
Se la notizia di una canzone di Andrea Bocelli e Jannik Sinner è tra quelle che tra vent'anni ricorderemo con simpatia negli almanacchi delle trovate commerciali più bizzarre di questo decennio, oggi non possiamo che osservarla con espressione stranita, non capendone minimamente la ragione, il senso, il fine ultimo e il presupposto artistico. Perché sì, l'aneddoto sull'amicizia tra i due nata sui campi da tennis può essere un tentativo di giustificazione, che però non riesce di certo a svolgere il suo dovere fino in fondo.
Posto che ognuno sia libero di fare ciò che vuole, quella di Polvere e gloria è un'operazione che risulta particolarmente infelice per Sinner. Non tanto per la coincidenza con il momento delicato di stagione che sta vivendo – reduce dalla scottante sconfitta con Alcaraz al Roland Garros e quella con Bublik ad Halle – quanto per la comparazione di questa scelta con altre prese in passato. Si parla quindi di strategie di comunicazione, di cosa un atleta, in questo momento tra i più popolari in Italia e nel mondo, decida di restituire di sé all'esterno.
Il caso del no ad Amadeus per andare a Sanremo
Molti ricorderanno che la scalata di Sinner ai vertici del tennis mondiale era coincisa con una vicenda molto discussa, legata alla sua mancata partecipazione a Sanremo. Fattore secondario per il suo tennis, indubbiamente, che aveva però dettato una traiettoria comunicativa precisa dell'atleta. Il suo no ad Amadeus dopo la vittoria agli Australian Open, il primo slam della sua carriera, si era inserita nello spazio preciso del no al nazionalpopolare. Una decisione che, forse involontariamente, aveva inorgoglito tutti gli appassionati di tennis della prima ora che rivendicavano l'attenzione per quello sport anche prima della star italiana in grado di fare da megafono per una disciplina secondaria. A questo antipopulismo si era aggiunto persino il presidente federale Binaghi, che aveva parlato chiaramente di delusione qualora il tennista avesse deciso di accettare l'invito di Amadeus.
Perché Sinner così ci disorienta
Cosa può essere accaduto da allora ad oggi da spostare così tanto l'ago della bilancia e convincere Sinner a dire sì a un singolo con Andrea Bocelli? Probabilmente nulla, l'atleta avrà scelto con la stessa naturalezza con cui quasi due anni fa si era sentito di dire no all'idea di salire per qualche minuto sul palco dell'evento più seguito dell'anno. Le scelte di Sinner, in sé, in fondo non contano. Conta però l'effetto che queste determinano, il rumore che provocano indipendentemente dalla volontà di chi le prende. E quella di una canzone con Bocelli, che negli a venire tornerà utile come termine di paragone per spiegare il concetto di cringe, sinonimo di imbarazzo, certamente fa un effetto strano. È un'operazione fondamentalmente irrilevante dal punto di vista sportivo, diciamolo, che non influirà di certo sul suo talento, sulla reattività in campo, né sul suo gioco a rete, ma che disorienta perché risulta un'anomala incongruenza rispetto a quello che Sinner ci aveva detto di voler essere. Anzi, con un pizzico di malizia si potrebbe arrivare a pensare che quella del no a Sanremo sia stata una decisione molto più strategicamente antipopulista di quanto ingenua potesse apparire.
