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Giuseppe Maggio è Dario in 4 Metà: “Dobbiamo imparare a far cadere le nostre maschere”

Giuseppe Maggio interpreta Dario, uno dei protagonisti del film Netflix “4 Metà”. Dall’inizio con Amore 14 a film come Sul più bello, il suo amore per la recitazione lo ha portato a girare il mondo per imparare, migliorarsi e diventare un attore di talento.
A cura di Ilaria Costabile
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È arrivato dal 5 gennaio su Netflix il film "4 Metà" diretto dal regista Alessio Maria Federici. Una commedia romantica che ci mette davanti ad una visione diversa della vita e delle relazioni che, spesso, tendiamo a relegare in confini fin troppo stretti. Tra i protagonisti c'è Giuseppe Maggio, che interpreta Dario, un brillante avvocato romano. Come il suo personaggio anche lui è nato e cresciuto nella città eterna, ma la sua vita ha preso una piega completamente diversa, abbracciando il mondo della recitazione. Dopo il grande successo di "Baby" la serie sempre Netflix in cui ha interpretato il ruolo di Fiore e anche di "Sul più bello", lo vedremo prossimamente in un film "Di più non basta mai" e in questa intervista a Fanpage.it ha raccontato come fare l'attore sia un mestiere totalizzante e in grado di aprire un dialogo costante con se stessi e la propria voglia di migliorarsi.

Partiamo dalla fine, la conclusione di "4 Metà" in gergo si definirebbe un finale sospeso. Perché questa scelta?

Il film lascia una porta aperta all’interpretazione dello spettatore, è un racconto che si basa molto sul concetto di sliding doors, in qualche modo vuole lasciare intendere che non esiste un’unica strada possibile, ma sta a noi decidere quale percorrere.

Cos'ha in più questo film rispetto ad altre commedie romantiche?

Diamo delle definizioni della nostra vita per regolamentare il caos e il caso, ma sono quasi sempre arbitrarie e il film vuole scardinare tutto ciò, mostrando più alternative possibili. Il mio personaggio poteva essere un mio alter ego, nato e cresciuto a Roma, e all’inizio del mio percorso universitario ho studiato legge, sarei potuto essere quel tipo di personaggio, avrei potuto avere quel tipo di vita. Magari gli spettatori vedendo i rapporti tra noi quattro potrebbero riconoscersi nelle storie degli uni e degli altri, e guardare le cose da un'altra prospettiva.

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Dario, il tuo personaggio, sembra essere restio a mostrare i suoi veri sentimenti in entrambe le versioni della storia. Quanto è importante, secondo te, rischiare e buttarsi soprattutto dopo quasi 2 anni in cui abbiamo dovuto reprimerci?

È fondamentale tentare in tutti i modi di superare i propri timori, le proprie riserve, perché si possono perdere tante occasioni. È bello sbagliare, mostrarsi fragili, anche essere criticati per poi migliorarsi, non bisogna avere paura di fallire. Stiamo vivendo una situazione molto complicata, che ci porta inevitabilmente a essere più soli,  più frangibili, chiusi, più delicati se vogliamo. Il personaggio di Dario fa un percorso che parte proprio da questa fragilità. Si nasconde dietro un modo di fare, una maschera, però cresce proprio nel momento in cui la abbandona e si lascia andare.

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Il film racconta anche le difficoltà di costruire una relazione oggi. Come mai siamo diventati così complicati?

Oggi le dichiarazioni d’amore si fanno tramite messaggi, un tempo si facevano di fronte all’altra persona e questo fa la differenza. Quando costruisci un rapporto che per nascere, crescere e avere una sua solidità ha richiesto necessariamente un piccolo sforzo da parte tua, del coraggio anche nel mostrarsi di persona, è diverso rispetto a quello che accade tramite un telefono. Quei rapporti probabilmente erano più forti, forse anche più duraturi, più solidi.

Sei passato dall'interpretare ruoli come quello di Fiore in Baby, al co-protagonista di Sul più bello. Cosa porti con te di ogni personaggio che hai interpretato?

Nella creazione del personaggio mi piace soffermarmi sulla sua vita, che è antecedente alla prima scena del film, quindi cosa lo ha portato ad essere quello che é, e spesso mi capita di riscontrare delle analogie tra la mia vita e quella del ruolo che devo interpretare. Ma è molto affascinante quando ne trovo uno che è lontano da me, perché devo lavorare di immaginazione. Questo è successo soprattutto con il personaggio di Fiore in Baby, che assume atteggiamenti riprovevoli, condannabili. Sono partito dal fatto che lui era un eterno secondo nella vita e proprio perché per un certo periodo mi sono sentito così, lui mi ha lasciato questa voglia di arrivare e raggiungere i miei obiettivi.

Giuseppe Maggio in Baby
Giuseppe Maggio in Baby

Hai sempre voluto fare l'attore o è stato un caso?

In realtà quello che è successo è che ho fatto un provino quando avevo più o meno 15 anni, ero a scuola e cercavano un giovane, che interpretasse un ruolo per quello che al tempo era il nuovo film di Moccia, Amore 14, però io non avevo mai studiato recitazione, non avevo mai neanche pensato a fare l’attore. La mia curiosità mi ha portato a fare quel provino. Quell'esperienza ha generato un’attrazione viscerale per questo lavoro che mi ha portato a muovermi, sono andato in giro per il mondo per formarmi, apprendendo metodi da Stanislavskij a Strasberg, arricchendo le mie conoscenze.

Hai citato il metodo Strasberg, non posso non chiederti se da attore guardi all'America e al modo che hanno oltreoceano di fare cinema.

Il mercato americano è prima di tutto un’industria, che ruota attorno ai soldi. Il nostro è un cinema artigianale, i nostri registi sono degli artigiani, mentre molto spesso in America, quello che succede è che si entra in un calderone commerciale e purtroppo molti prodotti perdono non di qualità, ma di spessore. I nostri grandi registi hanno una manualità molto importante, basta pensare a quello che fa Sorrentino con i suoi film. E tutti vorrebbero lavorare con Sorrentino. Però in America danno senza dubbio un peso diverso a questo lavoro.

Ovvero?

Gli attori sono riconosciuti professionalmente in maniera molto diversa, ma questo accade anche in Inghilterra e Francia. La figura dell’attore, del regista all’estero ha un peso diverso, il ruolo dell’attore è quello di un artista perché ha una funzione sociale, questa cosa in Italia purtroppo, apparteneva più al passato che adesso.

Dovrebbe esserci una considerazione più ampia dal punto di vista culturale?

Non bisognerebbe mai dimenticarsi che l’attore, il regista, lo sceneggiatore sono degli artisti e dovrebbero avere anche la volontà di parlare a nome della società. Di contro l’attore dovrebbe essere un intellettuale, dovrebbe esserci lo sforzo anche da parte nostra di crescere, di migliorarsi e di porci come figure intellettuali nel contesto sociale.

4 Metà è uscito in streaming, come anche Sul più bello dopo una breve uscita in sala è passato in piattaforma. Quale sarà il destino del cinema, dopo due anni in cui ci siamo abituati ad una fruizione diversa?

Purtroppo queste piattaforme offrono una scelta immensa e soprattutto dal punto di vista economico, con degli abbonamenti anche abbastanza abbordabili, si possono vedere tantissimi film, anche una decina di film nuovi al mese. È ovvio che questo ha un impatto negativo sulle sale e sul cinema, che andrebbero in parte rinnovate, garantendo all’utente dei servizi differenti. Molto spesso le sale non sono neanche attrezzate per permettere una visione ottimale allo spettatore, però la visione in sala ti permette di immergerti nel film, senza distrazioni. Ma ora come ora è vero che esistono film che possono anche non fare un passaggio al cinema.

Nei tuoi ruoli hai spesso interpretato il personaggio un po' belloccio, che rapporto hai con le etichette?

Ecco anche qui, se penso al cinema americano, perché questo è tipicamente italiano come fenomeno, accade molto meno. Se penso ai grandi del cinema come Paul Newman, Marlon Brando, oggi abbiamo DiCaprio, Fassbender, Brad Pitt, non è che siano proprio degli uomini brutti eppure sono bravissimi, dei geni nella recitazione. Ed è così che dovrebbe essere, quando si guarda ad un sistema che funziona, magari ha dei preconcetti, ma ti dà la possibilità di oltrepassarli e ti fa vedere come un attore che ha una sua estetica può dare anche qualcosa e trasmettere non soltanto per il suo aspetto, ma perché anche dentro di sé ha qualcosa di forte, di grande e importante, perché ha delle capacità, che possono sempre migliorare.

Cosa ti auguri per il tuo futuro da attore?

Mi auguro che questi progetti che ho in ballo portino risultati importanti, di avere ruoli affascinanti e magari fare qualcosa anche a livello internazionale. Il mio sogno sarebbe avere una carriera tale da poter rappresentare un domani il mio paese all’estero.

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