
Gli Anni Settanta fanno da sfondo all’Italia di Mrs Playmen, la serie che dal 12 novembre arriva su Netflix e che delinea la figura di Adelina Tattilo, moglie di Saro Balsamo, ed editrice della prima rivista erotica italiana. Un personaggio controverso, che tramite l’erotismo e la sessualità, abbraccia battaglie sociali importanti, che caratterizzano quegli anni fatti di rivoluzione e consapevolezze, soprattutto per le donne. Il vero cambiamento, però, non solo è quello fatto insieme, ma è quello che deriva da un nuovo punto di vista maturato dagli uomini stessi, ed è forse proprio questo l'aspetto più interessante di una serie che non parla solo di sdoganare tabù, ma ci mette in relazione continua con il presente, ponendoci di fronte ad una realtà a tratti un po' agghiacciante: certi retaggi, che a pensarli oggi ci appaiono obsoleti, sono in realtà più radicati di quanto si possa immaginare.
Lo spaccato raccontato dai sette episodi della serie evidenzia un'Italia ancorata ai dettami cattolici, un'Italia che cerca di cambiare e lo fa attraverso le manifestazioni plateali, ma anche attraverso i giornali, le riviste. Ed è proprio sulle pagine di Playmen che si assiste ad un cambiamento radicale: la donna non è più solo oggetto sessuale, ma diventa soggetto desiderante, e il paradosso è che tutto ciò avviene sulle pagine di una rivista nata e pensata dagli uomini per gli uomini.
Il punto di svolta è la nascita di Adelina Tattilo, una vigorosa Carolina Crescentini, e nascita non è una parola casuale. Prima di diventare la protagonista di questa storia rivoluzionaria, Adelina è una donna che (ri)nasce dalle sue stesse macerie. Madre, moglie fedele e rispettosa, poi all'improvviso imprenditrice che prende in mano le redini della rivista quando suo marito per paura di essere arrestato scappa lontano dall’Italia, insieme alla giovane amante. Playmen diventa il suo tutto ed è su quella rivista che gioca la partita più importante della sua vita. Da quel momento dovrà fare in modo che quegli uomini da cui prima era vista solo come "la moglie del capo", la accettino e la ascoltino in questa nuova veste apicale.

Una difficoltà che non si discosta molto da quello che accade oggi, dove la disparità tra donne e uomini nei contesti lavorativi è ancora piuttosto evidente, nonostante passi avanti ne siano stati fatti. Ma non basta. La rivoluzione di Adelina Tattilo parte da qui, dalla scelta dei contenuti, dalla necessità di rendere Playmen non una rivista con solo donne nude, ma un posto in cui scoprire, leggere, conoscere ciò che le donne prima non conoscevano di sé stesse e nemmeno gli uomini, abituati a credere che le donne fossero una loro proprietà e niente più. Sulla rivista compariranno pezzi di critica sociale, di stretta attualità. Si parlerà di aborto, di violenza, di piacere femminile, di prostituzione (anche maschile), di divorzio, di amore libero. Tutto ciò che serve perché anche le donne maturino un loro pensiero che prenda le distanze dalla sottomissione maschile e che sia l'inizio di un'emancipazione, anche se le pagine sono quelle di un giornale per uomini. Per questa sua scelta fu odiata dalle femministe che ritenevano lucrasse sul corpo e sulle battaglie delle donne.
Adelina è una donna che parte dalle sue battaglie interiori per raccontare quelle di chi le sta attorno. Prova, come può, a liberarsi dalle briglie di un amore asfissiante, che la tormenterà sempre, un amore che l’ha sempre messa in disparte: “Adelina torna al posto tuo” le dice il marito Saro (un sempre bravissimo Francesco Colella), una volta ripreso il comando. Ed è questo che dà più fastidio in fin dei conti, allora come oggi: la perdita di controllo da parte degli uomini, l’affievolirsi di un predominio, la certezza che le donne possano farcela lo stesso, quello di cui hanno bisogno è solo lo spazio giusto. Come quello che Adelina concede ad Elsa, attraverso il quale una giovane che "se l'è cercata" può emanciparsi: lavorando, riconoscendosi un valore, provando ad ottenere quella giustizia che gli è stata strappata.

Ma nulla si fa da soli. Ed è nella figura di Filippo Nigro, nel ruolo di Chartroux un caporedattore ex camerata che deve fare i conti con la sua omosessualità, che Adelina trova un alleato. Un uomo che deve combattere con la sua ambizione, i suoi demoni, che deve accettare sé stesso, soprattutto quando incontra Luigi Poggi, che libera i suoi istinti. Quest’ultimo, interpretato da un convincente e centrato Giuseppe Maggio, il cui ruolo sembra calzargli a pennello, è un fotografo ambizioso e ambiguo, che è disposto a tutto pur di rimanere fedele a se stesso e non nascondersi.

La serie offre spunti di riflessione interessanti, soprattutto se si guarda all’oggi, a cosa è cambiato e cosa no. Gli episodi filano veloci e i piani narrativi si intrecciano in maniera fluida, seppur con qualche “già visto” di troppo, soprattutto nell’interazione familiare di genitori e figli. Fa sorridere, poi, la presenza dell'amico e confidente di Adelina, un prete, che quasi stride con quella cornice a luci rosse, nella quale nonostante tutto riesce a muoversi benissimo. L’ultimo episodio lascia in sospeso vari punti di racconto che fanno pensare ad una nuova stagione della serie e, d’altra parte, sarebbe un’occasione per continuare a raccontare una storia che, magari, in pochi conoscono e che ci mostra come c'è sempre bisogno di qualcuno che trovi il coraggio di sparigliare le carte, anche quando sembra tutto prestabilito, anche quando non c'è possibilità di uscire fuori dai confini conosciuti, perché è proprio in quel momento che, invece, bisogna abbattere tutte le barriere e sdoganare ciò che prima era impensabile, come rendere la donna protagonista, ma non sottomessa, tra le pagine di una rivista eroica maschile.