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Amedeo Della Valle, la rinascita a Brescia e il sogno americano: “Vi racconto il mio incontro con Lebron”

Amedeo Della Valle a Fanpage.it ha ripercorso tutto i passaggi più importanti della sua carriera e ha parlato del momento di Brescia, della sua esperienza negli USA e ha raccontato il suo incontro con Lebron James.
A cura di Vito Lamorte
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Per capire chi è e come sta Amedeo Della Valle, in questo momento, potrebbe bastare anche un video dell'ultima partita della Pallacanestro Brescia. Il capitano della Leonessa ha recuperato una palla e sta ribaltando l'azione: i suoi compagni chiedono la palla veloce per andare subito a canestro ma il numero 8 ha altro per la testa e con la mano dice ‘calma': supera in palleggio un avversario e poi la piazza da 3. Palaleonessa in piedi.

Questo ragazzo di 1,94 cm nato ad Alba sta vivendo una seconda gioventù a Brescia e si sta togliendo tante soddisfazioni, come la Coppa Italia dello scorso anno e l'ottimo inizio della stagione attuale, che vede il roster di Alessandro Magro veleggiare al primo posto della Lega Basket Serie A. 

Della Valle è stato un precursore per tanti ragazzi che vivono il sogno americano e a 18 anni ha deciso di andare negli Stati Uniti per misurarsi con il basket a quelle latitudini: dopo la stagione alla Findlay Prep High School di Henderson in Nevada, quando è riuscito a battere il record di tiri da tre realizzati in una sola stagione (66), è passato alla Ohio State University, a casa di Lebron James in pratica: “C’era un aura molto forte di Lebron, perché c’era nello spogliatoio il suo armadietto seppur lui non abbia mai giocato per Ohio State".

Il figlio d'arte, suo padre Carlo faceva parte di una generazione di talenti del basket italiano dei primissimi anni ’60, tra una stagione americana e l’altra nell’estate del 2013 guidò la Nazionale italiana all’oro europeo Under 20 in Estonia dopo aver segnato 18 punti di media due anni prima agli Europei Under 18 ma ora non pensa all'azzurro: "Ora la vedo da tifoso e basta, sostengo tanti compagni con cui ho giocato".

Il rientro dagli States lo vede protagonista a Reggio Emilia di due cavalcate fino alla Finale Scudetto prima del passaggio all'Olimpia Milano, dove arriva un'altra sconfitta in finale dei Playoff. Dopo le esperienze in Spagna e in Montenegro, dove vince il titolo a Budućnost, ecco che arriva il ritorno nel nel campionato italiano.

In alcune situazioni la Germani sembra essere plasmata intorno alla figura di Della Valle, che ha libertà di creare e realizzare: quando Brescia riesce a correre e a trovare punti nei primi secondi dell’azione, le principali bocche da fuoco della Leonessa d’Italia vanno a nozze. ADV ha sfruttato il suo marchio di fabbrica, con diverse triple in transizione, oltre ad attaccare il ferro con continuità e fornendo assist preziosi ai compagni.

Della Valle con la casacca di Ohio State.
Della Valle con la casacca di Ohio State.

A Fanpage.it Amedeo Della Valle ha ripercorso tutto i passaggi più importanti della sua carriera e ha parlato del momento di Brescia, della sua esperienza negli USA e dell'incontro con Lebron James ai tempi di Ohio State.

Che stagione sta disputando Brescia.
“Stiamo facendo ottime cose, ma siamo in un momento importante della stagione e non dobbiamo lasciare nulla al caso. Si vedono i frutti del lavoro ma non dobbiamo fermarci”.

Rispetto a qualche tempo fa si muove in un ruolo più da playmaker: come si trova e in che modo si è calato in questa nuova veste.
“Penso che sia una sorta di adattamento a ciò che ha bisogno la squadra. Due anni fa mi era richiesto un ruolo di più possesso, più palloni e più tiri mentre in questo momento mi viene chiesto un coinvolgimento maggiore dei compagni. Meno possessi, che sono comunque alti, ma con una qualità più alta: può sembrare scontato ma quando hai più palloni hai più fiducia mentre quando riduci è complicato esser lucidissimo in quelle poche situazioni“.

Suo padre giocava da play, sta andando verso quella direzione?
"Chiaramente i punti di vista dell’evoluzione del gioco sono quelli di passatore e di coinvolgitore di squadra, si parla più di guardie e di lunghi, quindi è un po’ andato quel concetto. Io ho cercato di prendere delle piccole parti dai giocatori forti e di farle mie. Ho avuto la fortuna di giocare con Rodriguez, ho giocato contro Teodosic tante volte… se uno riesce a prendere anche una piccola cosa naturalmente aiuta".

Cosa ha significato essere ‘figlio di…’ e quanto ha influito suo padre nella sua formazione sportiva.
“Quando ero piccolo me lo facevano pesare di più perché non ero tra i più forti ed ero indietro atleticamente. All’inizio era tutto un ‘gioca perché è figlio di..’ mentre devo dire che mio padre mi ha aiutato ad affrontare queste situazioni facendomi capire che siamo due persone diverse, con caratteri e modi di fare diversi. Sono contento di aver giocato a basket soprattutto perché non è facile venir fuori con un padre che ha giocato in Serie A ed era una cosa che avevo sempre guardato con ammirazione ma senza mai dire ’devo fare di più’. Lui mi ha sempre detto ‘tu sei la versione di te stesso, io la mia’. Il resto non c’entra nulla”.

Della Valle per alcuni anni ha vissuto il suo ‘sogno americano', che è passato da Ohio State University: che periodo è stato quello nella l’università di Lebron James?
“C’era un aura molto forte di Lebron, perché c’era nello spogliatoio il suo armadietto seppur lui non abbia mai giocato per Ohio State, che era la sua squadra indicata e sponsorizzata da lui. Era molto sentito e quando veniva sul campus era un evento straordinario. Io l’ho incontrato una volta, in occasione di una partita di football americano e ho anche una foto con lui: è un personaggio che quando lo vedi dal vivo senti proprio che ha un aura diversa, un’energia diversa. Trasmette qualcosa di differente”.

Nel 2011-2012 ha fatto questa esperienza alla Findlay Prep High School in Nevada prima di andare in Ohio: da dove nacque quella decisione e che esperienza è stata quella di Henderson.
"Ho avuto la fortuna di andare in vacanza con mia madre e di vedere cos’era l’America. Mi sono detto ‘mi piacerebbe fare un’esperienza qua, indipendentemente da quello che sarà’: quando sono andato non ero ancora fortissimo e i primi provini non erano andati bene. Poi mio padre insisteva per mandarmi a fare un’esperienza fuori, al di là del basket, e questa cosa mi ha aiutato tanto per inquadrare la realtà da tante prospettive diverse. È importante mettersi in gioco per capire cosa si ha intorno".

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Dopo gli USA c’è stata Reggio Emilia. Com’è stato il rientro in Italia a livello personale?
“Personalmente è stato difficile perché ero abituato ad avere una sorta di esperienza surreale al college tra andare in giro e giocare davanti a 20mila persone mentre ora entravo in un altro momento della mia vita con un appartamento, uno stipendio ed entravo nel mondo dei grandi con tutte le cose da sbrogliare. All’inizio è stato difficile trovare cose che mi piacessero perché fino a poco prima ero in un posto dove mi piaceva tutto mentre ora dovevo basarmi molto di più su me stesso e sulla mia crescita personale“.

Quanto ha influito l’esperienza americana, sia dal punto di vista sportivo che personale, su Amedeo Della Valle?
“Quando sono andato io in America ero l’unico italiano nella Division One e quando sono tornato c’era grande curiosità nei miei confronti per capire a che livello ero. Integrarmi e vissuto una situazione così diversa dalla nostra per me, soprattuto fuori dal campo, è stato più facile capire anche da dove arrivassero i ragazzi americano che venivano qui in Italia. Quando le vivi da dentro ti viene più facile poi riconoscerle e riesci ad essere più aperto, dal punto di vista della personalità, per capire qual è ogni tipo di storia".

Ci sono sempre delle sliding doors nella carriera degli atleti: c’è un momento a cui ha ripensato successivamente e si è mai chiesto cosa sarebbe successo se avesse fatto una scelta diversa?
“Dal punto di vista cestistico probabilmente ti direi che sarei andato a Gonzaga e non a Ohio State, un’università molto più piccola e molto più adatta a quello che era il mio stile di gioco. Dal punto di vista personale, però, ho scelto un’università grande per mettermi in gioco e capire a che livello ero”.

La Nazionale ha chiuso ottava al Mondiale e ci ha fatto sognare per diversi giorni. La maglia azzurra è stata presente per lungo tempo nella sua carriera: ci pensa ancora o è una parentesi chiusa?
“In questo momento la vedo da tifoso perché credo che non ci siano le condizioni. La vedo da tifoso e basta perché ci sono tanti compagni con cui ho giocato. Ho un bel rapporto con Gallinari, Fontecchio e Polonara e faccio il tifo per loro, e per tutti”.

L’Europeo vinto da MVP nel 2013 è un ricordo dolcissimo: c’è un momento di quella finale con la Lettonia o dei festeggiamenti che porterà per sempre con sé?
“Una bella soddisfazione. Andammo lì con un buon gruppo ma non eravamo i più forti. Siamo andati avanti e ci abbiamo creduto, anche grazie ad un paio di canestri allo scadere. Ricordo bene la finale e ricordo che avevo segnato due punti in tre quarti (19 punti finali) e ricordo che, mentre ero sul cubo dei cambi, pensavo: ‘Ho fatto un bell’Europeo e sto chiudendo in maniera disastrosa’. Poi le cose sono venute naturali“.

Nel 2021 è arrivato a Brescia: quanto è cambiata questa squadra da quanto sei arrivato e quando è cambiato lei?
“Sia io che la società siamo cambiati tanto. Io firmai a gennaio del 2021 e io ero in Montenegro: a Brescia giocavano per non retrocedere e noi ci giocavamo un posto in Eurolega. In quei mesi ho pensato molto a quella scelta ma le cose si sono sviluppate diversamente e c’è stata una transizione importante della società. Siamo nei primi posti in maniera costante, l’anno scorso abbiamo sollevato un trofeo, e siamo soddisfatti. Dal punto di vista personale lo stesso e credo di essere cresciuto perché c’è stato un momento iniziale dove siamo andati benissimo, l’anno scorso è stato molto duro ma poi è arrivata la Coppa Italia che ci ha aiutato e mi ha aiutato tanto. Stiamo cercando di limitare il gap perché ci sono squadre che sono costruite per vincere ma nello sport non si sa mai“.

Tra poco sarete impegnati nella Final Eight di Coppa Italia a Torino: quanto è difficile ripetersi dopo la vittoria dell’anno scorso?
"Ci vogliamo riprovare sicuramente, ma il problema è chi provano in otto. Bissare è molto difficile, quasi impossibile, però sono tutte partite secche e vediamo cosa ne viene fuori. Come dicevo, il problema è chi provano in otto“.

Come e se è cambiato, secondo lei, il basket nel campionato italiano negli ultimi anni rispetto a prima.
“Sicuramente è cambiato e ha seguito i trend in maniera fisiologica. Il livello non te lo so dire con precisione perché io dieci anni fa ho fatto la finale con Reggio Emilia che aveva dei giocatori forti. Chiaramente non c’era una seconda forza come è diventata la Virtus Bologna negli ultimi anni. Devo dire che quest’anno il campionato è molto equilibrato e, al di là di quelle che lottano per non retrocedere, devo dire che il livello delle squadre che lottano per play-off è alto. Ogni campionato ha il suo trend di gioco, il nostro è divertente da guardare perché ci sono squadre che vogliono correre mentre altre che tirano bene 3. Secondo me rispetto a dieci anni fa, non le prime squadre perché quelle hanno sempre avuto giocatori forti, ma in generale il livello medio è un pochino più alto".

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