Rissa tv tra Tommaso Cerno e Angelo d’Orsi: “Fascistello”, “La chiamo per cognome, Cerno è un insulto”

Lo sgombero di Askatasuna ha acceso gli animi non solo in piazza, ma anche negli studi televisivi. Nella giornata di giovedì 18 novembre, dopo 29 anni di occupazione, lo stabile di corso Regina Margherita è finito sotto sigilli. Cinque attivisti vivevano in un edificio dichiarato inagibile. Il ripristino della legalità, secondo lo Stato. Un'operazione repressiva, secondo chi difende il centro sociale.
Due giorni dopo, sabato pomeriggio, Torino è diventata teatro di guerriglia urbana. Il corteo organizzato per protestare contro lo sgombero si è trasformato in battaglia campale: bottiglie, bombe carta artigianali, pietre e fuochi d'artificio contro gli agenti. Barricate di cassonetti incendiati, idranti, lacrimogeni, cariche. Undici poliziotti feriti solo nella giornata di sabato, dieci già il giorno dello sgombero. Ma è in televisione che lo scontro ha assunto contorni ancora più violenti, almeno dal punto di vista dialettico. Protagonisti: il direttore del Giornale, Tommaso Cerno, e lo storico e filosofo Angelo d'Orsi.
Lo scontro in diretta a Quarta Repubblica
Durante la puntata di Quarta Repubblica, il direttore del Giornale Tommaso Cerno e il professor Angelo D'Orsi, membro del comitato di garanzia di Askatasuna, si sono affrontati senza esclusione di colpi. Il professore ha difeso il centro sociale minimizzando trent'anni di violenze, riducendole a episodi marginali rispetto alle presunte attività culturali svolte nel quartiere.
Il punto di rottura arriva quando D'Orsi tenta di interrompere il direttore. La reazione di Cerno è fulminante: "Fascistello, che fa star zitto e parla solo lei, sa tutto lei. Lei e questa convenzione del Comune. Vada a lucidare le molotov". Cerno ricostruisce il senso dell'operazione delle forze dell'ordine partendo da un principio semplice: "Finalmente lo Stato ha ripristinato la legalità in un Paese dove lo spazio si occupa attraverso l'affitto, attraverso l'acquisto, attraverso una convenzione pubblica. Dove tu in cambio di qualcosa dai qualcos'altro".
Poi allarga il discorso: "Ci sono migliaia di associazioni in Italia che non hanno una sede e la cercano da molto tempo, affidandosi alla capacità di singole persone. Contro, invece, gruppi fanatici che mettono insieme extraparlamentari di sinistra, anarchici, fanatici".
Il direttore insiste sul tema dell'uso strumentale delle libertà democratiche: "Ci sono predicatori, ce n'è uno al giorno, che utilizzano le maglie della democrazia trasformando il luogo delle libertà nel luogo dove si può fare qualunque cosa. Quindi ripristino della legalità. Il mio ringraziamento va alle forze dell'ordine che fanno una fatica enorme perché in queste piazze c'è il tentativo di provocare, si va lì per scatenare la violenza".
"Guerriglia di delinquenti, non un parco giochi di intellettuali"
L'affondo finale di Cerno smonta la narrazione romantica costruita attorno ad Askatasuna: "È troppo professore per non sapere che sono trent'anni che in Val di Susa ci sono i campi militari per organizzare questa roba, che questa è gente armata, collegata ad altri centri sociali di gente armata che fa la guerriglia di mestiere. Prima di andare in piazza a Torino hanno dichiarato cosa avrebbero fatto. E la politica che è andata lì ha dimostrato che quei partiti appoggiano quella violenza".
Poi l'attacco diretto a D'Orsi: "A me fa orrore che lei abbia descritto come un parco giochi di bambini e intellettuali che cercano di fare le lezioni peripatetiche di Aristotele quello che ho visto io. Quello che ho visto io è guerriglia di delinquenti e quello che vedo in studio è un professore che li difende".
L'attacco di d'Orsi: "La insulto col suo cognome"
Nella rissa tv, il professor d'Orsi è più raffinato e pratico: "Io la chiamo Cerno. La insulto col suo cognome, Cerno! Cerno! Cerno!". In un meccanismo ripetitivo che ha ricordato lo Sgarbi dei tempi migliori.