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La sorella di Luca Sinigaglia nega in lacrime le vili accuse all’alpinista morto da eroe: “Non è vero”

La sorella di Luca Sinigaglia, Patrizia, smentisce le falsità diffuse dai media russi sui drammatici giorni dell’incidente di Natalia Nagovitsyna e della morte dell’alpinista milanese: “Non è vero! La nostra famiglia ha ricevuto un documento ufficiale dall’ambasciata e dal governo del Kirghizistan con i dettagli di quanto accaduto”. Patrizia racconta la vera storia della tragedia del Pobeda Peak.
A cura di Paolo Fiorenza
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Luca Sinigaglia è morto da eroe a cinquemila chilometri dall'Italia: nessuno potrà sporcare la memoria del 49enne alpinista milanese, che ha perso la propria vita nel tentativo di salvare quella di Natalia Nagovitsyna, la russa rimasta bloccata oltre quota 7000 metri sul Pobeda Peak, la montagna più alta (7439 metri) – ma anche più difficile da scalare – del massiccio del Tien Shan (situato tra Asia centrale e orientale) e del Kirghizistan. Qualche media russo nelle ultime ore ha disegnato una narrazione diversa della vicenda, ma è assolutamente falsa, e non potendo essere il povero Luca a smentire le vili accuse, ci pensa la sorella Patrizia a farlo, citando come prova inconfutabile "un documento ufficiale dall'ambasciata e dal governo del Kirghizistan con i dettagli di quanto accaduto".

Secondo le testimonianze di alcuni amici di Natalia, la 47enne alpinista russa sarebbe partita dal campo base posto ai piedi del Pobeda Peak in un gruppo di quattro persone: con lei l'italiano Luca, il tedesco Gunther e il russo Roman. In base a questa versione dei fatti, dopo aver raggiunto la vetta, il gruppo si sarebbe frazionato, con Luca e Gunther a distanziarsi in avanti. "Forse c'è stato un litigio tra i membri del gruppo", ha ipotizzato qualcuno delle persone vicine a Natalia. A quel punto, quando l'alpinista russa e il suo connazionale stavano superando il tratto più pericoloso (sotto il quale giacciono i corpi di numerosi scalatori caduti in precedenza), Roman sarebbe caduto trascinando giù la Nagovitsyna. Lui se la sarebbe cavata con lievi contusioni, mentre Natalia – questa è sì una certezza – si è rotta una gamba e ha perso completamente la capacità di muoversi.

Luca Sinigaglia era di Melzo, vicino Milano: la montagna era la passione della sua vita
Luca Sinigaglia era di Melzo, vicino Milano: la montagna era la passione della sua vita

Il racconto delle persone vicine all'alpinista russa prosegue con la versione nota, ovvero che Roman è sceso in basso da Luca e Gunther, che intanto si erano accampati sul Vazha Pshavela, la cima occidentale del Pobeda Peak, posta a 6918 metri, raccontandogli cosa era successo. I due non hanno esitato e sono risaliti al punto della caduta, portando a Natalia un sacco a pelo, gas, acqua e cibo. Due notti sono rimasti in quota nel tentativo disperato di salvarla, mai avendo in mente di poterla abbandonare, ma la seconda notte al gelo del Tien Shan (temperature sotto i -20°) è stata fatale a Luca, morto il 15 agosto, probabilmente per un edema cerebrale. Gunther e Roman sono poi riusciti a scendere a piedi, in un giorno e mezzo.

"Il tedesco e l'italiano sono stati ovviamente dei bravissimi ragazzi a tornare su e ad aiutare Natalia – sono le frasi attribuite dai media russi agli amici dell'alpinista russa – Ma perché non sono scesi tutti insieme? Ci sono molti misteri in questa storia".

Luca era un alpinista provetto, scalava montagne difficili da oltre vent’anni
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La sorella di Luca Sinigaglia, Patrizia, smentisce le falsità diffuse dai media russi

Di questa vicenda si sta parlando tantissimo in Russia e la Komsomolskaya Pravda ha contattato la sorella di Luca Sinigaglia, Patrizia, che nega fermamente questa versione dei fatti: "Ci sono molte insinuazioni che offendono la memoria di Luca. Dicono che lui e il tedesco abbiano lasciato Natalia e siano scesi più velocemente. Non è vero! – ha detto la sorella in lacrime, come riportato dal media russo – La nostra famiglia ha ricevuto un documento ufficiale dall'ambasciata e dal governo del Kirghizistan con i dettagli di quanto accaduto. Non vorremmo condividerlo prima del funerale. Non ho mai dubitato per un secondo che Luca sarebbe accorso in aiuto dell'alpinista russa. Queste azioni sono nel suo spirito, non ha mai avuto paura del rischio. Quest'anno, il 23 luglio, ha conquistato il Picco Lenin (oggi ribattezzato picco Ibn Sina, un ‘Settemila' nel Pamir al confine tra Kirghizistan e Tagikistan, ndr) senza tenda, assistenti o guide".

"Ci arrivano condoglianze letteralmente da ogni parte del mondo. Colleghi, amici, guide: ricordate Luca come una persona solare e calorosa. Tutta la famiglia – io, nostro padre e nostro fratello – siamo orgogliosi di lui. La cosa più importante per noi ora è riportare la sua salma a casa", ha concluso Patrizia Sinigaglia al media russo.

Luca Sinigaglia è morto a 49 anni, non aveva compagna né figli
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Patrizia racconta la vera storia: cosa è successo in quei drammatici giorni sul Peak Pobeda

Cosa sia successo in maniera più dettagliata in quei drammatici giorni, la sorella di Luca lo spiega al ‘Corriere della Sera'. Prima di tutto l'alpinista milanese non faceva parte di alcun gruppo, men che meno di quello di Natalia: "Era salito in solitaria e aveva conquistato la vetta, poi aveva iniziato la discesa. Si trovava al riparo in una cava di ghiaccio insieme all'amico tedesco Gunther Siegmund. Natalia aveva iniziato la salita poco dopo. Roman, un alpinista russo che li seguiva con lei, era sceso a informarli che si era rotta una gamba ed era in gravissima difficoltà. Luca ha preso tenda, fornelletto a gas, viveri e sacco a pelo ed è risalito in soccorso dell'amica insieme a Gunther".

"Ci siamo sentiti l'ultima volta il 13 agosto (il giorno dopo la caduta della russa, ndr) – continua il racconto di Patrizia – Le condizioni meteo erano pessime, ma lui e Gunther avevano deciso di passare la notte con Natalia. Mi aveva chiesto di allertare la Farnesina. Dal campo base mi dicevano di convincerli a scendere poiché l'elicottero avrebbe potuto salvare solo una persona e loro potevano camminare. Luca mi aveva tranquillizzato: ‘Non preoccuparti, domani scendo. Tvb'. Il 14 agosto hanno raggiunto Roman nella cava. Avrebbero dovuto scendere fino ai 5300 metri per poter essere recuperati dall'elicottero. Invece, dal campo base, il pomeriggio di Ferragosto, mi hanno avvisata: ‘Bad news, Luca non sta bene'. A stroncarlo è stato un edema cerebrale".

Luca conosceva bene Natalia, il rapporto tra i due si era cementato in occasione di un episodio tragico della vita della donna russa: "Mio fratello avrebbe salvato chiunque. Lui e Natalia si erano conosciuti qualche anno fa sul Khan Tengri, in Kazakistan. Lei era con il marito Sergey in difficoltà e Luca si fermò per aiutarli. Riuscì a riportare al campo base solo Natalia, mentre il marito non si salvò. Mio fratello da bambino desiderava mettere una bandierina in ogni Paese. Poi sognava di conquistare il Premio ‘Leopardo delle Nevi', attribuito a chi riesce a raggiungere la vetta delle cinque montagne over 7000 metri nell'ex Unione Sovietica. Gli mancava il Pobeda. C'è riuscito, prima di morire".

Chi era Luca Sinigaglia: un italiano che non sarà dimenticato

Luca era di Melzo, un comune vicino Milano, e si occupava di cyber security. Non aveva una compagna, né figli: oltre alla sorella Patrizia, lascia un fratello e il padre 86enne. Ma soprattutto lascia il ricordo di una persona eccezionale, un italiano il cui nome non sarà dimenticato quando si parlerà di montagna. "Hai fatto un gesto che ti apre alle scalate del Cielo", ha scritto qualcuno sotto il suo ultimo post su Instagram. Impossibile non essere d'accordo.

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