Angela Carini e la violenza dei bulli social: “Cosa ho dovuto sopportare in silenzio”

Ci sono parole che fanno male più di un cazzotto preso dritto al mento. Angela Carini ne ha prese un po', le ha messe in fila in un post condiviso su Instagram e ha mostrato cosa ha dovuto sopportare da un paio di anni, quanto possa perfida, violenta e subdola la gente che nemmeno ti conosce ma giudica la tua vita. I leoni, i bulli da tastiera, quelli che picchiano duro solo per il gusto di farlo. "Ah, ma allora non ti sei sotterrata dalla vergogna ancora? Facciamo a cuscinate stasera?". È uno dei tanti messaggi che ha ricevuto assieme a tanti altri in cui è stata tacciata di essere un "coniglio" e una "cagasotto", in cui le hanno consigliato di "ritirarsi" e dedicarsi ad altro, di portare via altrove le due "lacrime" di femminuccia.
Vi siete mai chiesti quanto è stata dura per me affrontare tutte queste parole? Cosa ho dovuto sopportare e sopportare giorno dopo giorno? Cosa ho dovuto affrontare nel mio silenzio per preservare la mia salute da uno stupido social, da persone che parlano e pronunciano parole senza pensarci due volte perché per loro è solo una frase, è solo una parola, è solo un divertimento, è solo un voglio seguire la massa anch’io. Facile no?

Tutto è iniziato nell'estate dei Giochi di Parigi, quando abbandonò il ring dopo 45″ di combattimento contro Imane Khelif. La boxeur napoletana era finita nel cono d'ombra e torna a parlare adesso, che la World Boxing ha escluso la campionessa olimpica algerina dai Mondiali di pugilato femminile. E la terrà ancora fuori dalle competizioni ufficiali almeno fino a quando, da regolamento, non si sottoporrà a un test genetico obbligatorio per determinare il sesso biologico. Carini non fa alcun riferimento diretto alla vicenda dell'avversaria e a quanto accaduto ma tra le righe lascia intuire tutto.
Tutto così semplice. Per molti è scontato dimenticare il passato ma per me è stato quel passato a segnare la mia vita. Quel passato ha lasciato ferite dentro di me che cerco di sanare giorno dopo giorno. Una ferita infetta, sanguina e fa male. Chiusa nel silenzio insieme alla mia famiglia cerco di ricostruire a piccoli pezza me stessa, quel passato che ha cambiato, distrutto la mia carriera costruita anno dopo anno con sacrifici, dedizione, tenacia e tanta passione cavalcando i migliori ring, raggiungendo vette importanti. Quella carriera sottovalutata e sminuita da chi per pochi attimi ha preferito farsi una risata, ha preferito scagliare la pietra.
Come è ripartita? Da se stessa. Carini racconta come ce l'ha fatta a risalire la china, a riprendere quegli occhi della "tigre" (il suo soprannome) che erano apparsi un po' spenti.
Mettendo tutto il dispiacere da parte, sono risalita su quel ring iniziando a riconfermarmi campionessa italiana e riportando a casa medaglie in tornei internazionali molto importanti. Risalire su quel quadrato è stata una dura sfida proprio per dimostrare che in questo sport le cose le conquisto con la mia unica forza, senza aver bisogno di qualcuno che mi venga a regalare qualcosa. In questa lunga corsa con il tempo iniziata all’età di 12 anni ho imparato una cosa fondamentale: l’amore verso me stessa. E che il corpo non è una macchina perfetta.
E qui fa riferimento al fisico che cede, alle condizioni che a un certo punto, anche contro la tua volontà, ti obbligano a fermarti e a prendere una pausa onde evitare che le cose peggiorino.
Scelte che non tutti possono comprendere perché anche in quello ci vuole umanità. Chiusa nel mio silenzio affronto giorno dopo giorno tutto ciò che Dio ha prescritto per me. L'unica mia forza è credere in Dio e affidarmi a lui. Queste mie parole non cambieranno il mondo. Non farò diventare le persone più gentili ma almeno invito tutti a riflettere sulla vita che è un dono di Dio e come una parola, un gesto, un’imposizione può far male e distruggere una persona.
La chiosa è dedicata un motivo d'orgoglio tutto sportivo che ci tiene a sottolineare. E parla dell'ennesima medaglia nazionale e un argento e un oro a tornei internazionali "che sono stati portati a casa".