Eva Grimaldi: “Ho rischiato la vita per una mastoplastica, sono rimasta con un solo seno per un anno”

Nel salotto de La Volta Buona, Eva Grimaldi racconta la brutta esperienza con la chirurgia estetica. Dopo diversi interventi per aumentare il seno, una protesi fece infezione ma il medico non seppe intervenire adeguatamente: "Avevo 42 di febbre, ero mezza morta".
Il racconto di Eva Grimaldi
L’attrice ha voluto ripercorrere la sua esperienza personale con la chirurgia estetica, raccontando come negli anni Ottanta e Novanta l’immagine della donna fosse fortemente legata a un ideale di femminilità esuberante. All’epoca, spiega, “avere un seno prosperoso era importante”. Lei, che portava la taglia zero, decise di sottoporsi a un primo intervento all’età di 26 anni, passando alla seconda misura. Nel tempo ne seguirono altri due, fino ad arrivare alla quarta. Non tutto, però, andò come previsto. Durante il terzo intervento, una delle protesi si infettò e l’operazione si trasformò in un percorso difficile. L’attrice racconta di essersi affidata a un medico molto conosciuto, ma che, di fronte alle complicazioni, non riuscì a gestire bene la situazione. Invece di rimuovere la protesi infetta e procedere con una pulizia chirurgica, le fu inserita subito una nuova protesi, che nel giro di poche ore provocò un forte gonfiore e febbre alta: “Il seno si era gonfiato di siero, quasi sette litri”, ricorda.
"Per un anno, rimasta con un solo seno"
Costretta a tornare nuovamente in sala operatoria, visse momenti di grande paura. Uno dei colleghi del chirurgo, racconta, arrivò persino a contattare il suo agente per comunicare che doveva essere effettuato un test per l’Hiv, un dettaglio che la sconvolse perché, spiega, “quando si va in sala operatoria questi esami si devono già fare”. A risolvere la situazione fu poi un altro specialista, che riuscì a sistemare il problema, anche se per un anno l’attrice rimase con un solo seno. Un’esperienza che, a distanza di tempo, considera una lezione importante: la chirurgia estetica può aiutare, ma richiede consapevolezza, competenza medica e la capacità di affrontare i rischi da parte dei medici a cui ci si affida.