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Delitto di Arce, omicidio di Serena Mollicone

Omicidio Mollicone, oggi la sentenza. In aula i genitori di Marco Vannini: “Giustizia per Serena”

La pm ha chiesto 30 anni per l’ex maresciallo Franco Mottola, 21 per la moglie e 24 per il figlio. In aula anche i genitori di Marco Vannini, ucciso nel 2015 a Ladispoli.
A cura di Beatrice Tominic
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I genitori di Marco Vannini in tribunale per la sentenza del processo Mollicone
I genitori di Marco Vannini in tribunale per la sentenza del processo Mollicone
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È prevista nella serata di oggi, 15 luglio 2022, la sentenza del processo per l'omicidio di Serena Mollicone, uccisa 21 anni fa, nel 2001, ad Arce quando aveva appena diciotto anni. Secondo le ricostruzioni della Procura di Cassino, la ragazza sarebbe stata aggredita nella caserma dei carabinieri del paese ciociaro, guidato all'epoca dal maresciallo Franco Mottola. Proprio lui, insieme alla sua famiglia, si siede nel banco degli imputati. Nella sua requisitoria, la pm Beatrice Siravo ha chiesto una condanna a trenta anni di carcere per l'ex militare, 24 per il figlio Marco Mottola e altri 21 per Anna Maria, moglie del primo e madre del secondo. Ancora una volta, nei tribunali del Lazio, un'intera famiglia sotto processo.

I genitori di Marco Vannini: "Giustizia per Serena"

In aula in sono presenti anche Valerio e Marina, i genitori di Marco Vannini, ucciso a Ladispoli nel 2015 quando aveva vent'anni. "Siamo qui per manifestare la nostra solidarietà alla famiglia Mollicone. Il papà che in questi anni si è battuto come un leone per sapere la verità è morto". Confidiamo che venga fatta giustizia per Serena, com'è stato per Marco". Marina davati alle telecamere ha detto: "La mamma di Serena è morta quando aveva sei anni, io che sono diventata la mamma di tutta Italia, la mamma di chiunque abbia subito un'ingiustizia, oggi sono qui, perché Serena è stata uccisa e aveva l'età del mio Marco".

I genitori di Marco Vannini Marina e Valerio prima della sentenza del processo Mollicone
I genitori di Marco Vannini Marina e Valerio prima della sentenza del processo Mollicone

Per l'omicidio di Marco Vannini un'altra famiglia intera è finita sotto processo, quella della sua fidanzata, Martina Ciontoli. Tutti i componenti della famiglia sono stati condannati al carcere, grazie anche alla battaglia per la verità combattuta dai genitori del ventenne: ad una pena di 14 anni il padre Antonio Ciontoli e a quella di 9 anni e 4 mesi la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina.

Carmine Belli: "Spero che venga fuori la verità"

Carmine Belli
Carmine Belli

Ad essere presente in aula in attesa della sentenza anche Carmine Belli, il carrozziere di Rocca d'Arce, che nel 2003 è stato ingiustamente arrestato per l'omicidio di Serena e successivamente scagionato. "Sono un po' in ansia, oggi dopo ventidue anni è giusto che venga fuori la verità – ha detto nel pomeriggio intervistato dai giornalisti – Spero che la mia testimonianza sia servita a qualcosa, aspettiamo di conoscere cosa hanno deciso i giudici". Belli era stato incastrato ingiustamente da un biglietto da visita del dentista ritrovato dall'ispettore di Polizia all'interno della sua officina, sul quale c'era scritto ore 19.30 Serena Mollicone, biglietto mai sottoposto al vaglio della Scientifica. Ha ricordato il giorno della sua assoluzione: "Ci fu un applauso in aula, la guardia mi disse che potevo tornarmene a casa e capii che fui scarcerato".

La difesa dei Mottola

L'intera famiglia Mottola si è sempre dichiarata innocente per quanto riguarda l'omicidio della giovane. Secondo il team di avvocati che li sostiene al processo, nell'ultima udienza hanno chiesto per tutti e tre l'assoluzione con formula piena per non aver commesso il fatto. Secondo gli avvocati della difesa, il comportamento della famiglia Mottola non è logico, l'accusa non ha fornito alcuna valida alternativa e, di conseguenza, i fatti non sono verificati. Per i legali i tre sono innocenti e mancano le prove dei depistaggi da parte dell'ex maresciallo Mottola a cui più volte si è fatto riferimento nel corso del processo.

In quel "crescendo di coperture" che sarebbe costato al maresciallo un provvedimento disciplinare con trasferimento, secondo la Procura rientrano i consigli al figlio Marco per crearsi un alibi il giorno dell'omicidio ("Fatti vedere in giro", ndr) e diramazione la segnalazione per cercare un'automobile Lancia Y rossa, anziché bianca come quella del figlio Marco. Ad avvalorare l'ipotesi della presenza di depistaggi, inoltre, si aggiungerebbero tutti i tentativi di allontanare i sospetti dal figlio anche in altre occasioni (il maresciallo, probabilmente, sapeva che frequentava pusher e consumava droga).

E mentre, ancora una volta, gli avvocati fanno riferimento ad un "frastuono mediatico" sul caso, i legali specificano: "Per avere una sentenza giusta bisogna avere indizi gravi, precisi e concordanti. L'accusa non può fondarsi sulla sommatoria fine a se stessa di tutti gli indizi messi insieme. Indizi che non sono prove: non è una porta che può dare credibilità a indizi che non l'avevano", facendo riferimento al segno sulla porta della caserma (che combacia con le analisi sul corpo di Serena Mollicone) e, contemporaneamente, anche alla mancanza di impronte.

Gli altri imputati: due carabinieri della caserma di Arce

Sotto processo, oltre all'intera famiglia Mottola, anche l'ex vicecomandante accusato di concorso in omicidio, per cui sono stati chiesti dalla pm Siravo 15 anni di reclusione e l'appuntato Francesco Suprano, accusato invece di favoreggiamento, che rischia 4 anni di reclusione.

"Santino Tuzi si è suicidato perché lasciato solo", ha inoltre dichiarato la pm durante la sua requisitoria. Proprio Vincenzo Quatrale, è stato ascoltato in alcune intercettazioni durante le quali parlava con il brigadiere Santino Tuzi, che si è ucciso con un colpo di pistola l'11 aprile del 2008. "Quella mattina vidi entrare una ragazza, ma non ne ho parlato con nessuno", si era confidato Tuzi con Quatrale. Proprio l'ex vice comandante aveva chiesto maggiori informazioni: "Ma una ragazza o Serena?" Il brigadiere, allora aveva detto di essere stato vago e di aver risposto di non ricordare. "Santi’, tu puoi dire questo qua però, eh, rifletti pure che comunque chi stava co’ te… eh… metti in mezzo ai pasticci nel momento in cui dici: “non ricordo. Non ricordo", lo aveva infine redarguito Quatrale.

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