Si fingeva regista per violentare aspiranti attrici, nuova condanna a 6 anni e mezzo per Claudio Marini

Prometteva ruoli in film con grandi star di Hollywood, pellicole con nomi altisonanti come "Miele Amaro", "La forza dell'amore" o "Un gioco pericoloso". Poi invitava le aspiranti attrici a casa sua per dei casting in cui dovevano provare una scena erotica. Claudio Marini, 53 anni, originario di Frosinone, è stato condannato in primo grado a 6 anni e 6 mesi di reclusione per violenza sessuale dal tribunale di Roma. Marini era stato già condannato nel dicembre 2023 a 11 anni e 9 mesi di reclusione in primo grado per accuse simili.
Nuova condanna per Claudio Marini: ha baciato e palpato una ragazza con il pretesto di un casting
La vittima, che si è costituita parte civile ed è assistita dal legale Luigi Mancini, è una ragazza, all'epoca ventenne, di Viterbo, a cui Marini aveva inizialmente fissato il provino in un McDonald's, location dove si dovevano girare le scene con baci. Poi, non ritenendo il fast food un luogo consono, le ha proposto di spostare il casting a casa sua, per risparmiare sul budget. Qui avrebbero dovuto girare una scena ‘hot'. Con questo pretesto, il sedicente regista avrebbe abusato della ragazza.
La condanna del dicembre 2023
Il metodo è lo stesso per cui Marini – o ‘Alex Bell', come si faceva anche chiamare a Roma – è stato già condannato in primo grado nel dicembre 2023 in un altro processo. Nel 2019, con degli annunci su internet ha adescato ragazze con voglia di fare carriera nel cinema, promettendo loro dei provini. È stato arrestato ad agosto 2021 dopo essere stato denunciato da dodici donne, molte delle quali hanno raccontato gli abusi anche sui social. "Ero solo una bambina e lui giocava su questo, sulla mia innocenza su dei sogni, adescare bambine e giovani donne, per dei motivi da porco", aveva scritto una di loro.
Claudio Marini era poi tornato libero nel gennaio 2023 per decorrenza dei termini processuali. All'epoca il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a nove anni di reclusione. I giudici della quinta sezione del Tribunale di Roma avevano accolto la richiesta ma aumentando la pena, oltre che a escluderlo in perpetuo dai pubblici uffici.
La sentenza era stata definita come l'inizio di una "nuova era", dalle avvocate Teresa Manente e Marta Cigna di Differenza Donna, parte civile in quel processo. L'era del "me too italiano. Un movimento che ha preso forma e voce anche nel nostro Paese grazie alla determinazione di tante donne attrici e aspiranti attrici come le 12 parti offese di questo processo".