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Il caso Bova-Ceretti

Caso Raoul Bova, l’attore deposita il marchio “occhi spaccanti”: “Un modo per fare cessare la diffusione degli audio”

L’attore ha depositato due richieste di registrazione presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. La sua avvocata ha spiegato perché.
A cura di Daniela Seclì
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La vicenda che ha visto suo malgrado protagonista Raoul Bova si arricchisce di un nuovo tassello. L'attore è finito nella bufera mediatica dopo che Fabrizio Corona ha diffuso il contenuto di messaggi e vocali che il cinquantatreenne avrebbe inviato alla modella Martina Ceretti. Alcuni estratti sono diventati virali e si sono trasformati in meme. Raoul Bova si è affidato all'avvocata Annamaria Bernardini De Pace per denunciare il ricatto che avrebbe subito: richieste economiche in cambio della mancata diffusione delle sue chat. In queste ore, secondo AdnKronos, avrebbe anche depositato il marchio "Occhi spaccanti" (una delle frasi contenute nei vocali e diventata tormentone, ndr). L'intento è quello di frenare la diffusione dell'audio.

Raoul Bova ha depositato il marchio "occhi spaccanti"

Secondo quanto sostiene AdnKronos, lo scorso 5 agosto, Raoul Bova avrebbe tentato un'altra strada per provare a mettere un freno alla diffusione del contenuto dei messaggi vocali a lui attribuiti da Fabrizio Corona. Tramite l'avvocata Michela Carlo dello studio Bernardini De Pace, avrebbe depositato presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy due richieste di registrazione. In particolare, l'attore avrebbe depositato il marchio sia della frase "occhi spaccanti", sia la versione integrale: "Buongiorno essere speciale, dal sorriso meraviglioso e dagli occhi spaccanti". Al momento, la richiesta sarebbe ancora in una fase di valutazione.

Il motivo della decisione dell'attore: parla la sua avvocata

Le domande depositate da Raoul Bova andrebbero a coprire un'ampia gamma di settori, che vanno dall'abbigliamento alla cartoleria fino ai cosmetici. Se la sua richiesta venisse accettata, scatterebbero delle limitazioni all'uso per fini commerciali della frase che è diventata purtroppo un tormentone. L'avvocata Michela Carlo, raggiunta da AdnKronos, ha spiegato perché Raoul Bova ha deciso di provare a depositare il marchio "occhi spaccanti": "È semplicemente un modo, come tanti, per far cessare la diffusione dei video".

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