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Il film filopalestinese The Sea vince il più importante premio di cinema israeliano e potrebbe approdare agli Oscar

Il film filopalestinese The Sea è il titolo israeliano candidato per la categoria “miglior film internazionale” agli Oscar 2025. Il regista Shai Carmeli-Pollak ha apertamente criticato l’operato del governo, e la premiazione del film è diventata un piccolo caso.
A cura di Ilaria Costabile
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Un film filopalestinese, The Sea, ha vinto il premio più prestigioso del cinema israeliano, ovvero il premio Ophir, nella categoria miglior film, e sarà la pellicola candidata come "miglior film internazionale" ai prossimi Oscar. La storia raccontata nella pellicola diretta da Shai Carmeli-Pollak non nasconde quanto sta accadendo in Medio Oriente e, anzi, è piuttosto critica con l'operato di Netanyahu, tanto da essere diventata un vero e proprio casa nazionale, con il ministro della Cultura, Miki Zohar, che ha definito la cerimonia "disgustosa".

Le critiche al governo in The Sea

The Sea, in realtà, ha ricevuto ben cinque riconoscimenti: miglior film, miglior sceneggiatura, miglior regia e poi quelli per i due attori protagonisti, Muhammad Gazawi e Khalifa Natour, arabi israeliani, che sono stati premiati rispettivamente come miglior attore protagonista e il miglior attore non protagonista. Il film racconta la storia di un ragazzo di 12 anni che vive in Cisgiordania e ha il desiderio di vedere il mare, per la prima volta, per cui decide di attraversare Israele. The Sea, quindi, si pone in maniera molto critica nei confronti del governo israeliano e durante la cerimonia di premiazione, sia il regista che gli attori, non si sono tirati indietro nel parlare di quanto sta accadendo a Gaza, ragion per cui il ministro Miki Zohar, ha dichiarato che il festival in questione non sarà più finanziato.

Il dissenso al conflitto nell'arte

Non è certo che The Sea riesca a superare le varie fasi che gli consentiranno di approdare alla cinquina della  categoria "miglior film internazionale" agli Oscar, ma il fatto che un film così apertamente filopalestinese possa rappresentare Israele è senza dubbio un caso. È l'ulteriore dimostrazione di come il cinema si stia muovendo in una direzione chiara, che non accetta e non può stare in silenzio con quanto sta avvenendo a Gaza, sono sempre più frequenti le manifestazioni di questo dissenso, perché l'arte diventi veicolo di un messaggio di pace, anche alcuni Paesi di Eurovision, ad esempio, hanno dichiarato che non parteciperanno qualora dovesse competere anche Israele.

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