I Savoia perdono la causa per i gioielli: il tesoro degli ex reali resta allo Stato Italiano

I gioielli della famiglia reale non tornano ai Savoia. Il Tribunale di Roma si appella a quanto per primo scritto nello Statuto Albertino e consolidato poi nella Costituzione italiana dopo la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica. Come scritto nelle carte di bocciatura dal giudice: “Le gioie della Corona del Regno d’Italia sono di proprietà dello Stato fin dai tempi dello Statuto Albertino”. Gli eredi della Corona però non ci stanno e annunciano già che faranno ricorso in appello.
I Savoia rivogliono i gioielli di famiglia: un’eredità da trecento milioni di euro
La battaglia legale tra Stato e Savoia è iniziata nel 2021, ma l’ultimo incontro in merito si è tenuto nel 2022 quando gli eredi della famiglia reale si erano incontrati con i rappresentati della Banca d’Italia e altri esponenti dello Stato italiano per chiedere la restituzione dei gioielli di famiglia. L’eredità dal valore di trecento milioni di euro è custodita nel caveau della Banca d'Italia dal giugno del 1946. Da quando quindi l’Italia è passata dall’essere una monarchia ad una repubblica dopo il referendum del 2 giugno. Il tesoro reale è formato da 7732 brillanti e duemila perle incastonati in vari gioielli singoli tra cui diademi, spille e collier.
Bocciata la restituzione dei gioielli: le motivazione del giudice
“I gioielli della Corona sono rimasti di proprietà dello Stato nel passaggio alla Costituzione repubblicana”, è la motivazione offerta dal giudice dopo la bocciatura della richiesta stabilita dal Tribunale di Roma. Come sottolineato nelle carte del processo, la legge italiana si basa in questo caso su un principio già scritto nello Statuto Albertino, la Carta promulgata dal re Carlo Alberto di Savoia tredici anni prima dell’Unità d’Italia. Inutili le obiezioni degli eredi.
I gioielli degli ex reali restano allo Stato: il commento di Emanuele Filiberto di Savoia su Instagram
Emanuele Filiberto di Savoia commenta sul suo profilo Instagram la notizia condividendo il comunicato della famiglia sulla notizia del rigetto. "Gli eredi di S.M. il Re d'Italia Umberto Il si aspettavano l'esito di detta sentenza e ritengono finalmente di adire alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, affinché esamini e accolga tutte le richieste”, si legge nel comunicato. La famiglia si appella anche ad una testimonianza lasciata da Luigi Einaudi, Governatore della Banca d’Italia e futuro presidente della Repubblica. Nei suoi diari Einaudi scriveva che i gioielli in questione erano “cosa di famiglia e non del demanio dello Stato”. Testimonianze a cui il Tribunale non dà alcun valore giuridico in quando il presidente “formula una valutazione personale”, si legge negli atti del processo.
