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Matilda Lutz: “La terapia mi ha salvata dagli attacchi di panico. Quando posso porto mio figlio sul set”

Matilda Lutz interpreta la brigantessa Michelina di Cesare nella nuova serie Netflix Briganti. “Abbiamo la stessa determinazione, anche io mi batto molto per gli ideali in cui credo, lotto per essere libera”, ha raccontato a Fanpage.it. Negli anni si è fatta conoscere dal pubblico grazie a diversi ruoli in film horror, come The Ring 3. Anche se, confessa: “Sono una fifona, non li guardo. Mi spaventa il periodo storico e politico in cui siamo”.
A cura di Elisabetta Murina
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Non sognava di fare l'attrice, ma quando si è avvicinata per la prima volta a questo mondo si è sentita subito al posto giusto. "Recitare mi fa sentire libera", ha raccontato Matilda Lutz a Fanpage.it. Madre modella, padre americano di professione fotografo, negli anni si è fatta spazio sul grande schermo grazie a importanti ruoli in film horror, da quello di Julia in The Ring 3 a quello di Ava in Cut! Zombi contro zombi, passando per L'estate addosso di Gabriele Muccino, incontrato per caso nel ristorante in cui lavorava a Los Angeles.

Oggi interpreta la brigantessa Michelina di Cesare nella nuova serie Netflix Briganti, disponibile dal 23 aprile. E forse non è un caso che il suo personaggio sia proprio il simbolo della libertà, che guiderà il popolo verso la liberazione degli oppressori del Sud Italia nel post Unità. "Mi sono preparata provando combattimenti a cavallo ed è stata una sfida, non avevo mai fatto equitazione", ha confessato.

Michelina Di Cesare è una donna leader, coraggiosa, che combatte per quello in cui crede. Ti rivedi in lei?

Abbiamo la stessa determinazione e anche io mi batto molto per gli ideali in cui credo. Questi lati di Michelina mi hanno affascinata fin dalla lettura della sceneggiatura, così come il suo prendersi la responsabilità di convincere un intero popolo a lottare per la libertà, in un'epoca in cui le donne, di libertà, ne avevano poca.

Il tuo personaggio è infatti il simbolo della lotta per la libertà dagli oppressori del Sud Italia. Nel 2024 invece per cosa credi che una donna debba lottare? 

Sicuramente per la parità dei sessi, in Italia c'è ancora tanto lavoro da fare. Ci sono stati dei passi in avanti, ma è un cambiamento che ancora richiede molto tempo. In generale credo che le battaglie partano soprattutto dal nostro cerchio ristretto di persone. Quando si parla di certi argomenti, magari a una cena con amici, molto spesso vengono dati giudizi superficiali sulle donne perché c'è ancora una mentalità patriarcale. Io non sono una persona che sta zitta e quindi dico la mia, faccio i primi passi. Poi, facendo l'attrice e avendo un seguito, capisco di avere anche una responsabilità nei confronti delle persone che mi seguono.

Ti è mai capitato di non sentirti libera e di dover lottare per esserlo?

Ancora oggi lotto per essere libera perché ci sono molti stereotipi, ad esempio il fatto di essere madre. Io sono prima di tutto una donna, sono un'attrice e poi sono anche madre. Se lascio mio figlio a casa per lavoro, mi viene chiesto ‘ma con chi lasci tuo figlio?', mentre al padre non viene detto nulla. Questa è una delle battaglie che cerco di portare avanti, sempre in modo educato. Poi c'è quella che riguarda lo stereotipo della psicoterapia.

Cioè?

Per un periodo della mia vita ho avuto attacchi di panico molto forti. Avevo diversi pregiudizi su me stessa e ogni volta che facevo qualcosa che non avevo voglia di fare, mi veniva l'ansia, che poi si trasformava in panico. La terapia è stata la salvezza, mi ha aiutata tantissimo non solo a curare i sintomi, ma anche a capirne l'origine. Ho avuto amici a cui consigliavo di andare dallo psicologo e mi rispondevano "paghi una persona per sentirti dire quello che vuoi" oppure ‘sto bene, non sono pazzo". E questo fa capire che ci sono ancora tanti passi in avanti da fare, io nel mio piccolo sto cercando di far capire l'importanza della salute mentale.

Matilda Lutz in Briganti (Credit Francesco Berardinelli- Netflix)
Matilda Lutz in Briganti (Credit Francesco Berardinelli- Netflix)

Per Red Sonja hai messo su chili di muscoli, per questo ruolo invece come ti sei preparata?

Per Michelina ho fatto un grande lavoro fisico e psicologico. Mi sono preparata con il cast provando combattimenti a cavallo per un mese ed è stata una grande sfida perché non avevo mai fatto equitazione. Poi mi sono informata il più possibile sulla storia del personaggio, letto libri e cercato video per documentarmi.

I tuoi studi in psicologia ti hanno aiutata?

Sì, decisamente. Nel caso di Michelina mi sono chiesta perché decida di convincere un popolo a seguirla, ma nello stesso tempo abbia molte insicurezze dal momento che con le sue azioni mette a rischio la vita delle persone. Penso che potrei lavorare all'infinito su un personaggio, ogni volta che finisco un progetto mi dico "Cavolo, potevo farlo diversamente". Sono un'eterna insicura.

The Ring, A Classic Horror Story, Cut! Zombi contro Zombi. L’horror sembra non abbandonarti mai: una casualità o una scelta?

Un pò tutte e due. Inizialmente è stata una casualità, mi ero trasferita negli Stati Uniti, avevo incontrato il mio manager che mi aveva fatto fare un provino per The Ring e sono stata presa. Quello è successo un po' per caso. Poi sono anche una fifona, non è che guardassi troppi film horror, però devo dire che alla fine ho scoperto un vero divertimento nel fare questo genere, perché sul set fai cose che nella vita vera non faresti mai.

Ad esempio? 

Il fatto di urlare e scappare, poi tutta la parte di trasformazione fisica nel personaggio. Anche vedere gli effetti speciali è affascinante, come Samara di The Ring che esce dal pozzo.

Avendo fatto diversi film horror, non c'è il rischio di rimanere ‘etichettata' in questo genere?

Quando interpreti un ruolo, purtroppo o per fortuna, le persone poi ti associano a quello. Mi sono stati proposti molti film horror, a cui ho detto tanti no. Ho cercato di fare scelte pensate, ad esempio Revenge era il film di una regista che mi affascinava molto, sia come donna che come artista, un personaggio totalmente diverso da quello di The Ring. Per me contano la regia, la sceneggiatura, il gruppo di lavoro, più che il genere del film.

Lontano dal set e dal tuo lavoro, c'è qualcosa che ti spaventa?

In questo momento mi spaventa il periodo politico e storico in cui viviamo. Per il resto, non ho grandi paure, cerco di vivermi la giornata.

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Quando hai capito di voler fare l'attrice?

Non c'è stato un giorno in cui ho detto ‘voglio fare l'attrice', il primo approccio alla recitazione è avvenuto dopo il liceo, con un corso a New York. Mi ero trasferita per prendermi un anno di pausa e capire cosa mi appassionasse davvero. Ero molto timida e introversa e ho pensato che la recitazione potesse aiutarmi. Mi sono innamorata di quest'arte e della sensazione che mi dava. Mi sentivo libera, come se le persone giudicassero il personaggio che interpretato e non Matilda. Tornata in Italia, mentre studiavo psicologia, ho continuato a studiare anche recitazione ed è diventato il mio lavoro.

Quindi non lo sognavi fin da bambina?

Non mai stato un sogno, anzi, forse era la cosa che mi spaventava di più. Ero timida ed essere al centro dell'attenzione mi terrorizzava.

I primi passi li hai mossi come modella, eppure di recente ti sei definita ‘allergica' ai red carpet. 

In realtà non ho mai iniziato come modella, anche se viene spesso citato. I miei genitori lo erano, poi mio padre è diventato un fotografo e quindi scattavo qualche servizio con lui, ma non sono mai stata seguita da un'agenzia. Negli anni, fare la modella è stata una conseguenza dell'essere un'attrice anche se mi sembrava diverso perché era come se interpretassi un ruolo. Adesso sto imparando a vivere il red carpet con più leggerezza, come un modo per celebrare un progetto con il cast, anche se ancora mi sento osservata, come quando ti interrogavano a scuola e avevi tutti gli occhi puntati addosso.

Lavoravi come cameriera a Los Angeles e nel tuo ristorante un giorno entrò Gabriele Muccino. L’anno dopo sei diventata la protagonista del suo film L’estate Addosso. Credi nel destino? 

Credo che l'Universo abbia i mente un progetto per ognuno di noi e credo che possa aiutarci in molte situazioni. Ero una ragazza italiana arrivata a Los Angeles per fare recitazione e avevo trovato lavoro come cameriera in un ristorante. Un giorno mia mamma mi chiamò e mi disse di aver sentito Muccino parlare di un film con protagonista una ragazza italiana arrivata in America per inseguire il suo sogno. "Sembra scritto per te", furono le sue parole. Due giorni dopo, Gabriele (Muccino, ndr) e sua moglie vennero a mangiare al ristorante. Io non ebbi il coraggio di dire niente, però pensai che fosse un'incredibile coincidenza. Poi gli scrissi scritto un messaggio su Facebook raccontandogli tutti e lui mi rispose di incontrarci per un provino. Lo feci regolarmente e ottenni la parte.

Dicevi di essere stata travolta dalla maternità dopo la nascita di tuo figlio Oliver. Oggi come vivi l’essere madre?

Sono molto felice di essere madre, ci sono stati momenti difficili, non è tutto rose e fiori, soprattutto l'inizio, ma la cosa più bella è crescere insieme. Quando ero incinta pensavo a quante cose gli avrei insegnato, ma la verità è che anche lui insegna a me. Continuiamo a crescere insieme.

Lo hai portato sul set quando aveva pochi mesi. Ti è capitato di farlo altre volte?

Ogni volta che posso lo porto con me, sono esperienze incredibili per lui. Per l'ultimo film che ho girato eravamo in Messico e gli è piaciuto tantissimo.

Come gestisci i periodi di lontananza? 

Credo che siano più difficili per me che per lui i momenti di lontananza. Quando non siamo insieme è con il suo papà e io non ho dubbi nè preoccupazioni a lasciarlo con lui. È un bravissimo papà.

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