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L' omicidio di Simonetta Cesaroni in via Poma

Omicidio Simonetta Cesaroni, 35 anni fa il delitto di via Poma: giallo aperto, si cerca ancora il killer

Sono passati 35 anni dall’omicidio Simonetta Cesaroni, trovata morta nell’ufficio in via Poma a Roma. Per la sua morte si cerca ancora il killer.
A cura di Beatrice Tominic
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Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni
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Quel 7 agosto 1990 una giovane di 20 anni si è alzata per andare al lavorare e, come faceva due volte a settimana, ha raggiunto l'ufficio nel quartiere Prati in via Poma. In quella giornata molti erano già in ferie e lei era sola nello stabile. Dopo una giornata di lavoro, verso le ore 23.30, il suo corpo è stato ritrovato senza vita, massacrato dai tagli e lasciato seminudo in una stanza perfettamente e stranamente in ordine.

Sono passati esattamente 35 anni dal ritrovamento del corpo di Simonetta Cesaroni, ventenne trovata senza vita all'interno di un ufficio in via Poma, a Roma. Ad ucciderla sono stati 29 colpi di arma da taglio, probabilmente un tagliacarte, inferti su tutto il corpo, dal viso all'addome fino ai genitali. Nonostante siano trascorsi più di tre decenni, ancora oggi il delitto di via Poma resta un mistero irrisolto, per cui non sono stati trovati i responsabili.

Nell'ultimo anno sembrava che il caso fosse destinato ad essere archiviato, ma lo scorso dicembre la gip ha deciso di respingere la richiesta che avrebbe posto la parola fine sulla vicenda. Le indagini continuano e si spostano anche sul ruolo degli inquirenti. La verità si troverebbe all'interno di una lettera di Pierino Vanacore, il portiere dello stabile in cui è stata rinvenuta Simonetta Cesaroni, scritta prima di suicidarsi. Secondo un'ultima pista, l'uomo sarebbe stato ricattato da un agente segreto che gli avrebbe chiesto di mentire sui fatti.

Simonetta Cesaroni, il giorno di lavoro e la scomparsa

La mattina di martedì 7 agosto 1990 Simonetta Cesaroni si è recata nella sede dell'azienda per cui lavorava. Ha visto il datore di lavoro, Salvatore Volponi, e ha discusso con lui delle ferie. Nel pomeriggio aveva il compito di passare nell'ufficio dell'Aiag, Associazione Italiana Alberghi della Gioventù, e poi aggiornare Volponi alle 18.20. Simonetta Cesaroni è uscita di casa con la sorella Paola, che l'ha accompagnata alla stazione della metropolitana di Subaugusta per raggiungere quella di Lepanto, dove è scesa per entrare in ufficio. Secondo le stime degli inquirenti sarebbe arrivata in ufficio poco prima delle 16.

Simonetta Cesaroni.
Simonetta Cesaroni.

I locali, in quel giorno che precede le ferie, erano chiusi al pubblico. Alle 17.15 ha chiamato Luigina Berrettini, una sua collega. È stata lei l'ultima persona ad aver sentito Simonetta Cesaroni. Quella chiamata, che la ventenne avrebbe dovuto fare al datore di lavoro Volponi, non è mai arrivata. Ma è soltanto verso le 20 che è scattato l'allarme, quando non si è presentata a casa. Dopo un'ora e mezza sono scattate le ricerche.

È stato allertato anche Volponi e, poiché lui non conosceva il numero di telefono degli uffici di via Poma, la sorella Paola Cesaroni, con il fidanzato Antonello Barone, è andata a prendere Volpini e il figlio e tutti e quattro hanno raggiunto gli uffici. Sono entrati al loro interno alle 23.30 circa. E hanno trovato il corpo senza vita della ventenne.

Delitto di via Poma: il ritrovamento di Simonetta Cesaroni senza vita

Ciò che hanno trovato nell'ufficio, la scena del crimine, era piuttosto particolare. Dai segni riscontrati sul corpo, è stato evidente che la giovane fosse stata colpita e immobilizzata a terra, come raccontato dagli ematomi sul corpo, prima di essere colpita da 29 fendenti, forse inferti con un tagliacarte. La giovane è stata abbandonata con il corpo massacrato e seminuda. Il killer, oltre a spogliarla dei fuseaux, degli slip e della giacca, le ha tolto alcuni dei gioielli che indossava, fra cui gli orecchini, l'anello, il bracciale e il girocollo in oro e ha portato via con sé le chiavi dell'ufficio.

L’ufficio in cui è stato trovato il cadavere di Simonetta Cesaroni
L’ufficio in cui è stato trovato il cadavere di Simonetta Cesaroni

Il resto, intorno al corpo privo di vita, è stato ordinato in un modo che stride col ritrovamento: non c'era una macchia di sangue, non c'erano segni di colluttazione. Persino le scarpe da ginnastica della giovane sono state lasciate in ordine, vicino alla porta.

Le indagini sul delitto di via Poma: i sospettati

Fra i primi ad arrivare nell'ufficio al terzo piano di via Poma c'erano degli agenti dei servizi segreti. Hanno interrogato per primi i portieri degli stabili che, però, non hanno visto niente: quel pomeriggio si sono ritrovati tutti insieme per mangiare il cocomero, nessuno ha visto persone uscire o entrare dallo stabile.

Fra loro, spunta la figura di Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile. L'uomo è stato il primo sospettato. Nello stesso mese di agosto è finito in carcere, per 26 giorni. A scagionarlo il fatto che sui suoi vestiti non ci fosse traccia del Dna della ventenne. Il suo nome è poi tornato negli atti del 2008, mentre erano in corso le indagini su Raniero Brusco, l'allora fidanzato della ragazza. Dopo due anni, nel 2010, si è suicidato. Prima di togliersi la vita ha lasciato un cartello: "Venti anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio". Soltanto tre giorni dopo avrebbe dovuto deporre, assieme alla moglie Giuseppa De Luca e al figlio Mario, all'udienza del processo in Corte d'Assise sul delitto Cesaroni a carico di Raniero Busco.

Il secondo sospettato è stato Federico Valle, il nipote di Cesare, l'architetto che aveva progettato lo stabile di via Poma e che all'epoca viveva nell'attico. La sera del 7 agosto il giovane sarebbe andato a fare visita al nonno e, stando a quanto la mamma ha raccontato a un amico, al suo ritorno il giovane sarebbe stato sporco di sangue ovunque e con un taglio a una mano. L'amico in questione, però, si è rivelato presto essere un truffatore e le informazioni false. Il Dna presente sulla maniglia dell'ufficio, rinvenuta nell'ufficio, non apparteneva a Valle: le prove, considerate insufficienti, hanno protato al proscioglimento da ogni accusa nel 1995.

L'ultimo sospetto, almeno fino alle ultime indagini, è stato su Raniero Busco, all'epoca fidanzato di Simonetta Cesaroni. Il suo Dna sembrava corrispondere con le tracce di saliva riscontrate sul reggiseno della giovane. Le indagini su di lui sono iniziate nel 2005, è stato condannato nel 2011, ma è stato assolto in appello con conferma della Cassazione nel 2014.

Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni

Il ruolo dei servizi segreti: su cosa si indaga oggi

Come anticipato, fra i primi ad arrivare nell'ufficio di via Poma, ci sarebbero stati degli agenti dei servizi segreti. Secondo le ultime indagini, la pista sul caso porterebbe a due uomini di Stato che potrebbero essere stati ricattati, negli anni, dopo il furto del caveau di piazzale Clodio, per mano di un commando guidato da Massimo Carminati. In quegli appunti trafugati si sarebbero trovati i nomi di assassino e depistatori sul delitto di Simonetta Cesaroni: la cassetta 456, infatti, apparteneva all'avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, presidente dell'Aiag, l'associazione con presunti legami con i servizi nei cui uffici è avvenuto il delitto Cesaroni.

In quella giornata del 7 agosto, inoltre, molte ore prima del ritrovamento del corpo da parte della sorella, sembra che più persone sapessero della presenza di una persona morta, come si evince da un'intercettazione fra la moglie di Mario Macinati, assistente dello stesso avvocato Francesco Carracciolo di Sarno, presidente regionale degli Ostelli e il datore di lavoro di Simonetta, Volponi, che avrebbe detto al figlio Giuseppe: "Nell'ufficio degli Ostelli c'è una persona deceduta".

Sebbene siano passati 35 anni, infine, c'è chi sostiene che il nome dell'assassino si trova fra gli atti iniziali dell'inchiesta sul caso. Al vaglio degli inquirenti la lista delle persone che si trovava in ufficio quel giorno, che inizialmente non è stata passata al setaccio da nessuno. Nel 1994, però, si è scoperto che quei documenti risultavano mancanti per il periodo estivo, dal 10 luglio al 13 novembre, compreso il giorno del delitto. Per questa ragione il vecchio dossier è stato consegnato in Procura, dove gli inquirenti sono stati chiamati a fare chiarezza sul caso. Grazie anche agli approfondimenti, è stato possibile non archiviare la vicenda. Nella speranza che, presto, si possa trovare il nome del responsabile.

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