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Delitto di via Poma: le news sull'omicidio di Simonetta Cesaroni

Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni: le verità sugli indagati del delitto di via Poma e nuove indagini

Il 7 agosto del 1990 è avvenuto il delitto di via Poma dove ha perso la vita Simonetta Cesaroni. Tutti coloro che furono indagati o sospettati all’epoca oggi sono stati scagionati. Il colpevole però non è stato ancora identificato.
A cura di Alessia Rabbai
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L'ufficio in cui è stato trovato il cadavere di Simonetta Cesaroni
L'ufficio in cui è stato trovato il cadavere di Simonetta Cesaroni

Il delitto di Simonetta Cesaroni potrebbe vedere una svolta a distanza di trentadue anni. Gli inquirenti sono tornati ad indagare su uno dei più discussi cold case italiani avvenuto in via Poma il 7 agosto del 1990 dopo la caduta dell'alibi di uno dei protagonisti che ruotano intorno alla vicenda. Tutto è partito da una persona, che ha raccontato al poliziotto Antonio Del Greco, allora a capo delle indagini sull'omicidio, che una delle persone al tempo ascoltate ha detto una bugia rispetto all'alibi che si è procurata:

"Ho raccontato la storia agli avvocati della famiglia Cesaroni e sono stato citato in Procura – spiega – La caduta di questo alibi si concilia con una serie di accertamenti fatti all'epoca e che portarono poi ad un eventuale sospetto nei confronti di questa persona, che però in quel frangente era protetta. Senza alibi la sua posizione diventa molto critica". Ancora oggi non si sa chi abbia ucciso Simonetta Cesaroni, il fidanzato dell'epoca, Raniero Busco, Federico Valle e gli altri chiamati in causa sono stati tutti "liberati".

Cosa è successo il 7 agosto 1990 in via Poma a Simonetta Cesaroni

Il 7 agosto del 1990 Simonetta Cesaroni viene trovata morta all'interno di un ufficio al civico 2 di via Poma, nel pressi di Piazza Mazzini a Roma. Antonio Del Greco, ex funzionario della Polizia, è stato chiamato dal responsabile di turno della Squadra Mobile, che lo informa del delitto. "Arrivo in un battibaleno. Ci sono tante persone all'interno dell'ufficio, la scena del crimine è già stata inquinata.

Dentro ci sono la sorella di Simona con il suo fidanzato, il datore di lavoro, la moglie di Vanacore (il portiere del palazzo ndr), due agenti delle Volanti, quattro della Squadra Mobile – spiega tornando indietro di trentadue anni – Il quadro che si presenta è di una ragazza seminuda, distesa a terra, con la pancia all'aria, con ventinove colpi di stiletto, riconducibili forse ad un tagliacarte. Le uniche tracce di sangue le rivela la Scientifica nel corso del successivo sopralluogo, ma sono tracce infinitamente piccole".

Cosa c'entra Pietrino Vanacore con il delitto di via Poma

I protagonisti della vicenda rimasta da trentadue anni senza colpevole sono sempre gli stessi. Il primo sospettato è stato il portiere del palazzo, Pietrino Vanacore. È stato arrestato e poi prosciolto, perché ritenuto estraneo all'omicidio. Sui suoi pantaloni è stata trovata una traccia di sangue, che però in seguito è risultato che non apparteneva alla ragazza ma era dello stesso Vanacore. Si è poi suicidato, lanciandosi in mare in località Torre Ovo, in provincia di Taranto dopo aver lasciato biglietti d'addio nella sua auto.

Il processo a Raniero Busco prima dell'assoluzione per mancanze di prove

Raniero Busco, il fidanzato di Simonetta Cesaroni è finito a processo con l'accusa di omicidio e condannato nel 2011 in primo grado a 24 anni di carcere. È stato poi assolto poi in appello e, in via definitiva dalla Cassazione con formula piena nel 2014.

Perché Federico Valle è stato giudicato innocente

Federico Valle è il nipote dell'architetto Cesare Valle. L'attenzione degli investigatori si è rivolta su di lui perché Roland Voller ha detto di aver sentirto da Giuliana Valle, ex moglie di Raniero, il figlio dell’architetto, che suo figlio Federico,  la sera dell'omcidio sarebbe tornato a casa sporco di sangue. Una testimonianza che però non è stata ritenuta attendibile. Federico Valle è stato poi prosciolto dal giudice a giugno 1993 per "non aver commesso il fatto".

Scagionato anche Salvatore Volponi: il dna non combacia

Un altro nome sul quale si sono concentrate le indagini è quello di Salvatore Volponi, datore di lavoro di Simonetta, il cui dna non combacia però con quello ritrovato sul cadavere. Inoltre Volponi aveva un alibi tra le 17.45 e le 18, arco temporale nel quale è collocato il delitto. Sin dall'inizio ci è chiaro che il colpevole è una persona che ha avuto un ruolo nella vita della ragazza, non ci sono altre piste esterne. Ora non resta che attendere l'esito delle nuove indagini.

Delitto via Poma: a che punto sono le indagini oggi

A distanza di trentadue anni dal delitto di via Poma non c'è ancora un colpevole. Sul caso lavora la Commissione parlamentare d'inchiesta la cui ipotesi investigativa è che all'epoca dell'omicidio ci sia stato un ‘insabbiamento immediato', che ha visto allontanare le indagini da un uomo di Stato.

Si tratterebbe di un nome contenuto già nei documenti degli anni Novanta, ma l'uomo in questione non è stato indagato perché aveva un alibi. Gli investigatori sono convinti che chi ha ucciso Simonetta conoscesse bene il palazzo. Di concreto c'è una macchina di sangue del gruppo A, che non è stata ricondotta ancora a nessuno dei frequentatori dell'appartamento in uso all'Associazione Italiana Alberghi della Gioventù. Per quanto riguarda l'arma del delitto, in un primo momento data la natura bifida del taglio si protendeva per un taglierino, tuttavia si ipotizza che possa essere stato usato anche uno spadino.

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