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Torture nel carcere di Viterbo, un detenuto denuncia: “Mi hanno squagliato plastica sulle dita”

Un nuovo grave racconto di abusi e violenze arriva dal carcere Mammagialla di Viterbo, dove un detenuto trasferito da pochi mesi racconta di essere sottoposto a insulti, minacce, isolamento punitivo e arbitrario, violenze di vario genere. “Mi hanno squagliato dei pezzi di plastica sulle dita”, scrive in una missiva indirizzata alla compagna. Fanpage ha raccolto la sua denuncia e letto le sue lettere.
A cura di Valerio Renzi
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Il carcere Mammagialla di Viterbo è un istituto penitenziario tristemente noto per le denunce di abusi da parte dei secondini nei confronti dei detenuti, dei suicidi e delle condizioni durissime di detenzione. Un buco nero nell'ordinamento democratico del nostro paese da dove, nonostante le denunce coraggiose dei detenuti, gli accessi dei pochi rappresentanti istituzionali che si interessano alle condizioni di vita e ai diritti di chi si trova in carcere, l'azione delle associazioni e del Garante, continuano ad arrivare testimonianze che parlano di torture e pestaggi. Solo lo scorso gennaio il Comitato per la prevenzione della tortura aveva comunicato una situazione preoccupante, tra violenze e insulti a sfondo razzista. Sono passati altri dieci mesi e nulla sembra essere cambiato

Ecco la lettera che Valerio, arrivato al Mammagialla poco prima del lockdown, ha inviato alla sua compagna:

Usano violenze, mi hanno messo in isolamento, ogni giorno si divertono a fare degli esposti nei miei confronti. Me ne hanno già fatti quindici, tranquilla uno in più. Mi hanno messo in una stanza buia, stretta, uno schifo. La sera vengono in quattro e si divertono a squagliare della plastica sulle mie mani, un inferno. L'unica forza sei tu. Esponi quanto prima tutto. Mi dicevano ‘tanto noi ti vogliamo morto'. Invia tutto al magistrato. Noi sai come si divertono a farmi male, ma non sento nulla, sono forte no?

Sara dopo aver letto questa e altre missive di denuncia del suo compagno, si è recata dai carabinieri, ma sporgere denuncia non è così semplice. In un primo caso gli viene consigliato di lasciare perdere e la denuncia non viene presa dai militari, così ripiega sulla caserma di Ardea dove, dopo lungo insistenze, la sua denuncia viene verbalizzata. "I carabinieri di Aprilia che non hanno voluto raccogliere la denuncia a loro volta rischiando una denuncia per omissione di atti di ufficio. Sta al magistrato decidere se i fatti denunciati hanno rilevanza penale, possono essere oggetto di ulteriori approfondimenti e così via", chiarisce Rita Bernardini del Partito Radicale che sta seguendo la battaglia di Sara.

Chi segue quotidianamente quello che accade nel Mammagialla è Alessandro Capriccioli, consigliere regionale di Radicali + Europa, che spiega come si è in attesa ormai da mesi "che dalla Procura che indaga arrivino segnali di chiarezza" sulle numerose accuse di violenze e pestaggi in quello che si configura come un vero e proprio carcere con un regime punitivo. "È un contesto su cui bisognerebbe fare luce – aggiunge chiedendo di fare presto, di agire – Nessuno designa colpevoli prima che i fatti vengano dimostrati. Si deve far luce soprattutto a beneficio dei tantissimi agenti di polizia penitenziaria che lavorano bene, con grande dedizione, in condizioni ambientali e strutturali difficili".

Durante il periodo del lockdown Sara e Valerio hanno una videochiamata: "L'ho visto con gli occhi gonfi, con un cerotto in testa, con le vesciche sulle dita. Gli ho chiesto ‘che hai fatto?' e mi ha risposto ‘hanno preso dei piccoli pezzi di plastica e me li hanno squagliati sulle dita". Poi quella frase che la donna non si riesce a togliere dalla testa: "Sono sepolto vivo".

Ciclicamente, dopo il racconto di fatti gravi e gravissimi, i riflettori si riaccendono su quello che accade dentro il Mammagialla. Sarebbe ora di non spegnerli più finché le cose non cambieranno.

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