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Opinioni

Cosa succede, davvero, se Hollywood si ferma?

Il 13 luglio 2023 è un giorno epocale per il cinema americano: Hollywood si è fermata. Gli attori hanno deciso di scioperare, unendosi agli sceneggiatori. Ma cosa succederebbe se questo stop forzato si prolungasse troppo? Tante sarebbero le ripercussioni, economiche e non.
A cura di Ilaria Costabile
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Cate Blanchett, Mostra del Cinema di Venezia 2022
Cate Blanchett, Mostra del Cinema di Venezia 2022

Da giorni, ormai, la notizia dell'imminente sciopero degli attori di Hollywood imperversa sulle più svariate testate e oggi, 13 luglio 2023, lo sciopero ha avuto la sua piena ufficialità, con una conseguenza strana e incredibile al solo pensarla: Hollywood si è fermata. La macchina del cinema, quella che da decenni garantisce la produzione di migliaia di titoli, quella che ha creato lo star system più invidiato e agognato del mondo, chiuderà i battenti fin quando non si sarà trovato un accordo tra i sindacati di categoria, in questo caso attori e sceneggiatori e le case di produzione. Cosa comporta, quindi, questo stop improvviso imposto alla fabbrica dei sogni americana?

Prima di capire quali possano essere le conseguenze di una fase di stallo così prolungata per un'industria dagli introiti giganteschi, com'è per l'appunto quella del cinema americano, proviamo a fare un passo indietro e a chiederci quali siano stati i motivi che hanno spinto gli sceneggiatori in primis, gli attori in secundis ad incrociare le braccia e manifestare il loro dissenso per una condizione lavorativa nella quale non si sentivano più tutelati e che richiedeva un sterzata in una direzione ben precisa. Ovvero? Verso guadagni più soddisfacenti, ma anche verso un ventaglio di nuove proposte da parte delle case di produzione, che mirino a contenere il dilagare dei contenuti nati esclusivamente per le piattaforme streaming.

Inutile peccare di buonismo, l'avvento dello streaming se da un lato ha rappresentato un passo avanti nella fruizione di prodotti tra film e serie televisive, permettendo a chiunque di usufruire di un servizio a cui accedere costantemente, dall'altro ha dato il via ad un sempre più repentino declino delle sale che, d'altro canto, già non godevano di ottima salute. Con la necessità di produrre titoli indirizzati allo streaming, con una richiesta sempre maggiore e accelerata, i salari degli sceneggiatori, i primi ad indire lo sciopero, si sono notevolmente abbassati e, talvolta, il compenso non è stato nemmeno recepito, proprio perché il tempo delle fasi di scrittura si è dilatato per i continui step a cui gli scrittori sono sottoposti. Il sindacato, quindi, ha chiesto che venga siglato un accordo tra le case di produzione e distribuzione, che garantisca non solo un aumento degli stipendi, ma che tuteli anche il diritto d'autore, uno dei punti fondamentali della richiesta che, ad oggi, pare non aver trovato ancora una risoluzione.

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Nel frattempo, dopo settimane di agitazione da parte di più di 10mila iscritti al sindacato, Hollywood è stata costretta a fermarsi, riproponendo quel che accadde tra il 2007 e il 2008 quando la fabbrica dei sogni si fermò, sempre per agitazioni interne, per ben 100 giorni, provocando dei danni economici non indifferenti. Accanto agli sceneggiatori, anche gli attori hanno iniziato a paventare l'idea di potersi ribellare ad un sistema nel quale non si riconoscono più e che, ora come ora, richiede nuove tutele e garanzie. Soprattutto con l'avvento, temibile, dell'intelligenza artificiale. Ed è così che, quindi, i divi di Hollywood sono scesi dall'Olimpo e hanno indossato la tuta sgualcita di operai del settore e, dopo più di sessant'anni dal primo grande sciopero di categoria, verificatosi nel 1963, hanno deciso di dire "basta".

Ma, quindi, cosa succede se davvero Hollywood dovesse fermarsi così a lungo in attesa di un accordo tra le parti?

Succederebbe che le produzioni, anche quelle più importanti e attese, sulle quali si sta lavorando da tempo, sarebbero costrette a fermarsi perché, come in un effetto domino, se non ci sono autori che scrivono, non ci sono attori che interpretano, se non ci sono attori non ci sono registi che possano dirigerli, non ci sono maestranze, e se non ci sono maestranze un set non può essere allestito. Insomma, è impossibile lavorare senza una delle suddette componenti, non esistono pezzi di ricambio, nonostante il cinema americano, sin dagli albori, sia sempre stato impostato come un'industria da dover far funzionare in ogni reparto a tambur battente.

Ma, oltre al lato meramente tecnico, ciò che preoccupa è anche il contorno. Se non ci sono film in produzione, non ci sarà la conseguente promozione. Per cui le possibilità di organizzare chiacchierate con gli attori, previste in première, Festival e trasmissioni varie, rischiano di spegnersi come una candela al vento. Niente tappeti rossi, niente sfarzo, niente divi, in poche parole niente allùre hollywoodiano che fa tanto gola a svariati settori dell'intrattenimento. Conseguenza immediata? Una perdita di denaro che, ovviamente, ricade sui guadagni delle major, che perderebbero milioni di dollari.

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Il sindacato degli attori, il SAG (Screen Actor Guild), ha messo in chiaro quali sono le attività che gli iscritti al sindacato possono o non possono fare durante lo sciopero, aggiungendo che ogni caso potrebbe richiedere una valutazione a sé, sempre che si tratti di attori che figurano come produttori esecutivi del film in questione o che si stia parlando di film indipendenti. La questione è lunga e anche piuttosto intricata, piena di cavilli e di raccomandazioni da parte del sindacato che, ovviamente, mira a far valere le proprie istanze davanti alle case di produzione, sperando in una resa o quanto meno in un accordo soddisfacente.

Il tempismo con cui si è verificato lo sciopero va a minare i grandi eventi dei prossimi mesi, a partire dall'americana cerimonia degli Emmy  prevista per il prossimo 18 settembre, passando per la Mostra del Cinema di Venezia che, quindi, non avrebbe più il ricco parterre di attori e attrici giunti in Laguna per presentare i loro film, riducendosi ad un Festival internazionale, sì, ma non ai livelli soliti e costringerà gli organizzatori a ripensare l'intera rassegna.

Se Hollywood si ferma, quindi, sarà difficile non accorgersene.

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Nata nel 1992, giornalista dal 2016. Ho sempre scritto di cultura e spettacolo spaziando dal teatro al cinema, alla televisione. Lavoro nell’area Spettacolo di Fanpage.it dal 2019.
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