Ambra Angiolini e la bulimia: “All’ultima puntata di Non è la Rai il picco della malattia, ero una ragazzina”

A trent’anni dall’ultima puntata di Non è la Rai, Ambra Angiolini torna a parlare con sincerità disarmante della bulimia, la malattia che l’ha colpita nel pieno del successo e dell’adolescenza. Oggi, a 48 anni, l’attrice e conduttrice ha trovato una nuova consapevolezza: quel disturbo alimentare è diventato per lei “una forma di coscienza, un modo di sentire il mondo”. Dal palco del Giffoni Film Festival, Ambra ha voluto condividere questa parte della sua storia con i più giovani, in occasione della futura trasposizione cinematografica di InFame, il libro autobiografico in cui ha raccontato il suo difficile rapporto con il cibo, il corpo e la notorietà.
Il successo e il dolore: “La malattia scoperta in aeroporto”
Era giovanissima quando divenne un fenomeno mediatico con Non è la Rai. Ma dietro la spavalderia del personaggio televisivo, si nascondeva una ragazza che non riusciva a gestire la pressione. “Mi sentivo strana ma funzionavo, avevo successo”, racconta Angiolini. La consapevolezza della malattia arrivò per caso, tra gli scaffali di un aeroporto, leggendo le prime righe di Tutto il pane del mondo di Fabiola De Clercq: “Vomito tutto quello che mangio”. Fu una scossa. Comprò il libro e capì di dover dare un nome al suo disagio.
Nel frattempo, il mondo la osservava e giudicava anche attraverso i cambiamenti fisici: “In Rai andò in onda un servizio in cui mi definivano ‘generazione XXL’”, ricorda con amarezza. E mentre le sue frasi venivano analizzate da sociologi e giornalisti, lei confessava a malapena di saper usare i congiuntivi. “Li sbagliavo”, dice oggi con un sorriso amaro. E rievoca un episodio in diretta, con Gianni Boncompagni che ironizzava sul suo italiano mentre mangiava una brioche. “Era tenero e crudele insieme. Ma alla fine ridevamo. Non c’erano i social. Altrimenti sarei stata distrutta”. “Il momento più difficile? Se guarda l’ultima puntata di Non è la Rai, ero nel pieno della malattia", aggiunge Ambra, specificando: "Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva”.

Dal dolore al racconto: il film tratto da InFame e il lavoro condiviso con Renga
Oggi Ambra non solo convive con quella parte di sé, ma ha deciso di trasformarla in arte. Sta infatti scrivendo personalmente la sceneggiatura del film tratto da InFame, su richiesta del produttore Roberto Proia. Sarà una commedia “irriverente, con la vela e l’ironia sempre accese”, dice. Una storia personale e profonda, che parla a chi si sente perso e crede di non poter guarire. “Quando l’ho scritto, ho capito quanto fosse tragicomico, e a tratti pericoloso, ciò che avevo vissuto. Ora, con la giusta distanza, mi rendo conto che è uno sguardo utile anche per gli altri”, spiega. Non sarà lei l’attrice protagonista, ma potrebbe firmarne la regia. Il lavoro creativo è condiviso con l’ex compagno e padre dei suoi figli, Francesco Renga, con cui mantiene un rapporto di stima e confronto: “Gli mando tutto di notte. Abbiamo un bellissimo scambio di idee”.