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Madonna di Trevignano, news su Gisella Cardia

Madonna di Trevignano, la consulente di Gisella Cardia contro Giardina: “Sulla statua anche DNA di ignoti”

Le osservazioni della consulente di parte Marina Baldi sulla perizia di Emiliano Giardina su statua della Madonna e quadro di Cristo: “Non è corretto parlare di tracce DNA da sangue appartenente a Gisella Cardia, ma che c’è sangue e inoltre il DNA dell’indagata”.
A cura di Alessia Rabbai
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Maria Giuseppa Scarpulla e il reperto della statuetta della Madonna
Maria Giuseppa Scarpulla e il reperto della statuetta della Madonna
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"Sulla statua della Madonna e sul quadro di Cristo c'è il DNA di altre persone ignote oltre a quello di Gisella Cardia". La consulente di parte di Maria Giuseppa Scarpulla, ha pubblicato le osservazioni sulla perizia di genetica forense fatta da Emiliano Giardina sul sangue. Ieri in camera di consiglio nell'ambito dell'incidente probatorio al Tribunale di Civitavecchia la giudice delle indagini preliminari Vittoria Sodani non ha ascoltato Marina Baldi, che ha però depositato la sua relazione.

La consulente, incaricata dagli avvocati Giuseppe Marazzita e Solange Marchignoli, difensori dei coniugi Cardia, ha stilato una ventina di pagine di commento sugli accertamenti tecnici fatti da Giardina il 19 novembre del 2024. Scarpulla e il marito Gianni Cardia sono indagati per truffa aggravata e continuata in concorso per un presunto giro di donazioni in merito alla vicenda di Trevignano Romano. Una "battaglia" tra periti: Baldi ha risposto alle affermazioni di Giardina, che ha dichiarato come "chiaramente il sangue appartenga a Scarpulla e solo a lei, senza alcun dubbio".

"Sulla statua profili misti appartenenti a due sconosciuti"

La genetista forense Maria Baldi è convinta che per quanto riguarda il DNA di Gisella Cardia presente sulla statua non si possa parlare di DNA da sangue, ma che sia più corretto parlare che sulla statua "vi è sangue, e che inoltre c'è il DNA dell'indagata". Per Baldi è più probabile che "il DNA di Scarpulla provenga da cellule epiteliali – dovute al contatto ndr – o da saliva, in quanto negli anni ha ripetutamente toccato e baciato i due oggetti religiosi".

"Dalla lettura dei profili ottenuti dalle analisi fatte dal perito – scrive Baldi – risulta chiaramente evidente che il profilo di Scarpulla è presente in quasi tutte le campionature esaminate. Fanno eccezione unicamente due delle campionature consegnate dagli indagati nel 2016 – fa riferimento alla relazione dei carabinieri del Ris – dove risultano presenti profili misti appartenenti a sconosciuti (individui ignoti). Quindi due tamponi su quattro hanno materiale di estranei.

"Il DNA di Scarpulla non deriva dal sangue"

Baldi spiega che: "Appare evidente che il DNA dell’indagata, pur presente in quantità considerevoli, non deriva dal sangue. Lo stesso DNA misto, con componente maggioritaria appartenente all’indagata è presente nelle altre campionature fatte da Giardina sui due oggetti. Anche in questi casi il profilo maggioritario appartiene alla Scarpulla, e gli altri alleli sono scarsamente rappresentati: in un punto di un reperto c'è una concentrazione consistente per gli alleli della Scarpulla e molto più ridotta negli alleli estranei". Il sangue per la perita Baldi potrebbe appartenere ai profili minoritari di ignoti.

È necessario valutare con attenzione l’ipotesi che il DNA di Scarpulla sia sui reperti in conseguenza di normalissime e reiterate attività di anni su tali oggetti sacri di manipolazione e preghiera, e che invece il sangue appartenga a un terzo soggetto, ma che nel corso di diversi anni verosimilmente si è degradato, riducendo il quantitativo di DNA dei soggetti ignoti. La letteratura scientifica documenta che in caso di mistura di DNA, qualora la traccia sia composta da fluidi diversi, è sufficiente che uno dei fluidi componenti la mistura sia sangue, per dare la positività al test Hexagon OBTI, anche se non tutti i contributori potrebbero aver rilasciato proprio del sangue con il contatto ma altro tipo di traccia come sudore, saliva, lacrime". Ora spetta al pubblico ministero esprimersi sulla richiesta di un eventuale rinvio a giudizio dei coniugi Cardia oppure sull'archiviazione. Ciò che deciderà lo sapremo probabilmente già nei prossimi giorni.

Marchignoli: "Nostra consulente non ascoltata, leso diritto alla prova"

"Negare alla difesa il diritto di sentire il proprio consulente tecnico equivale, di fatto, a comprimere il principio del contraddittorio e a ledere il diritto alla prova, che rappresentano cardini del giusto processo – ha commentato uno degli avvocati dei coniugi Cardia Solange Marchignoli – In particolare, quando ci si trova di fronte a una consulenza tecnica d’ufficio che incide in modo determinante sull’esito del giudizio, impedire al consulente della parte di esprimersi significa accettare acriticamente una verità parziale, fondata sull’operato di un solo tecnico.

Ma la verità processuale non è un atto d’autorità: è un percorso dialettico. L’apporto della difesa, attraverso il proprio consulente, non è un orpello, né un rallentamento del procedimento, ma una garanzia. Una garanzia che i dati vengano letti anche da una prospettiva diversa, che le ipotesi alternative siano valutate, che le eventuali lacune metodologiche vengano evidenziate. È proprio nel confronto fra tesi diverse che si può sperare di avvicinarsi alla verità. Vietare questo confronto significa, in ultima analisi, rinunciare alla verità in favore di una verosimiglianza unilaterale".

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