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“Lavoravo in hotel 11 ore al giorno per 500 euro al mese: ecco perché ho abbandonato lo stage”

“Quando ho detto che me ne sarei andata mi hanno dato della presuntuosa – racconta Camilla a Fanpage.it – Ma credo che sia stata la scelta migliore della mia vita”.
A cura di Beatrice Tominic
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Sei mesi di ricerche, centinaia di curricula inviati in azienda e qualche colloquio: alla fine per Camilla (nome di fantasia) è arrivata la prospettiva di un nuovo lavoro in un albergo romano appena aperto. Le sembrava un sogno, ma presto ha dovuto lasciare spazio alla sua delusione.

"Mi hanno assunta come stagista nonostante avessi già esperienza. Ma visto che nel Lazio lo stipendio minimo per legge è di 800 euro, per pagarmi meno mi hanno fatto firmare la collaborazione con un'azienda che ha sede in Veneto. Prendevo 500 euro al mese per fare qualsiasi cosa e lavorare 10 ore al giorno – racconta Camilla a Fanpage.it – Qualche mese dopo, quando mi sono lamentata con i datori di lavoro mi sono sentita dire che ero una presuntuosa".

Il lavoro in hotel

"Ho iniziato a lavorare in un famoso hotel a cinque stelle superior di Roma, con uno stage pagato, come da legge, 800 euro, poi mi hanno assunto con un determinato in sostituzione maternità. Alla prima scadenza utile mi hanno dovuto licenziare. È successo subito dopo il covid, erano in difficoltà – racconta Camilla – Così per me è iniziato un calvario, comune a molti, fatto di curricula, annunci, colloqui. E tante porte in faccia. Poi ho trovato una speranza, l'apertura di un nuovo hotel, stavolta di livello più basso, a quattro stelle". Ha consegnato il suo curriculum online, a mano, nel sito con candidatura spontanea e in risposta ad un annuncio per un contratto a tempo determinato. "Sono passati altri mesi, stavo per mollare tutto. Ma finalmente sono stata considerata ed ottengo un colloquio", continua.

La proposta di stage a 500 euro al mese

"Erano entusiasti delle mie competenze: l'hotel era associato alla catena in cui avevo già lavorato, avevo già la formazione necessaria, conoscevo i programmi e gli standard del servizio. Sarei potuta essere operativa da subito". Poi la doccia fredda: "Dopo altri giorni mi hanno chiamato: per il posto a tempo determinato avevano scelto un ragazzo. Viste le tue competenze potresti esserci utile, vorremmo offrirti uno stage, mi hanno detto. Ero disperata e ho accettato, nella speranza che potesse darmi qualche competenza e possibilità in più".

Gli hotel che fanno parte della stessa nota catena usano gli stessi programmi e software, ma vengono vengono gestiti da società diverse. "E l'albergo in cui ero stata assunta era gestito da una società con sede in Veneto e, di conseguenza, con stage da 500 euro al mese, retribuzione prevista dalla Regione Veneto", sottolinea Camilla.

Il lavoro in hotel: "Ogni giorno due ore di straordinario"

"Non appena ho iniziato a lavorare in hotel mi hanno coperta di complimenti: al quarto giorno di lavoro sono stata lasciata da sola alla reception. Non soltanto: mi hanno chiesto di supervisionare l'altra stagista, formalmente assunta per l'ufficio prenotazioni, ma, per le carenze di personale, spesso in reception". Il lavoro continua e, qualche giorno più tardi, Camilla scopre che il ragazzo che aveva ottenuto il posto a tempo determinato se ne era andato dopo un mese scarso di lavoro. "Mi sono chiesta per quale motivo non avessero offerto a me quel posto che non si era voluto tenere lui. Ma ho fatto finta di niente e sono andata avanti".

In Camilla iniziano ad instaurarsi i primi dubbi. "I colleghi cominciano a spostarmi sempre più spesso in ufficio (che, formalmente, non era luogo dove avrei dovuto lavorare), perché hanno notato le mie competenze nel settore. Io non mi sono lamentata, anzi mi sono trovata a mio agio. Meglio così che stare per più di 9 ore in piedi sui tacchi, a stento avere il tempo di andare a mangiare visto che siamo pochi ed è difficile darsi il cambio e fare straordinari non pagati perché eravamo pochi e bisognava essere flessibili – continua a raccontare Camilla – Ma erano pochi anche in ufficio. Così, dopo aver terminato le mie 8 ore previste dallo stage e il maggior numero possibile di pratiche, la capoufficio, anche lei, entusiasta di avermi in squadra per la velocità e le capacità, mi piazzava sempre sulla scrivania almeno un'altra pila di fogli. E una o due ore in più mi toccavano ogni giorno".

"Cercavano personale, ho riconsegnato il curriculum"

"Ti fanno fare lo stage perché non vogliono assumerti. È quello che pensano tutti. E forse è anche vero. L'ho iniziato a pensare anche io quando mi sono resa conto che stavano aprendo posizioni per assumere a contratto e ricevevano candidature – ricorda Camilla – Poteva essere il mio momento. Così ho detto alle mie referenti, quella ufficiale del front desk e quella non ufficiale, delle prenotazioni, che ero interessata. E porto ancora una volta il curriculum, come se non lo avessero già".

Una sera a fine turno si è ritrovata in spogliatoio con la referente del reparto prenotazioni: "Mi ha fatto una sorta di colloquio informale. Le ho dovuto ricordare le mie esperienze pregresse e l'hotel per cui avevo lavorato in precedenza. È stato in quel momento che ha iniziato a sminuirmi: Le tue capacità sono settorializzate e l'albergo per cui hai lavorato prima non è niente di che, mi ha detto", un livello più alto rispetto al quattro stelle dove lavora in stage.

La decisione: la fine del lavoro in albergo

"I giorni passavano e io continuavo a farmi in quattro. Ma di passare dallo stage al contratto non se ne è mai parlato. Nessuno mi ha mai preso in considerazione. Ed è finito per essere assunto un altro ragazzo che aveva soltanto esperienza negli ostelli – ricorda con l'amaro in bocca Camilla – Per me la vita continuava a scorrere come prima: io avevo i turni sia in reception che in ufficio e dovevo essere in ogni caso disponibile ad allungare la mia giornata lavorativa da 8 a 10 o 11 ore".

Sotto Natale, l'azienda ha organizzato una festa nella sede centrale in Veneto ed ha invitato tutti i dipendenti dislocati negli alberghi d’Italia. "Il sabato l'ufficio prenotazione è sempre stato chiuso. Ma per la prima, forse anche l'ultima volta, hanno deciso di lasciarlo aperto con un'unica persona in servizio. Ovviamente ero io". Camilla non ne poteva più: così ha deciso di interrompere lo stage.

Addio allo stage: il confronto con il capo

"In quel momento è stato troppo. Ho deciso di interrompere lo stage. Non avevo l'obbligo di comunicare nulla a nessuno, eppure l'ho fatto. Sabato per me è l'ultimo giorno, ho detto. Mi hanno supplicato di coprire anche il turno serale del lunedì, perché continuavano a stare sotto organico. E, forse per buon cuore, ho accettato". Ma proprio nella giornata di lunedì, è successo qualcosa che non si aspettava.

"A fine turno sono stata chiamata nell’ufficio del direttore d’albergo, voleva conoscere il motivo della mia interruzione prematura. Ho provato ad essere il più diplomatica e pacata possibile. Forse non ci sono riuscita – racconta Camilla – Gli ho detto che, se avevano così bisogno di me da divedermi in due reparti e farmi fare continui straordinari, non capivo perché non venisse presa in considerazione la possibilità di assumermi".

E poi è arrivata la doccia fredda: "È bello che abbia un’alta autostima di se stessa, ma forse dovrebbe incensarsi di meno. In pratica mi ha dato della presuntuosa. Se vuole dimostrare qualcosa, può concludere il suo stage e aspirare ad un contratto determinato. Forse. Ho declinato l'offerta. Ho finito il turno alle 23, anche stavolta senza cenare perché non c'era tempo e me ne sono andata. Credo sia stata la scelta migliore della mia vita. Il futuro incerto mi ha fatto meno paura della consapevolezza di continuare ad essere sfruttata".

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