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Renzo Arbore: “Tra Quelli della notte e Indietro Tutta oggi saprei quale scegliere. La Tv attuale ripete se stessa”

Renzo Arbore si racconta a Fanpage, a 40 anni dalla partenza di Quelli della notte, che in sole 32 puntate cambiò la Tv: “Ho sempre fatto così, per non ripetermi”. Lo sguardo sulla Tv di oggi: “De Martino mio erede? Siamo amici, ma diversi”.
A cura di Andrea Parrella
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Andrà in onda mercoledì 18 giugno, alle 21.15 su RaiCinque "Quelli della notte… in cattedra", special televisivo dedicato allo spettacolo che ha rivoluzionato il varietà in Italia, per il 40esimo anniversario dalla partenza di quell'esperienza televisiva senza precedenti. "Un laboratorio, un fenomeno irripetibile", racconta Renzo Arbore a Fanpage, ripercorrendo la genesi e gli sviluppi di un miracolo televisivo rimasto nella storia e durato solo 32 puntate: "Il contrario di quello che fa la Tv oggi che, una volta individuata la cosa che funziona va avanti così". Un'intervista in cui Arbore anche sul suo erede designato Stefano De Martino: "Siamo amici, sta avendo un grande successo, ma abbiamo uno stile differente". Proprio in relazione al ripetersi, per De Martino ha un consiglio rispetto alla prosecuzione a STEP, al centro del dibattito delle ultime settimane. Ripercorrendo la sua carriera gloriosa, Arbore ragiona con Fanpage dei suoi principali successi televisivi, mettendoli a paragone: "Tra Quelli della notte e Indietro Tutta oggi saprei cosa scegliere".

Il 18 giugno andrà in onda Quelli della notte in cattedra, lo speciale dedicato ai 40 anni di un programma che ha fatto storia. In un libro di quegli anni tu ringraziavi chi si era fatto prendere in giro, sottolineando l'insostituibile leggerezza dello scherzo. Sono stati gli scherzi la base di quel programma?

Non proprio. Io venivo da un successo strepitoso che era Cari amici vicini e lontani, fatto nell'ottobre dell'84, cinque puntate che tra l'altro andranno in onda dal 10 luglio su Rai 3. Quel programma faceva 18 milioni di telespettatori ed era la prima trasmissione nostalgia della Tv, fatta da me che avevo fatto sempre programmi per giovani. Quel successo mi spaventò perché temevo di rimanere legato alla nostalgia, lo sguardo al passato. Allora andai da Giovanni Minoli, allora direttore, dicendogli: "Voglio fare un programma pericolosissimo, ma assolutamente nuovo. Voglio tirare tardi e fare quello che facciamo a casa di sera tra amici, conversazioni stupide e senza senso, orchestrine e canzoni".

Quello spirito che c'era nel programma pareva qualcosa di assolutamente naturale. Non c'è stata alcuna preparazione?

Il contrario: li ho catechizzati per una settimana intera, dicendo loro cosa dovessero fare in tutto e per tutto. Poi per un mese ci siamo buttati letteralmente a fare questa rivoluzione senza né arte né parte, senza scrivere un rigo, soltanto avendo individuato.

C'erano alto e basso che si incontravano, il no sense di Frassica, la banalità voluta di Catalano.

Non era un programma, era una jam session.

Di Pazzaglia che ricordi hai?

I grandi umoristi per me rimangono tre: Mario Marenco, Paolo Villaggio e Riccardo Pazzaglia. Riccardo è stato certamente, oltre che un grande autore di canzoni con Modugno, un umorista di livello incredibile. Aveva questo difetto di essere modesto nella vita. Una volta mi invitò nel suo ufficio, che si trovava in una ex casa di tolleranza a Roma, in una delle stanze delle prostitute: "Io vengo a lavorare qua", diceva come forma di ironia verso la situazione, quella di lavorare in un posto dove aveva lavorato in un altro senso una gentil donna. Riccardo è una personalità che ogni tanto andrebbe rivisitata a Napoli. Era condomino di Boncompagni, che a volte mi raccontava riunioni di condominio in cui inventava cose incredibili per combattere la noia. Scriveva su un giornale, pagato pochissimo, ho dovuto forzarlo per farlo apparire.

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Di Quelli della notte resta memorabile la durata, solo 32 puntate per cambiare la Tv.

Il contrario di quello che fa alla televisione oggi, ripetere se stessa. Una volta individuata la cosa che funziona si va avanti così. Ecco, io invece no, ho fatto tutti i programmi di autore. Ho fatto televisione ragionando da regista.

Hai sempre avuto questa frenesia del dover passare a una nuova idea, che è un po' la ragione per la quale i tuoi progetti duravano poco. 

Ho sempre fatto così perché un grande successo non poteva che cominciare, prima o poi, a decadere.

Parlando dell'oggi, De Martino è considerato come un tuo erede.. 

Stefano è bravissimo, è un mio ammiratore, io gli voglio bene perché vedo che sta oltretutto salvando la Rai in termini di ascolti. Un programma come Affari Tuoi è una formula eterna che funziona sempre, ma conta anche lo spirito con la quale la conduci, lui lo sta arricchendo ogni settimana con piccole cose, da Gennarino alla pietanza tipica.

Proprio De Martino è al centro del dibattito per questa sua volontà di lasciare STEP all'apice del successo, anche se si parla di una riconferma per l'anno prossimo. Tu cosa gli consiglieresti?

Lì ho qualche dubbio sul continuare, perché a lui sta andando tutto molto bene ed è destinato a proseguire con programmi brillanti, magari anche tradizionali, Sanremo su tutti. Non so se gli consiglierei lo stesso percorso che ho fatto io, siamo amici, ma l'approccio alla conduzione è molto diverso da quello che avevo io.

In definitiva te lo saresti mai aspettato di fare la storia con un programma da 30 puntate?

Non pensavo di fare la storia, ero impressionato dalla risonanza generale. Con Quelli della notte ho capito che non è importante fare un boom di ascolti, ma accontentare un pubblico scelto che può essere di ogni categoria sociale. Era élite di tutti i tipi, anche se può sembrare un controsenso, avevamo un pubblico trasversale, in cui c'erano persone comuni, ma anche Umberto Eco.

Quando è finito come è andata?

Mi sono spaventato un'altra volta perché ho detto "E mò Che faccio?". I latini dicono "Nec bis in idem", mai ripetere due volte la stessa cosa e così ho fatto. Mi sono inventato Indietro Tutta con Alfredo Cerruti e Arnaldo Santoro.

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Dovendo scegliere tra Quelli della notte e Indietro tutta, quale ha una marcia in più?

Devo dire la verità, guardandola a ritroso oggi penso Indietro tutta. È più luccicante, girato meglio. Indietro tutto era un programma, Quelli della notte è un fenomeno, un laboratorio di personaggi irripetibili, pensiamo a cosa faceva lì con noi Roberto D'Agostino.

"Mi vergogno degli scherzi fatti ora che ho raggiunto l'età della ragione", dicevi in quel libro di Quelli della notte citato all'inizio. Questa età della ragione poi l'hai raggiunta veramente e, soprattutto, in che consiste l'età della ragione?.

Lo dicevo come alibi, perché fortunatamente non ho raggiunto mai l'età della ragione. Ancora oggi vengo incuriosito da tutto ciò che è strano e perseguito le stranezze.

L'ultima stranezza fatta?

Quando ho capito dopo Indietro tutta che non potevo fare il terzo successo clamoroso, se non dopo 20 anni. Mi sono detto "E mo' che faccio?".

La risposta?

Rilancio le canzoni napoletane classiche che mi piacciono tanto e che faccio a casa mia con i miei amici jazzisti. Con l'Orchestra Italiana doveva durare 2 anni, io invece l'ho fatta durare 30 anni.

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