Martufello: “Il Bagaglino non tornerà più, la Banca d’Italia si è opposta. Il cinema non mi ha voluto, ma me la sono goduta”

Per qualcuno faceva satira, per altri era una semplice vignetta televisiva sui politici e sui personaggi in voga in quella fase storica. Ma per tutti, insindacabilmente, il Bagaglino è stato il simbolo di un’epoca, capace di raccogliere davanti ai televisori fino a 14 milioni di persone al sabato sera. E di quella banda Martufello è stato uno dei principali e più fedeli rappresentanti.
Nato a Sezze nel 1951, Fabrizio Maturani deve il suo nome d’arte ad un amico carrozziere: “Aveva fatto una strana mescolanza tra Fabrizio e Maturani – svela l’attore a Fanpage – è un soprannome che mi ha portato bene, tanto da viaggiare ancora con me. Poi, per dare maggiore tono alla storia, mi sono inventato che nell’antichità nel mio paese i bambini più vispi venivano chiamati Martufello. Non era vero, tutto è legato a questo mio amico. Manco lui sa come gli uscì fuori”.
Prima di scoprire il cabaret, la strada è stata lunga, piena di lavori mai approcciati con troppa convinzione. “Feci per un po’ di tempo il fornaio e, in seguito, il camionista. Ho sempre amato guidare, fin da ragazzetto. Una volta congedato dal servizio militare avevo la patente e iniziai a portare i Tir. Andai avanti per 6-7 mesi. Fu una bella esperienza”.
È vero che smise quando imboccò una strada contromano?
Confermo. Mi trovavo sull’Aurelia, di prima mattina. Il mio principale dormiva, quindi guidavo io. Ero al distributore di benzina e, ripartendo, mi immisi nella corsia sbagliata. Lui se ne accorse e mi urlò: ‘Ma ‘ndo cazzo vai?’. Quel giorno dissi basta. Però una cosa quel mestiere me l’ha lasciata.
Cosa?
Ogni volta che una macchina importante mi sorpassava, dentro di me dicevo: ‘Se un giorno farò i soldi, la comprerò’. Oh, me le so’ comprate tutte. Le auto sono una mia passione, assieme alle donne e ai vestiti. Non mi sono fatto mancare niente.
È sposato?
Sono andato all’altare due volte. La mia attuale moglie è ucraina. Stiamo insieme da ventidue anni. Mi ha sopportato per tutto questo tempo e l’ho sposata. Questo è un periodo delicato, a causa della guerra in corso. Le sorelle e i nipoti sono tuttora là. Speriamo si risolva tutto al più presto.
Parlava dei vestiti. In passato gestì anche una boutique.
Accadde da ragazzo. Non vendevo praticamente niente perché gli abiti li indossavo tutti io. Sembra una battuta, invece è tutto vero!
Fu Isabella Biagini ad avvicinarla al Bagaglino.
Feci un provino a casa sua. Cercava un giovane che raccontasse qualche storiella tra un cambio d’abito e l’altro e un impresario, che conoscevo, mi informò dell’opportunità. Feci con lei una tournée estiva e tra noi nacque pure l’amore.
A quel punto la presentò a Castellacci e Pingitore.
Sì, ma quando io e Isabella ci lasciammo me ne tornai al paese. Non avendo il telefono, lasciai a Pingitore il numero di un ristorante che frequentavo: ‘Mi chiami lì, per lei sarei disposto a fare anche il guardarobiere’. Dopo qualche giorno mi contattò e mi diede appuntamento a Roma. Per arrivarci mi feci addirittura prestare dei soldi, non avevo una lira. Ma da quell’istante cominciò tutto. Entrai al Bagaglino, rimanendoci praticamente per sempre.

Tanti spettacoli teatrali, fino all’approdo in televisione con “Biberon”.
Poco prima, assieme a Bombolo, avevo preso parte a ‘Per chi suona la campanella’. In quel caso ci esibimmo alla Rai di Torino, mentre ‘Biberon’ fu il primo spettacolo televisivo dal Salone Margherita. Andavamo in onda il mercoledì in seconda serata. Partivamo dopo la fine delle partite di Coppa, ma se si prolungavano ai supplementari poteva succedere di ritardare. Il boom si verificò lì e ci promossero in prime time, dove esplodemmo definitivamente.
Si diffuse la moda di cambiare ogni anno il titolo al programma. Come mai?
Doveva cambiare per forza. Gli attori erano quelli, il teatro idem, ma proponevamo testi diversi. Seguivamo l’attualità, non eravamo mai uguali a noi stessi. Si voleva dare un segnale di mutazione. Pensa che Pingitore, quando andavamo in diretta il sabato sera, stava incollato al telegiornale delle 20. Se subentrava qualche novità dell’ultima ora stravolgeva i copioni e veniva a consegnarceli modificati nei camerini. Era sempre sul pezzo.
Nel 1994 rompeste con la Rai e approdaste a Mediaset.
A cacciarci fu la Rai dei ‘professori’. Appena arrivati decisero di mandarci via, poi si ravvidero e facemmo ‘Bucce di Banana’. Al termine di quella stagione decidemmo tuttavia di accettare l’offerta di Canale 5, dove mantenemmo intatto il grande successo.
Era tutto in diretta, comprese le parentesi pubblicitarie.
Assolutamente sì. Se annunciavi una telepromozione, c’era il rischio che la gente cambiasse canale. Allora includemmo le pubblicità dentro alle scenette. Era un flusso continuativo, ci inserivamo dentro le battute e nessuno se ne accorgeva.
Avevate dei gobbi a supportarvi?
No, imparavamo tutto a memoria. Non c’erano aiuti.

La squadra era parecchio numerosa. Andavate tutti d’amore e d’accordo?
Il segreto di tutto sono stati Castellacci e Pingitore e poi quest’ultimo, dopo la scomparsa di Mario. Pier Francesco ha saputo tenere a bada un branco di attori che, senza di lui, si sarebbero di certo scannati. Sapeva distribuire pezzi e ruoli. Tra noi non c’è mai stata alcuna invidia e nessuno ha mai guardato in cagnesco l’altro.
C’è stato un periodo in cui l’Italia si fermava per assistere alle gag del Bagaglino.
Toccavamo i 13-14 milioni di ascolto e se un sabato totalizzavamo 500 mila spettatori in meno, ci incazzavamo. Oggi con 2,8 milioni ti guadagni le prime pagine dei giornali e strombazzano il successo. Eccolo il grande cambiamento. Purtroppo la televisione attuale sta sottovalutando una parte d’Italia, ossia quella degli over 40, che rappresentano il 70% della popolazione. Questo target non viene calcolato, lo stanno trascurando, così come non si bada a quei paesi abitati da persone anziane che avrebbero voglia di guardare altri programmi. Quelli proposti sono per i giovani e non si accorgono che i ragazzi ormai stanno soprattutto sui social.
L’appannamento del fenomeno Bagaglino personalmente lo identifico con “Saloon”, nel 2001. Tra l’altro, in quell’occasione lasciaste per la prima volta il Salone Margherita optando per Cinecittà.
Pingitore voleva realizzare un programma con un palcoscenico più spazioso e intendeva sfruttare le esterne. Facevamo il verso al ‘Grande Fratello’ e occorrevano luoghi ampi, che il Margherita non poteva fornirci. Allora andammo a Cinecittà.
In molti cominciarono a ritenere quella satira fuori epoca.
Quei molti non capivano nulla. La satira era sempre quella. Forse il problema stava nel fatto che i politici cominciavano a far più ridere dei comici, ma quella è un’altra storia. Una volta c’erano grandi figure, ora non è più così.
L’abbandono di Leo Gullotta e la morte di Oreste Lionello rappresentarono un’altra batosta.
La scomparsa di Oreste fu per noi un trauma pesante, però proseguimmo. Il mondo andava avanti e ci rimettemmo in carreggiata. Il problema arrivò quando si interruppe il rapporto con Canale 5.

Si riferisce a “Bellissima – Cabaret Anticrisi” del 2009, che Mediaset chiuse anzitempo.
Ci cancellarono l’ultima puntata. Facevamo 3 milioni e mezzo, numeri per i quali adesso si esulta.
Ho i dati sottomano: raccoglieste 3,2 milioni all’esordio, che divennero 2,3 alla terza.
È vero, ci fu un calo. Ma bisognerebbe capire da dove nascevano le cause, se era colpa di quello che noi facevamo o del traino. Tu lo sai: un grande primo tempo rende maestoso il secondo. Se non hai il traino e il giusto movimento alle spalle, è normale che si scenda.
La vostra fu etichettata come una satira di destra, inutile negarlo.
Pingitore era di destra e anche molti di noi. Nonostante ciò, prendevamo di petto tutti: destra, sinistra, centro. Facevamo satira intelligente, i politici venivano a vederci e salivano sul palco. Non eravamo offensivi e non ci denunciavano. Sono convinto che se Pier Francesco fosse stato di sinistra, avrebbero preso la statua di Marco Aurelio, avrebbero tolto quest’ultimo da cavallo e ci avrebbero piazzato lui sopra. In Italia funziona così. Ad ogni modo, Pingitore non si è mai fatto comandare da nessuno, scrivilo in maiuscolo. Quando qualcuno tentava di imporgli qualcosa, lui indicava la porta.
Torniamo a lei. Le sue non erano vere e proprie imitazioni, possiamo dirlo.
Infatti non ho mai imitato, facevo semmai delle caricature. Ecco perché mi venivano bene. Non dovevo andare alla ricerca dei dettagli. Impersonavo Baudo a modo mio e mi divertivo.
Vestì pure i panni di Chelsea Clinton.
Che noi ribattezzammo ‘Cessa’!
Esatto. Oggi sarebbe impensabile.
Solo perché Trump ha la moglie e le figlie bone (ride, ndr). Clinton aveva una figlia che si prestava a quella parodia.
Ma io mi riferisco soprattutto ad un discorso di sensibilità e percezione collettiva. Uno sketch del genere nel 2025 scatenerebbe la bufera.
La satira non deve sottostare al politicamente corretto, altrimenti sarebbe la fine del mondo. Non siamo in dittatura e la satira deve poter dire quello che vuole. Sta poi all’intelligenza dei singoli moderarsi. Adesso bisogna stare attenti a tutto: agli animali, alle donne, agli omosessuali. Come ti muovi inciampi.
Tempo fa si scrisse di un possibile ritorno del Bagaglino in Rai. Una bufala?
Non ci sarà un ritorno, non è possibile. Quello che vorremmo fare è mettere in scena un ultimo spettacolo all’interno del Salone Margherita. Un modo per ringraziare tutto il nostro pubblico e dire ‘è finita’. Ma purtroppo la Banca d’Italia, che ne detiene la proprietà, si è ripresa il teatro e non ce lo fa fare.

L’ultima volta risale a cinque anni fa, poco prima che scoppiasse la pandemia.
L’ultimo spettacolo in assoluto fu ‘La Presidente’, con Valeria Marini. Poi la struttura venne chiusa. Il Salone lo concedono in via eccezionale per qualche evento di beneficenza. Ma se vuoi fare uno show di 30-50 repliche ti rispondono di no.
Al di fuori del Bagaglino partecipò a quattro edizioni di “Beato tra le donne” con Paolo Bonolis. Lo stesso che anni dopo l’ha rivoluta ad “Avanti un altro”.
Facemmo due stagioni in Rai dal Bandiera Gialla di Rimini e altrettante su Canale 5, a Cinecittà. Con Paolo c’è sempre stato un rapporto splendido, ci consideriamo fratelli. Mi rivolle qualche tempo fa ad ‘Avanti un altro’, ma io non l’ho mai disturbato. Fu una sua idea e ancora lo ringrazio. Nel mio vocabolario esiste la parola ‘riconoscenza’.
Negli anni novanta non si fece mancare nemmeno la pubblicità. “Di più nin zo” divenne un tormentone.
Promuovevo la mozzarella di bufala e quello spot ebbe un successo clamoroso. Ma non mi ha reso ricco, non lo sono mai stato. Se eravamo nel 2000, io mi ero già mangiato i soldi dei contratti del 2005. Amico mio, ho vissuto bene. Non mi posso lamentare!
L’intuizione di mettere in testa il cappellino al personaggio del burino fu proprio di Pingitore.
Fu una mossa azzeccatissima, come sempre aveva ragione lui. Io non volevo indossarlo, lo pregai, ma lui insistette: ‘Mettilo che ti porterà bene’. Così fu, con quel cappello acquisii ancora più simpatia.
Ha affermato che il paesano ha più ‘tigna’ di uno che nasce in città.
Lo confermo. Venendo da Sezze, ho avuto la tigna del paesano e la passione del burino e della persona umile. Ho sempre adorato il mio lavoro e me ne sono fregato dei guadagni. Quando vado in giro, porto a spasso il mio amore per questo mestiere e la più grande soddisfazione sta nel sentirmi dire ‘siamo cresciuti con voi’ da persone che hanno la tua età. Mi ripaga di tutto.
Alle nuove leve consiglia di studiare. È il suo primo comandamento.
Non aver studiato è un mio rimpianto, di conseguenza è il suggerimento che do a tutti i giovani che vogliono emergere. Bisogna andare a scuola. Pigliatevi un diploma, una laurea, imparate a parlare bene l’italiano. Avere cultura è fondamentale.
Per caso le hanno proposto qualche reality?
Quest’anno mi avevano offerto sia il Grande Fratello che L’Isola dei Famosi. L’Isola non potrei mai farla per mie questioni personali, invece al GF non sarei a mio agio, non saprei mettermi a nudo di fronte agli italiani che mi conoscono come maschera.
Senza contare che c’è da mantenere la promessa fatta a sua madre.
Vero. Tanti anni fa mia madre mi avvertì: ‘Se vai all’Isola ti diseredo’. Ma non corro questo rischio, mi scatterebbero subito i nervi.
Il cinema, fatta eccezione per le pellicole di Pingitore, non l’ha mai coinvolta. È un suo rimpianto?
Non mi hanno mai chiamato, se non Ninni e qualche amico. Steno ogni tanto mi coinvolse per piccole particine, ma i figli Carlo ed Enrico Vanzina non mi hanno mai contattato. Sinceramente non me ne frega niente.
Prima accennava alla maschera. Probabilmente questo aspetto è risultato decisivo.
Penso di sì, hai ragione. Per le maschere è più complicato perché Martufello è inevitabilmente riconducibile al mondo del Bagaglino. Ma sono stato fiero di appartenere a quell’universo.

In compenso ha interpretato Carlo Mazzone nel film “Il Divin Codino”.
Ho dato vita ad un Mazzone soft, simpatico, a mio avviso non sguaiato. L’unico dispiacere è stato quello di non poter girare la scena della sua storica corsa verso i tifosi dell’Atalanta. Sul copione c’era, però eravamo in pieno covid e non si poteva riempire la tribuna di comparse a causa delle varie restrizioni. L’avrei fatta molto volentieri.
Se si guarda indietro, cosa vede.
Sono felice perché ho realizzato i sogni che avevo da bambino. Ho all’attivo quarantasei anni di teatro e trentatré di televisione, di cui trenta sempre in diretta. Lo scorso 12 luglio ho festeggiato i miei cinquant’anni di carriera con gli amici storici allo stadio di Sezze. Era pieno di gente. Ancora oggi affronto con gioia questo mestiere, con lo stesso impegno e la stessa umiltà. Per quel che riguarda il Bagaglino, che dire: noi siamo la storia vivente. Anzi, come sostiene Pippo Franco, ‘siamo la storia immortale’.