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Riceve una chiamata di emergenza, paramedico scopre che il figlio è morto in culla

La straziante storia di un paramedico 36enne australiano, Pete Keach, che durante il servizio serale ha fatto la tragica scoperta.
A cura di A. P.
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Il peggior incubo della sua vita purtroppo è diventato realtà per Pete Keach, un 36enne di Victoria, in Australia, di professione paramedico. L'uomo era in servizio serale su un'ambulanza del servizio di emergenza locale quando ha ascoltato dalla radio una chiamata provenire dal suo quartiere per un bimbo che stava male. Dopo aver cercato in tutti i modi di contattare la moglie, ha chiesto di potersi recare sul posto scoprendo così che la chiamata arrivava dalla moglie Georgie e che si trattava del suo figlioletto, morto in culla. A quattro anni dal quel terribile evento Pete, che porta ancora i segni psicologici di quanto accaduto, ha deciso di condividere la sua straziante  storia con i giornali locali con lo scopo di raccogliere fondi per beneficenza in memoria del piccolo.

Era il giugno del 2012 e l'uomo stava trasportando un paziente in emergenza all'ospedale quando ha ascoltato per radio un messaggio in cui si parlava del suo quartiere e di un bambino in arresto cardiaco. "Ricordo ogni secondo di quella giornata, ho sentito la chiamata alla radio e ho capito che era il mio quartiere, sapevo che se non era Sam sarebbe stato uno degli altri piccoli figli dei nostri amici" ha raccontato il 36enne al Daily Mail l'Australia. "Ho cercato di chiamare Georgie ma al telefono di casa non rispondeva così ho provato a chiamare il cellulare, ma era occupato e allora ho sperato che stesse parlando con la sorella, invece solo dopo ho scoperto che era al telefono con il servizio di emergenza" ha ricostruito l'uomo.

Dopo i tentativi di contattare la moglie l'uomo infine ha deciso di chiedere ai colleghi via radio che gli hanno confermato che la chiamata era stata fatta dal suo indirizzo di casa. "Mi sono messo d'accordo con un collega per montare su un'altra ambulanza, consegnare il mio paziente e sono tornato a casa. Alle 22 la mia strada era illuminata dalla luce di tre ambulanze. Ho raggiunto Georgie, era in camera di Sam: era morto, ci aveva lasciati. Io e mia moglie ci siamo seduti uno a fianco all'altro e lo abbiamo coccolato" ha raccontato Pete. In memoria del piccolo la coppia, che ha avuto altri due figli, ha deciso di sostenere la ricerca e le famiglie come loro che si sono ritrovate a perdere un figlio per la sindrome della morte in culla.

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