Il progetto della Metro C Colosseo realizzato dalla Sapienza di Roma: “Ecco come abbiamo unito archeologia e mobilità”

A qualche giorno dall’apertura, dopo 13 anni di lavori, delle nuove stazioni della metro C, Colosseo e Porta Metronia, c’è un aspetto poco raccontato nel dibattito pubblico: il ruolo dell’Università La Sapienza nella cura del progetto espositivo e nell’allestimento del materiale archeologico trovato durante gli scavi.
Il ministro del governo Meloni, Alessandro Giuli, ha riconosciuto che "in questo caso abbiamo la dimostrazione che la Soprintendenza può mettere al servizio della cittadinanza le proprie competenze, mentre si dice spesso che l’archeologia è nemica della crescita e dello sviluppo". Ma se è stato centrato l’obiettivo di far dialogare la stazione Colosseo – Fori Imperiali con il contesto storico – monumentale circostante, lo si deve certamente al Parco Archeologico del Colosseo e agli architetti del gruppo di ricerca dell’università che è riuscito a realizzarlo.
La strategia museografica e il conseguente allestimento, dunque, sono frutto del lavoro del gruppo di progettazione capitanato dai professori Andrea Grimaldi e Filippo Lambertucci del Dipartimento di Architettura e Progetto dell’Università La Sapienza, e composto dagli architetti, tra dottorandi e ricercatori: Livio Carriero, Amanzio Farris, Davide Leogrande, Edoardo Marchese, Valerio Ottavino e Leo Viola. La stessa equipe ha realizzato qualche anno fa anche l’allestimento della stazione museale di San Giovanni.

Gli ambiti di intervento
"Il progetto si fonda su un dualismo tra lo spazio neutro e scuro della cavità, evocativo del sottosuolo, e la preziosità dei ritrovamenti archeologici che attraverso luce e colore vengono messi in evidenza come episodi di una narrazione fatta per ambiti", spiegano i professori Andrea Grimaldi e Filippo Lambertucci. "L’idea del pozzo, metafora della ricerca archeologica e della stratificazione storica, diventa il fulcro concettuale della stazione, intesa come grande cavità ipogea in cui affiorano frammenti preziosi di memoria".
Sono cinque gli ambiti a cui i docenti fanno riferimento nel progetto. In particolare, si legge che "la spazialità della stazione è imperniata sul vuoto centrale in cui si intersecano le traiettorie dei passeggeri". Gli ambiti, dunque, che corrispondono a 5 aree di intervento e di allestimento sono: la trasformazione dei Fori, i pozzi funzionali, le vicende della velia, i pozzi rituali, infine, il foro della stazione. "Ciascuno di questi è come una gemma luminosa immersa nella penombra la quale, nel suo succedersi prepara alla visita dell’area monumentale sovrastante. Il risultato è un percorso integrato in cui funzionalità e racconto archeologico convivono, trasformando il transito quotidiano in esperienza culturale", racconta il professor Grimaldi. E poi conclude: "La luce artificiale, regista immateriale, privilegia la penombra come condizione atmosferica, trasformando la stazione in un luogo di archeologia pubblica e di esperienza condivisa".

Il tema dei pozzi
Più in generale, l’obiettivo del progetto di allestimento è raccogliere le sollecitazioni del contesto circostante e le suggestioni attivate dalle nuove scoperte che aggiungono così un nuovo capitolo alla storia dei luoghi. È intorno al tema dei pozzi che si è costruita una narrazione spaziale che, partendo da questi, si amplia storicamente fino a tutta l’area circostante. La figura del pozzo che penetra le profondità della terra alla ricerca di un bene prezioso, l’acqua, qui, rappresenta una metafora della disciplina archeologica che scava alla ricerca di tracce significative del passato, brandelli di storia che fanno luce sulle epoche passate, quindi, sepolte, a volte cancellate dal susseguirsi degli eventi.
"Alcune soluzioni che abbiamo adottato, di tipo grafico, i materiali, i colori, l’illuminazione, già in passato per San Giovanni, sono diventate punto di riferimento per agire in contesti così complessi, perché c’è bisogno di una maggiore qualità architettonica man mano che ci si addentra nel centro storico", dice a Fanpage.it il professor Filippo Lambertucci, l’altro coordinatore del team di ricerca insieme al professor Grimaldi.
"L’idea di rendere l’archeologia una componente caratterizzante il luogo, che scandisce la sequenza spaziale, dalla banchina fino alla città in superficie è la stessa sperimentata nella stazione di San Giovanni", continua Lambertucci: "È una visione qui ripresa, che abbiamo condiviso con il Parco Archeologico del Colosseo che ha voluto sostenerla". E poi aggiunge: "Questa collaborazione è un esperimento riuscito, dimostra che l’università è composta da studiosi che sanno offrire un contributo al committente privato, salvaguardando l’interesse pubblico".