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Sesso e ricatti nel carcere di Rebibbia: indagati due agenti per incontri con transessuale

Una detenuta transgender ha denunciato di aver subito abusi da due poliziotti all’interno del carcere romano. Per la procura non ci fu violenza, ma sesso in cambio di un trattamento di favore.
A cura di Simone Matteis
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Sesso, amore e ricatti al carcere di Rebibbia: è quanto emerge dall'indagine della Procura di Roma dopo una denuncia da parte di una detenuta dell'istituto penitenziario romano, che ha messo in luce una serie di presunti abusi commessi da alcuni agenti della polizia penitenziaria. A portare a galla questa vicenda è stata una detenuta transgender di origini brasiliane, che partendo dalla denuncia di alcuni fatti che la vedrebbero direttamente coinvolta, ha colto l'occasione per raccontare agli inquirenti anche tante altri episodi avvenuti sempre tra gli agenti della polizia penitenziaria e alcune detenute, in particolar modo quelli del settore di Rebibbia dedicato alle persone transgender.

Tra presunti abusi e colpi di fulmine, la Procura vuole vederci chiaro

Come riportato dal quotidiano Repubblica, lo scorso dicembre la donna ha denunciato i fatti risalenti al periodo compreso tra l'autunno e l'inverno del 2021: tra presunte violenze e molestie verbali, c'è anche la storia del colpo di fulmine tra un poliziotto e una detenuta che sono convolati a nozze subito dopo la sua scarcerazione.

A partire dal racconto della donna la Procura capitolina, nella persona del pm Claudia Terracina, comincia a indagare per provare a capire cosa succeda realmente all'interno di Rebibbia: gli episodi denunciati dalla detenuta, infatti, delineano uno scenario torbido sul quale è fondamentale fare chiarezza, soprattutto per verificare se si sia trattato di veri abusi o se le parole della donna non costituiscano, piuttosto, delle accuse prive di fondamento nei confronti degli agenti della penitenziaria.

Incongruenze e verità nel racconto della donna

I lavori coordinati dal pm Terracina evidenziano come alcuni fatti raccontati dalla donna non possano essere in alcun modo verificati, a cominciare dalle presunte molestie verbali che i poliziotti avrebbero rivolto ad alcune detenute transgender. Inoltre, dall'indagine emerge come alcune persone tirate in ballo dalla donna non risultassero neanche detenute dell'istituto penitenziario nei mesi in cui sosteneva che le violenze e le molestie si fossero verificate.

Fra tanti racconti giudicati infondati dalla Procura, una storia è però accertata come veritiera e non costituisce reato: è il caso del poliziotto che si innamora della detenuta transgender, con i due che decidono di sposarsi non appena terminato il periodo di carcerazione a cui la donna era sottoposta.

Rapporti sessuali in cambio di favori

Più delicata è invece la vicenda che vede coinvolta in prima persona proprio la detenuta che ha denunciato i presunti abusi subiti in carcere da due poliziotti: secondo il suo racconto le violenze si sarebbero verificate in occasioni diverse, circostanza confermata anche dalle testimonianze e dalle intercettazioni di altre detenute.

Per la Procura, tuttavia, non si sarebbe trattato di un caso di stupro dal momento che la donna avrebbe accettato di avere dei rapporti con i due poliziotti in cambio di alcuni trattamenti di favore. Caduta l'ipotesi di violenza sessuale, rimane in piedi l'idea che si sia potuto trattare di un ricatto a luci rosse: verso metà dicembre i due agenti della penitenziaria coinvolti nella vicenda saranno infatti chiamati a difendersi dal reato di induzione indebita.

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