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Maggie Gyllenhaal regista de La figlia Oscura: “Elena Ferrante ha visto il film e l’ha amato”

Maggie Gyllenhaal, la regista de La figlia Oscura, racconta l’idea di realizzare un film partendo dal romanzo di Elena Ferrante, parlando del tema delicato e complesso della maternità. Adattamento che ha conquistato anche la scrittrice più famosa del nostro secolo.
A cura di Ilaria Costabile
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È arrivato nelle sale italiane ad inizio aprile uno dei film più attesi dell'anno, si tratta de La figlia oscura, prima regia di Maggie Gyllenhaal, nonché trasposizione cinematografica di uno dei romanzi più letti di quel fenomeno letterario che è Elena Ferrante. Intervistata dal Corriere della Sera, la regista ha raccontato come ha rielaborato il romanzo, di cui sono protagoniste due grandi attrici come Olivia Colman e Dakota Johnson, nonostante il timore di rapportarsi con una delle più grandi scrittrici contemporanee che, però, ha dichiarato di aver amato il suo film.

L'idea di lavorare al film

Che Elena Ferrante sia diventata una delle autrici più lette, amate e tradotte delle letteratura contemporanea non è certo una novità, ed è forse per questo che la capacità con cui la scrittrice riesce a penetrare nell'animo dei lettori ha generato una certa attenzione da parte di un'attrice come Maggie Gyllenhaal che ha raccontato da dove è nata l'idea di cimentarsi in una trasposizione cinematografica:

I suoi libri, in particolare questo, mi hanno insieme disturbata e confortata. E ho pensato: e se invece di leggere certe cose, ognuno per conto proprio, che effetto farebbe portarle sullo schermo, magari in una sala con accanto tua madre, tuo marito, tua figlia.

Il tema della maternità ne La figlia oscura

Il tema della maternità è delicato e complesso, perché la società impone un'immagine ben precisa anche di come dovrebbe essere una madre nei confronti dei propri figli, ma non sempre le aspettative corrispondono alla realtà dei fatti o semplicemente dei singoli. La regista americana, da madre, affronta l'argomento con una certa sensibilità:

La nostra cultura ha stabilito una gamma ristretta di sentimenti che una madre può concedersi. Mi è sembrato prezioso riflettere, invece, sull’ambivalente condizione dell’essere madre, sui falsi sentimenti legati alla maternità. Quello che ha fatto è provare ad allargare lo spettro della normalità. Ho due figlie, essere madre è la cosa più grande che abbia mai fatto. È qualcosa di enorme per quello che ci regala e anche per quello che richiede.

Il rapporto con Elena Ferrante

Dopo aver maturato un'idea su cui lavorare e considerata con attenzione la tematica, non restava altro che mettersi in contatto con la scrittrice, di cui come è ben noto nessuno conosce il volto: "Le ho scritto che non sapevo esattamente come lo avrei adattato, ma ho spiegato perché volevo farlo. E che mi sarebbe piaciuto dirigerlo. E lei mi ha risposto che mi avrebbe concesso i diritti solo lo avessi diretto io". Dopo aver avuto carta bianca, quindi, Gyllenhaal ha realizzato un film acclamato dalla critica e che ha ricevuto plausi e riconoscimenti nei principali festival internazionali, tra cui la Mostra del Cinema di Venezia. La Ferrante è riuscita a vederlo e ne è rimasta entusiasta:

Le ho parlato solo attraverso lettere che custodisco gelosamente. Sono sincera, mi sentivo un po’ intimidita a avere a che fare con un’autrice così celebre. il film è diverso dal libro, ho fatto alcuni cambiamenti, soprattutto la fine. Ha visto il film finito, mi ha scritto una bella lettera e ha detto che lo ha amato in un’intervista a New Statement. Ha capito e apprezzato. Il migliore adattamento è un tradimento dell’originale, dice Ferrante. Vuol dire molto per me

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