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Delitto di Arce, omicidio di Serena Mollicone

Omicidio Serena Mollicone, la difesa dei Mottola: “Prove contaminate, fili d’erba scambiati con capelli”

Secondo Carmelo Lavorino, criminologo e consulente della difesa per la famiglia Mottola, le prove dell’omicidio di Serena Mollicone furono contaminate. E i fili d’erba intorno al corpo scambiati per capelli.
A cura di Natascia Grbic
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Continua il processo davanti la Corte d'Appello di Frosinone riguardo l'omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce trovata morta nel 2001 nel bosco di Fontecupa. A contrapporsi sono le tesi dell'accusa e della difesa, che vertono essenzialmente su un perno: se la porta della caserma di Arce sia stata o meno l'arma del delitto. Per la difesa non è assolutamente così. Per la procura, invece – ed è la tesi che ormai sta cercando di dimostrare da anni – la testa di Serena sarebbe stata sbattuta con violenza contro la porta, facendole perdere i sensi.

Imputati nel processo sono il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Annamaria ed il figlio Marco, oltre ad altri due militari dell'Arma, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, in servizio all'epoca dei fatti nella stazione di Arce. In primo grado sono stati tutti assolti.

La difesa: "Reperti contaminati"

Secondo Carmelo Lavorino, criminologo e consulente della difesa per la famiglia Mottola, le prove all'epoca sarebbero state contaminate. Non sarebbe quindi possibile stabilire se i frammenti lignei trovati sul capo di Serena appartengano effettivamente alla porta della caserma di Arce. "Quelli che sono stati scambiati per i capelli di Serena Mollicone che fuoriuscivano dal sacchetto che le avvolgeva la testa, sono fili d'erba – ha dichiarato – Per capire che c'è stata contaminazione, con gli altri reperti, basta vedere il filmato dell'esame sul cadavere eseguito dal medico legale Conticelli che ha tagliato e ha aperto la busta dell'Eurospin sul tavolo settorio e ha tagliato il nastro adesivo".

L'accusa: "Porta della caserma arma del delitto"

Non è così però per gli esperti che hanno analizzato il corpo della 18enne e la presunta scena del delitto. Secondo il luogotenente Rosario Casamassima, all'epoca dei fatti in servizio al Ris dei Carabinieri, l'arma del delitto fu proprio la porta della caserma di Arce, dove Franco Mottola era comandante. Dalle analisi effettuate, i frammenti lignei trovati sulla testa della ragazza sarebbero compatibili con la composizione della porta.

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