Anna Zhang: “Ho rifiutato gli stellati dopo aver vinto Masterchef, vi spiego perché i giudici non mi hanno più cercata”

Milanese d'origini cinesi, 32 anni e un lavoro da sales manager lasciato per inseguire la passione per la cucina: Anna Zhang è stata la vincitrice di Masterchef 14 e in quest'intervista a Fanpage racconta cos'è successo dopo la fine del cooking show targato Sky. Caparbia, curiosa e determinata, il suo desiderio resta quello di aprire un'oasi tutta sua, una sorta di eden contemporaneo in cui ci si possa riconnettere con la natura attraverso la cucina, la musica e l'arte. Ha ricevuto diverse proposte di lavoro, anche da ristoranti stellati, ma le ha rifiutate tutte: "Se avessi voluto entrare a far parte di una brigata, non avrei avuto bisogno di passare dal programma". E sui giudici Locatelli, Cannavacciuolo e Barbieri: "Non mi hanno più cercata, ma non ci sono rimasta male".
Anna, sono passati mesi dalla tua vittoria a Masterchef. Cosa è successo dopo?
Mi sono dedicata alla stesura del mio libro, che raccoglie non solo ricette ma anche la mia storia. È stato un lavoro molto intenso, comprende in tutto 84 preparazioni, ma ne avevo provate almeno 120, tutte nuove. Ho cucinato tanto a casa, sperimentato e poi fotografato tutto in quattro giorni di shooting.
Hai ricevuto proposte di lavoro?
Sì, anche da ristoranti stellati. Ma se avessi voluto entrare a far parte di una brigata, non avrei avuto bisogno di passare da Masterchef. Quello che mi interessava e mi interessa tutt'ora è la comunicazione, arrivare a un pubblico ampio, magari attraverso un programma divulgativo di cucina tutto mio.

Masterchef, però, ammette tra i concorrenti solo cuochi amatoriali, tu ti sentivi pronta già prima di entrare?
No, ma anche negli stellati si parte da sbucciare le patate e quello lo sapevo già fare (ride, ndr). Non sono mai stata una che cucina tutti i giorni, mi sono concentrata molto di più sulla parte estetica, su cui ho condotto una ricerca quasi quotidiana. Quando compongo un piatto mi lascio ispirare dall'arte, soprattutto dalla corrente dell'Impressionismo, che influenza in modo particolare la mia visione di cucina.
Il tuo è un caso particolare. Diversi ex vincitori, al contrario, hanno raccontato di essere rimasti delusi dalla scarsità dell'offerta di lavoro, una volta spente le telecamere.
Dipende dall’approccio. Se vai lì pensando che poi ti chiameranno per forza in un ristorante, sbagli. Io l’ho vissuto come una scuola e come una sfida personale: saper cucinare sotto pressione, comunicare davanti alle telecamere. Non mi aspettavo offerte e nel mio caso sono arrivate comunque.
C’è chi dice che a Masterchef arrivi fino in fondo chi ha una storia particolare, più che chi è bravo tecnicamente. Cosa ne pensi?
Le storie sono importanti, aiutano il pubblico a capire chi ha davanti e ad empatizzare. Ma ci vuole anche sostanza, sia fumo che arrosto, per restare in tema. Ho notato anch'io che alcuni tendano a spingere di più sulla personalità, a volte anche in modo eccessivo, ma va bene, fa parte del gioco. Io non credo di averlo fatto, sono stata sempre me stessa, anche nei momenti di fragilità.

Avevi detto di voler aprire un'oasi tutta tua, è questo il tuo obiettivo?
Sì, non lo chiamo più "sogno" ma "desiderio", perché si tratta di un progetto concreto. Però richiede basi solide, per questo ho iniziato il corso di formazione all'Alma, l'Accademia Internazionale di Cucina Italiana.
Chi lavora nel settore parla spesso dell'importanza, per i giovani cuochi, di fare gavetta nei ristoranti. Tu sei d'accordo?
Certo, ma la farò quando sarà il momento giusto per me. Ho lasciato un lavoro stabile nella moda, quindi so cosa significa rischiare. Al momento mi interessa prima conoscere la cucina, intesa non solo come piatto. Per me, parte tutto da molto prima, dalle storie, dalle persone, dai territori. Sto cercando di capire in che modo riuscire a raccontare tutto questo. La gavetta può aspettare.
Si può dire che, però, in geenrale non ti vedi dipendente di qualcun altro?
Sì, ma è una questione meramente caratteriale. Ho sempre avuto un forte spirito di leadership, prima ero una manager e, in qualche modo, ho bisogno sempre di coltivare prima una mia individualità. Saper lavorare in gruppo è importantissimo, ma ancor di più lo è saper trovare se stessi e un ambiente in un cui si sta bene.
Quanto ti pesa il fatto di aver rinunciato a uno stipendio fisso?
Credo che quando vuoi davvero qualcosa davvero, te la vai a prendere. Sono istintiva e audace, non ho paura del vuoto. Uno stipendio sicuro dà stabilità, ma io preferisco costruirmela da sola, anche cercando collaborazioni saltuarie. In questo momento sono felice così.

Hai detto che i giudici Locatelli, Barbieri e Cannavacciuolo non ti hanno mai cercata dopo la vittoria. Te lo aspettavi?
Sì, ed è giusto così, noi concorrenti non abbiamo rapporti con i giudici, non diventano nostri amici, ed è corretto che restino imparziali anche dopo la fine del programma. È anche questo il bello di Masterchef. Non ci sono rimasta male e, comunque, credo sia ancora presto. Magari in futuro accadrà.
A quale giudice ti senti più vicina?
In realtà a tutti e tre e a nessuno dei tre. Sono molto diversi l'uno dall'altro e ognuno ha qualcosa che ammiro, ma la mia visione è totalmente diversa.
Ti rivedremo nella prossima stagione?
Potrebbe succedere, c’è sempre la puntata del vincitore, no? Ma non posso dire altro.
Di recente hai partecipato al Festival del Cinema di Venezia e qualcuno ha criticato la tua presenza in quel contesto. Cosa rispondi?
Credo che invece fossi molto coerente. Vengo dalla moda, quel mondo mi piace e mi rappresenta. La cucina è un’arte, e nell’oasi che sogno vorrei unire più arti: musica, pittura, cinema. Perché un cuoco, che è un artista a tutti gli effetti, non dovrebbe poter fare un red carpet? Lì, poi, si respira un’atmosfera magica. Mi affascina il modo in cui gli attori raccontano le storie degli altri. Un giorno mi piacerebbe provare la recitazione, chef donne al cinema ancora non se ne sono viste.