci picchi. E lì ho ho capito che che quello era il basket dei grandi, quindi era come se per me fosse l'NBA in quel momento lì. Se non avessi fatto delle scelte a livello tecnico, a livello soprattutto mentale, a livello di di etica del lavoro eccetera, ci avrei picchiato la testa e veramente veramente forte. Spoiler: ce l'ho abbastanza picchiata".

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