Maxiprocesso contro la ‘Ndrangheta a Roma: chiesti oltre 450 anni per 43 membri del clan Alvaro-Carzo

La procura di Roma ha chiesto 463 anni di reclusione per i sospettati di appartenere al clan ‘ndranghetista degli Alvaro-Carzo. Un processo da oltre 50 udienze, una sequenza infinita di capi d'accusa per 43 imputati che potrebbe debellare la prima cosca autonoma della Capitale. Secondo i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia Stefano Luciani e Giovanni Musarò, infatti, l'organizzazione sarebbe nata a Roma non come una propaggine di qualche famiglia calabrese, ma in autonomia, arrivando presto a crearsi una propria identità.
Maxiprocesso alla ‘ndrangheta romana: chiesti 30 anni per il boss Alvaro
Trent'anni di carcere la richiesta per il boss Vincenzo Alvaro, accusato di truffa, spaccio, intestazione fittizia e tanto altro. Il tutto con le modalità dell'associazione di stampo mafioso, riconosciuta nel processo in Appello – svolto con rito abbreviato – che coinvolge altri 17 presunti membri e che si è concluso con circa cento anni di condanne totali. Diciotto di questi sono stati inflitti al boss Antonio Carzo.
"La ‘Locale' ha agito esattamente in parallelo allo Stato, con propri strumenti di ‘risoluzione delle controversie' e con proprie ‘procedure esecutive', con consistente disponibilità di armi", ha scritto il giudice per le indagini preliminari nelle motivazioni della sentenza con cui concedeva il rito abbreviato. Armi che servivano, se avessero voluto, a "fare una guerra", come si legge in un'intercettazione.
Il metodo Alvaro per il riciclaggio
La famiglia Alvaro-Carzo a partire dal 2015 si è ramificata e ha preso il controllo di moltissime attività commerciali nei settori più vari: ristorazione, panificazione, pasticceria, ritiro di pelli e olii esausti. Tutto questo spesso attraverso l'utilizzo di prestanome. Zio Melo Srl, Cala Roma Srl, Station Food sono tutti nomi di società non intestate a Vincenzo Alvaro ma per cui, nella ricostruzione dei pm, il boss avrebbe interceduto con il direttore della filiale di via Baldovinetti della Banca Popolare di Milano, Fabio Marsili, imputato per favoreggiamento nel maxiprocesso.