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Tortura la compagna e la obbliga a tatuarsi il suo nome sul volto: confermata la condanna a 6 anni

Ha presentato e perso il ricorso il 41enne accusato di maltrattamenti nei confronti della compagna: resta la condanna a sei anni.
A cura di Beatrice Tominic
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Maltrattava la compagna e l'aveva costretta a tatuarsi il suo nome sul volto e dopo essere stato condannato aveva fatto ricorso, ma niente da fare: resta la condanna a sei anni di reclusione. Ma il tribunale lo ha respinto: confermata la condanna a sei anni e otto mesi di reclusione, come scrive in un articolo la Repubblica. I due, dopo essersi conosciuti sui social network, hanno iniziato a convivere: si è trattato di un periodo breve, ma è bastato per essere considerato "intenso e stabile": secondo quanto deciso dalla Cassazione nel 36194 depositato ieri, quindi, è stato possibile far scattare l'accusa di maltrattamenti in famiglia.

Gli abusi sulla donna

Dopo i primi maltrattamenti sono arrivati quelli nei luoghi pubblici: sono intervenute anche le forze dell'ordine, nel 2019 e soltanto in quel momento è stato possibile venire a conoscenza della situazione di abusi vissuti dalla giovane da parte del compagno 41enne. Lui l'aveva costretta a tatuarsi il suo nome sul viso, lasciandole il segno permanente: "In particolare – scrive la Cassazione – il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso sarebbe stato commesso inducendo in errore l'esecutore materiale di alcuni tatuaggi impressi al volto della vittima, circa la sussistenza del consenso di quest'ultima".

La condanna e il ricorso

Il compagno della donna è stato condannato con rito abbreviato in primo grado dal Gup del Tribunale di Velletri e poi nel febbraio 2021 dalla Corte di Appello di Roma. Dopo il ricorso, che sosteneva la mancanza di un legame abbastanza duraturo, è stato necessario procedere anche nella Quinta sezione penale. La Suprema Corte, invece, ha spiegato: "Tra i due emerge un rapporto che,  pur non essendo durato a lungo, è stato intenso e stabile e che la coppia progettava di prolungare la vita in comune: è quindi configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia  anche in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e una attesa di reciproca solidarietà". Adesso l'uomo dovrà pagare, oltre le spese processuali, anche 3510 euro per la difesa della parte civile.

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