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Da Gianluca Vacchi a Luigi Strangis, è giusto che Domenica In promuova la concorrenza?

Quello di Mara Venier si conferma un programma senza frontiere in cui, per la riuscita del prodotto, si promuovono documentari di Amazon Prime Video e vincitori dei talent Mediaset. Niente lo vieta, ma se la Rai di questi tempi si pone il problema di linee guida sugli ospiti dei talk show, perché non allargare il campo anche all’intrattenimento?
A cura di Andrea Parrella
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Domenica In è tornata ad essere una colonna imprescindibile di Rai1 negli ultimi anni. Con il rientro di Mara Venier alla guida del programma, il contenitore pomeridiano della domenica ha riacquisito la sua sacralità, grazie ad uno stile di conduzione riconoscibile e alla capacità della presentatrice di animare un salotto familiare e indiscutibilmente popolare, incameratore di storie e interviste di ogni tipo. Un luogo televisivo senza frontiere, in cui il racconto e la promozione si mescolano in un flusso coerente con il tono di voce della trasmissione.

Al netto del successo c'è un tema di discussione che si presenta con frequenza ed ha a che fare proprio con la promozione, spesso riguardante volti e prodotti esterni alla Rai. Un esempio emblematico, e non isolato, è quello di domenica 22 maggio, quando in una sola puntata la conduttrice ha avuto come ospiti in studio prima Gianluca Vacchi, chiamato a presentare il documentario sulla sua vita che sarà disponibile su Amazon Prime Video, poi Luigi Strangis, vincitore dell'ultima edizione di Amici.

Non solo Domenica In

Nulla di insolito, va detto, perché non c'è regolamento che vieti ospitate di questo tipo ed è innegabile che per un programma come quello di Venier avere nomi come Vacchi e Strangis, di evidente e diversa fama, rappresenti un'occasione per diversificare il pubblico e raggiungere obiettivi di ascolti che fanno da traino all'intera giornata domenicale della prima rete. Va anche sottolineato che Venier non è la sola ad accogliere la promozione di prodotti che non provengono dalla galassia Rai, se consideriamo, solo a titolo di esempio, che un altro programma come Che Tempo Che Fa di Fabio Fazio finisce spesso al centro del dibattito per la stessa ragione (recente è il caso di Virginia Raffaele e Corrado Guzzanti ospiti per parlare di LOL 2, sempre su Amazon Prime Video).

Il confine sottile tra servizio pubblico e realtà commerciale

Nessuna accusa, dunque, trattandosi di due tra i titoli più identitari dell'azienda di questi anni. Il tema, tuttavia, resta. La Rai dovrebbe adottare politiche aziendaliste per tutelare i propri prodotti e non favorire la concorrenza con assist promozionali decisamente vantaggiosi, oppure in quanto servizio pubblico, chiamata a rappresentare la realtà nazionale, deve conservare un approccio di apertura che rischia, allo stesso tempo, di determinare distorsioni, contraddizioni e reazioni da due pesi e due misure a seconda dei casi e della "tutela" di cui godono conduttrici e conduttori?

La domanda resta aperta e non è di facile soluzione, ma è lecita, soprattuto in considerazione del tempo che stiamo vivendo, quello in cui nei corridoi dell'azienda e tra gli scranni della Commissione di vigilanza Rai si ragiona di possibili linee guida e criteri che regolino il flusso di ospiti nei varii talk show politici dopo il caso Orsini. La radice della questione in tal caso non è politica ma, giusta o sbagliata che sia la battaglia sul regolamento per la scelta degli ospiti, non sarebbe sensato allargare il dibattito anche all'ambito dell'intrattenimento?

Fiumi di domande, spesso senza risposte. In fondo è la storia della Rai, un'azienda complessa in cui l'anima di servizio pubblico e quella commerciale convivono in un clima di promiscuità che comporta storture difficilmente "regolabili" dall'alto e per questo sempre all'ordine del giorno.

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