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Lido di Ostia, i detriti degli stabilimenti balneari da mesi sulla spiaggia: la rabbia dei cittadini

Da mesi il Lido di Ostia è occupato dai detriti degli stabilimenti sulle spiagge. Un gruppo di cittadini si oppone e pretende che vengano smaltiti dai concessionari, anziché con soldi pubblici.
A cura di Daniele Stefanini
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Detriti e resti dello stabilimento nel mare di Ostia.
Detriti e resti dello stabilimento nel mare di Ostia.

"Long live erosion, sweep them all away" (lunga vita all'erosione, spazzali via tutti). Questa scritta è apparsa pochi giorni fa sui muri di un noto stabilimento balneare del lido di Ostia, a poche decine di metri dalla battigia e ben visibile dal marciapiede del lungomare Lutazio Catulo. Qualcuno per farla ha dovuto scavalcare un cancello, come se fosse un ladro che entra in una proprietà privata e vergarla di notte. Di nascosto. Questo graffito la dice lunga sul brutto clima, non solo dal punto di vista metereologico – da novembre ad oggi almeno tre mareggiate hanno distrutto parte del litorale – che scende sulla costa del Municipio X quando si parla di concessione balneari, di cementificazione dell'arenile e di libertà di accesso al mare.

Succede ogni anno, ad ogni fine ed inizio stagione. Non è una novità ma è un argomento che consuma, come l'erosione del mare sulla spiaggia romana, sia i concessionari degli stabilimenti sia chi ha un'altra idea del bene pubblico. E c'è anche chi, davanti alle telecamere di Fanpage.it, ha preferito declinare gentilmente un'intervista sul tema temendo di esporre mediaticamente troppo sé e la propria famiglia. In una frazione di terra che conta tra i 50 e i 60 mila abitanti, dove l'economia è prettamente legata la mare, chi gestisce da decenni le spiagge ha anche il potere decisionale su chi far lavorare e chi no.

Il processo di cementificazione della spiaggia

Da novembre 2023 ad oggi, una parte delle spiagge del lido di Ostia ricorda, se guardata da una certa angolazione e con le dovute precauzioni del caso, l'isola di Haiti dopo il terremoto del 2010. Detriti e distruzione.
"C'è stato proprio un processo di cementificazione della spiaggia – dichiara a Fanpage.it Danilo Ruggiero, presidente dell'associazione Mare libero – che va arrestato a tutti i costi. Queste cabine distrutte che finiscono i mare, non sono soltanto un pericolo per le piccole imbarcazioni che vanno in mare (la zona disastrata è interdetta da un ordinanza della Capitaneria di Porto nel raggio di 50m dalla costa), ma anche per la fauna e la flora marina perché, ad esempio, le vernici delle porte e delle pareti sono fortemente inquinanti".

L'associazione mare libero: "Mare e spiaggia sono di tutti"

L'associazione Mare libero è un piccolo angolo di libero accesso al mare tra i tanti chilometri di cancelli di stabilimenti a pagamento. I cittadini che fanno parte di Mare Libero riconoscono che l'argomento nel municipio X non fa molta presa sulla popolazione. Loro comunque ci provano a sensibilizzare i più. Lamentano una scarsità di liberi accessi e di spiagge pubbliche. Quelle che ci sono dicono "sono dei carnai indecenti, con pochi servizi per molte persone". Ogni 14 luglio dal 2018, con una pausa covid inevitabile, sono gli ideatori a livello nazionale della Presa della Battigia. Evocando la Rivoluzione francese del 1789, irrompono a pieno titolo di legge, la 296 del 2006 e la n 217 del 2011, passando preferibilmente attraverso le strutture degli impianti balneari, e si prendono simbolicamente la battigia "per riaffermare il principio che il mare e la spiaggia sono beni pubblici e la loro funzione come tali è di essere fruibili ai cittadini".


"Non siamo contro gli stabilimenti balneari – ci tengono a precisare – noi siamo contrati ad un'impresa, ad una società e a delle attività economiche che trasformino la spiaggia in un luogo privato e in un'area edificabile."
Per quanto riguarda i detriti che da mesi occupano le spiagge della costa, sono pronti a impegnarsi con determinazione nei prossimi mesi affinché i resti di quelle cabine, che non sarebbero dovute esistere, vengano smaltiti, come previsto dalla legge, con risorse economiche degli stessi concessionari dei bagni e non con soldi pubblici, come temono.

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