Bruganelli e l’aborto: “Bonolis disse che non era pronto, per me diventò un’ossessione. Vedevo carrozzine ovunque”

Sonia Bruganelli ha aperto la puntata di Verissimo di domenica 19 ottobre. Nello studio di Silvia Toffanin, la produttrice e opinionista ha raccontato aspetti delicati della sua vita privata, dagli attacchi di panico, alla scelta di abortire presa insieme a Paolo Bonolis quando aveva solo 24 anni.
Il racconto dell'aborto di Sonia Bruganelli
Durante l’intervista, Bruganelli è tornata indietro a quando lei e Bonolis stavano insieme da poco più di un anno. A 24 anni scoprì di essere incinta, ma lui non si sentiva pronto. “Lui non era pronto, quindi scegliemmo la strada dell'aborto”, ha raccontato. “Dico scegliemmo perché da sola non ero in grado. Mia madre mi disse che se avessi voluto, loro ci sarebbero stati, ma io non volevo un figlio, volevo un figlio di un progetto condiviso. Quello non era il nostro caso e scelsi di non fare quel viaggio da sola e investire sulla nostra storia”.
Una decisione che, col tempo, ha lasciato segni profondi. “Sono stata fisicamente forte, ma ci sono lutti che ti porti avanti. Col passare del tempo ho fatto una rincorsa per riprendermi quel bambino, perché se non voleva quella cosa non voleva me. Poi è diventata un’ossessione: vedevo carrozzine ovunque”, ha ammesso. Quella scelta finì inevitabilmente per creare distanza all'interno della coppia. Quando scelsero di riprovare ad avere un bambino, la gravidanza non arrivava. Dopo un po' arrivò Silvia, la loro primogenita, che nacque con una cardiopatia congenita. Questa condizione richiese un intervento chirurgico al cuore appena dopo la nascita, che le causò un'ipossia cerebrale: “Tutto quello che abbiamo vissuto ci tiene uniti ancora oggi, ma col tempo la coppia ne ha risentito”.
Gli attacchi di panico e la difficoltà di sentirsi all’altezza
Dopo la nascita dei tre figli, Bruganelli ha spiegato di aver vissuto momenti di grande fragilità. Voleva dimostrare a se stessa di essere una madre capace, dopo aver faticato ad accettare la disabilità della primogenita Silvia. Quindi, decise di partire con suo figlio Davide e Paolo, loro tre da soli, ma fu in quel viaggio che ebbe il suo primo attacco di panico: “Quando ci sono state le prime difficoltà, come il jet lag o il bambino che piangeva, mi sentivo morire. Una mancanza d’aria terribile, finché il medico mi disse che stavo avendo un attacco di panico”. L’episodio la segnò a lungo, ma oggi dice di aver imparato a gestire l’ansia: “Sono andata da uno psicologo e in un anno sono riuscita a destrutturarla. Quando oggi mi torna, la gestisco con il respiro. Ho imparato a non combatterla, ma a cavalcarla”.