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Carolina Crescentini: “In Mrs Playmen un maschilismo che riscontro anche oggi e la cosa mi spaventa”

Intervista a Carolina Crescentini, protagonista della serie Netflix Mrs Playmen, in cui è Adelina Tattilo, prima editrice di una rivista erotica maschile.
A cura di Ilaria Costabile
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Carolina Crescentini è Adelina Tattilo nella serie Netflix, Mrs Playmen, arrivata in piattaforma mercoledì 12 novembre. Una donna volitiva, che ha scoperto la sua indipendenza lontana da un marito manipolatore e che attraverso le pagine della prima rivista erotica italiana ha provato a parlare alle donne e delle donne come mai nessuno aveva fatto fino a quel momento. L'attrice racconta come guardare le analogie tra l'epoca raccontata nella serie e il mondo di oggi sia a tratti preoccupante, si sofferma sulla necessità di impartire un'educazione affettiva: "Forse bisognerebbe educare prima gli uomini". Parla della responsabilità di essere un personaggio pubblico e di esporsi su certe tematiche importanti: "Viviamo in una società, non possiamo far finta che le cose non ci riguardino". 

Gli Anni 70 fanno da sfondo a Mrs Playmen, ma i richiami all'oggi sono continui. Sei d'accordo?

Adelina è una donna modernissima pur non sapendolo e purtroppo si trova a combattere delle battaglie che combattiamo ancora oggi. Mi emoziona questa cosa, ed è chiaro che la sua epoca storica sia ancora più complessa, ma il problema è che i temi di fondo sono protagonisti anche della mia epoca storica e questo mi spaventa.

Possiamo dire, però, che Adelina Tattilo nasce davvero volta quando suo marito Saro Balsamo la lascia da sola a gestire lavoro, casa, figli. 

Nascita è la parola giusta, ma lei ha avuto il coraggio di nascere. Si ritrova di fronte a una trasformazione che avviene per necessità. È lasciata spalle al muro, in un mare di guai, debiti, rischia di perdere la casa, ma l'avere due figli non le concede di lasciarsi andare al dolore. Pur essendo stata tutt'altro fino a quel momento, si rimbocca le maniche. Inizia così a lavorare in un ambiente in cui non la riconoscono, né come capo, né come figura di riferimento, in primis è perché è donna e poi perché è la moglie del capo, quella a cui dire "Signora, si vada a comprare le pellicce".

"Che ci fa una donna come lei a dirigere una rivista erotica" le chiedono nella serie, come fa a farla sua?

Deve fare pace con quello che significa questa rivista, perché non si sente rappresentata. Quindi lei proveniente da una famiglia ipercattolica, nella quale le hanno sempre detto "Tu devi essere una brava moglie e poi una brava madre" accetta di dirigere una rivista erotica, ma portandola vicino a sé, nella direzione in cui sente di essere migliore. In un podcast che riportava una sua vecchia intervista, lei diceva tutte le battaglie fatte attraverso Playmen, sono quelle informazioni che lei avrebbe voluto che qualcuno le desse nella vita.

Un giornale pensato, voluto e diretto dagli uomini introduce al tema della parità di genere, più che mai attuale. Passi avanti sono stati fatti, ma come fare affinché questo dislivello si appiani?

In una buona parte d'Italia, soprattutto al Sud, ma non solo al Sud, ci sono tante donne che non hanno un conto corrente, sono sotto ricatto economico, vivono una vera e propria sudditanza. Siamo nel 2025 ma di elementi retrogradi ce ne sono tanti. C'è un gap dal punto vista salariale, ancora ci chiediamo quante donne lavorino rispetto agli uomini, quante ricoprono posizioni dirigenziali. In questa società non è semplice avere come capo una donna.

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Credi sia una questione di controllo da parte degli uomini?

Un po' il controllo, sicuramente, ma penso sia proprio educazione. Ci sono anche tante donne maschiliste, perché sono state educate così e hanno introiettato il maschilismo puro, hanno spiegato loro che bisognava vivere così. Sin da piccole, nei negozi di giocattoli si vendono scopa e aspirapolvere alle bambine, ma perché? Per quale motivo?

Dove è necessario agire affinché la parità diventi un pensiero comune?

Partiamo dagli albori, dalle favole. In tutte le favole le principesse sono in attesa del principe che le salverà, ma magari la protagonista non vuole diventare una principessa e si vuole salvare da sola. Ci hanno educato con il principe che arriva, mentre tu sei morta e così grazie a lui ritorni in vita. Che, poi, chi lo sa se a lei piaceva quella vita, noi arriviamo al vissero felici e contenti, ma dopo?

Il consenso, nel dibattito contemporaneo è un tema molto presente. Cosa non è chiaro secondo te?

È un tema importantissimo, ma a quanto pare scabroso, quello dei corsi di educazione sessuale a scuola per spiegare la necessità del consenso. Lo raccontiamo nella serie, all'epoca c'era il matrimonio riparatore, lo stupro era considerato tale solo fino a un certo punto, perché è un atto di libido. Questa sorta di giustificazione ce la portiamo dietro, non è così lontana. Noi siamo la terza generazione di donne che prova a cambiare le cose. Siamo piuttosto vicine.

C'è dell'assurdo nel constatare che a distanza di anni ci si trovi a lottare ancora degli stessi diritti.

Trovo sia assurdo che un giudice per lo stupro di Matera, un mese fa, al primo appello non aveva dato alcuna pena detentiva da scontare perché la protagonista di questa storia non era vergine. È grave. Se addirittura la legge non mi protegge, ma chi dovrebbe proteggermi?

È interessante come su Playmen la donna da oggetto sessuale diventa soggetto, quindi manifesta il suo desiderio. 

Lei parla di diritto al piacere femminile. Il tema del desiderio è sempre stato di proprietà maschile, quando anche la donna è protagonista di questo aspetto della propria vita, lei lo rivendica e, anzi, fa in modo che a parlarne siano autori colti, importanti che intervistino le donne. Ha coinvolto Moravia, Pasolini, perché voleva dare un tono alla rivista. E questo perché c'è sempre stato qualcuno pronto a sminuire.

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Ovvero?

Esiste proprio un atteggiamento, una tendenza a ridimensionare perché c'è qualcosa che spaventa. Sono arrivata alla conclusione che, forse, bisogna aiutare l'universo maschile a gestire la consapevolezza delle donne, perché se il passo successivo è la violenza perché non si accettano le scelte della donna allora forse chi adesso va aiutato è l'uomo.

L'intento di Adelina Tattilo era quello di alzare di tono una rivista erotica, col passare degli anni però il tema della mercificazione del corpo femminile si è allargato a macchia d'olio. 

Sono arrivati gli Anni 80 e si è sbriciolato tutto. Sono cambiate le cose perché è arrivata la pornografia e a pensarci fa ridere, pensando alle guerre fatte dalla Buonocostume. È qualcosa di ben lontano dall'erotismo, che è una faccenda culturale, affidata all'immaginazione, necessita di un processo creativo perché tu ti ci immerga. La pornografia è un atto fisico, meccanico e ha anche un ruolo in questo gioco uomo-donna.

Credi che influisca anche sulle relazioni?

C'era Il Collettivo delle ragazze del porno, che ha tentato di fare pornografia dal punto di vista femminile. Nel mondo del porno l'atto eterosessuale è sempre basato sulla sodomia, sulla sottomissione femminile. Bisognerebbe iniziare a ragionare su questo aspetto, perché anche quello è un modo per educare e se la formazione sessuale di un adolescente è data dal porno c'è un problema, perché quando ti chiudi in una stanza con una ragazza, devi sapere che lei è protagonista quanto te.

Adelina vive un amore malsano col marito Saro. Possessivo, a tratti anche violento. Ti sei mai trovata nella situazione di sentirti intrappolata in un amore che avresti voluto lasciar andare?

Mi sono trovata in situazioni simili nella mia vita, ma ho sempre avuto un campanello d'allarme che mi ha salvato un sacco di volte. Sono accadute cose più lievi, ma detonanti allo stesso modo. Incontri persone che pian piano, come uno stillicidio, ti ripetono che non sei abbastanza, che non ce la farai mai. E invece ce la fai. Ma questo ti insinua dei dubbi sulle tue capacità e ti senti più fragile. Per come la vedo io, la coppia deve potenziare l'altro, dobbiamo essere forti. La relazione è un lavoro. La vita è difficile per mille motivi, mille colpi di scena, quindi dobbiamo sostenerci, altrimenti non vale la pena.

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L'ultimo episodio della serie si conclude con una serie di punti narrativi irrisolti. Dobbiamo aspettarci una seconda stagione?

A me piacerebbe da morire, ci sarebbero tante tantissime cose da dire ancora. Speriamo, sia così. Ho scoperto che su Netflix se metti like ne tengono conto, spero ne arrivino tanti (ride ndr.)

Da attrice senti la responsabilità di esporti su certe tematiche o lo faresti a prescindere dal tuo ruolo?

Lo farei a prescindere, perché sono quel tipo di persona, ma penso che un attore o chiunque abbia accesso a un microfono, hanno una responsabilità civile o almeno sociale. Possiamo essere leggeri, so essere la regina delle cose leggere, ma faccio parte di questa società e se un mio pensiero può contribuire a seminare un dubbio, lo faccio.

Il cinema e la televisione sono mondi molto maschili, c'è mai stato un momento in cui hai pensato che le cose non sarebbero mai cambiate?

Questo è un lavoro in cui la stabilità psichiatrica (ride ndr.), ed emotiva è necessaria, a un certo punto devi trovarla. Mi sono arrabbiata spesso per la disparità salariale, per non la comprendo. Non ci sono motivi validi per cui debba esistere, davvero proprio non l'ho capita, qualcuno me la deve spiegare perché non ho proprio compreso la motivazione alla base.

Parlando di cinema, i tagli e i conseguenti rattoppi del Ministero della Cultura al settore cinematografico sono ormai argomento caldo. Possibile che non si riconosca di avere tra le mani una possibile gallina dalle uova d'oro?

Partiamo dal presupposto che un film ha tante vite. Quella in sala, quella nei festival, sulle piattaforme streaming, sulla TV generalista, quindi l'investimento ha modo di rientrare. Ma, poi, non eravamo il governo del Made in Italy? Il cinema è lo specchio di un paese, io ho scoperto quello che vivevano i miei nonni anche attraverso il cinema. I libri mi parlavano di guerre, date e alleati, il cinema mi parlava della società, delle persone, come vivevano. Attraverso il cinema ho capito cose, mi sono posta domande, a prescindere che le risposte siano state giuste o sbagliate, vorrei essere superficiale ma non proprio nella mia natura. Voglio essere colpita da quello che succede, è l'unico modo per avere empatia.

Come se il cinema aiutasse ad entrare in contatto con quello che accade dentro e fuori di noi. 

Pensaci. Nel buio della sala ti concedi di essere colpito da quello che sta accadendo davanti a te. Se la stessa scena accade per strada, io interverrei, con tutte le conseguenze che ne seguo ne seguono, però per strada magari ti spaventi e acceleri il passo. Al cinema ciò che accade colpisce l'anima, la testa e magari pensi "non ci sto a questa situazione" o ti chiedi il perché stia accadendo una certa cosa. I dubbi sono importanti.

Una mobilitazione dell'intero settore, a partire dalle maestranze che sarebbero poi quelle più colpite, passando ad attori e registi, credi possa smuovere un po' le acque?

Le maestranze ne risentiranno, ma anche gli attori. C'è un mondo di attori, ma i ruoli a disposizione quelli sono, c'è un problema chiamato sopravvivenza. Sarà anche una cosa romantica, ma noi abbiamo scelto di fare questo lavoro con tutti i rischi che ne conseguivano, abbiamo studiato tutta la vita, abbiamo fatto rinunce, spesso siamo additati come bizzarri, girovaghi perché siamo sempre con una valigia in mano, poi improvvisamente tutto questo può finire perché non c'è più la possibilità di farlo.

Lo dicevi, è un mestiere che hai scelto con tutta te stessa e cosa ti ha insegnato?

Tutto ciò che non mi appartiene mi stimola, perché mi costringe ad avere a che fare con un'emozione, un pensiero e questo amplifica la mia empatia. Ho imparato a non giudicare e che c'è sempre una sorta di logica.

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